Stefania Sandrelli: Quando mi batteva forte il cuore per De Niro

L'attrice, a Locarno per il Leopard Club Award ricorda i momenti più importanti e significativi della sua lunga carriera


Divi che arrivano, divi che partono: questa è la caratteristica di tutti i grandi festival. Ma a Locarno c’è una componente in più: I divi parlano, eccome se parlano. Oggi è stato il giorno di Stefania Sandrelli, arrivata in Svizzera con il marito Giovanni Soldati per ricevere il “Leopard Club Award”, ma anche per incontrare il pubblico.

E l’incontro è stato bello, rilassato, sorprendente. La Sandrelli ha iniziato raccontando il suo esordio: “Il mio amato fratellone, con il quale vedevo tanti film da ragazza a Viareggio e avevo anche realizzato qualche cortometraggio amatoriale, seppe che Pietro Germi cercava una ragazza giovane per Divorzio all’italiana. In casa ci fu un coro: Stefania non andarci, hai solo quindici anni, ma non hai letto sui rotocalchi che tipo è Pietro Germi, come tratta gli attori, quanti accessi d’ira, quante liti? Solo mio fratello mi disse: devi andarci al provino, devi andarci assolutamente, se vuoi ti accompagno io. Germi mi valutò, ma prima che si decidesse a farmi il contratto espresse tanti, tanti, tanti dubbi. Però mi avevano notata, e così mi offrirono un ruolo in Il federale e anche in un altro film. Poi finalmente Germi si decise, e io feci Divorzio all’italiana, c’era Mastroianni, vincemmo addirittura l’Oscar. Per me era un sogno che si avverava, e avevo solo quindici anni…”.

Poco dopo Stefania interpreta Io la conoscevo bene, diretto da Pietrangeli e scritto da Scola: è la storia di una ragazza molto giovane che aspira a fare il cinema, ma rimane impigliata nel sottobosco di cinecittà e fa una brutta fine. “Certo, mi resi conto che se andava male avrei potuto fare proprio come la ragazza di quel film. Ne abbiamo parlato tantissimo, soprattutto con Scola. Quel sottobosco io lo conoscevo, lo conoscevano tutti: eppure c’erano tante ragazze che ci cascavano. Io mi dissi che a me non sarebbe mai potuto capitare. Io sento le cose che posso fare, e mi ci butto senza problemi. Sono una donna semplice anche adesso: e proprio per questo adoro la libertà, non mi farei mettere i piedi in testa proprio da nessuno”. E con il successo sono arrivate anche le scelte, alcune dolorose… E sì, ho detto di no a Coppola e a Fellini. Federico voleva darmi un ruolo in Giulietta degli spiriti, io ci pensai a lungo ma poi dissi di no. Per scegliere un film io mi baso sulla sceneggiatura, e con Federico la sceneggiatura di fatto non c’era perché lui faceva un cinema bellissimo proprio perché onirico, rappresentava non delle storie ma dei sogni, i suoi sogni. Mi ha poi colpito notare che, quando realizzò il film, il ruolo che era previsto per me era sparito… Con Coppola il motivo fu un altro. Io ero diventata famosa per l'”esame di verginità” al quale mi sottopongono in Divorzio all’italiana. Coppola doveva girare Il padrino, e aveva previsto per me il ruolo di una ragazza che si sottopone a sua volta alla suddetta prova: Non solo, l’attore che doveva interpretare mio padre era lo stesso del film di Germi, e cioè Saro Urzì. Insomma, io mi sono sentita un po’ come Paganini… non amavo ripetere. E infatti non ho ripetuto. Un vero peccato perché in quel film c’era anche l’uomo più bello del mondo, Roberto De Niro. Ci siamo incontrati qualche anno dopo per Novecento, e quando lo vidi il mio cuore batteva forte forte. Lo confesso, e lo faccio per la prima volta: ho preso una bella cotta per De Niro. Ma chi non l’avrebbe presa? Era così bello, così bravo…”.

Stefania Sandrelli ha raccontato con i suoi film tante storie: la storia d’Italia, ma anche la storia della donna, di come il gentil sesso abbia cambiato il suo ruolo nella società. “È  vero, lo diceva sempre anche Mario Monicelli. Quando girammo Speriamo che sia femmina, lui disse che quel film in cui le donne facevano tutto da sole e gli uomini erano stupidi o parassiti era il frutto della rivoluzione femminista. Forse sì, è andata proprio così… e sono fiera di aver dato il mio contributo. Oggi come oggi mi sento molto vicina a Meryl Streep, che appena può ricorda come a Hollywood gli attori maschi siano pagati molto di più delle attrici. È  un’ingiustizia, una delle tante. Ma sapremo porvi rimedio, non ho dubbi. C’è ancora tanto da lottare e io sono pronta. Però mi piace anche divertirmi, e soprattutto divertire il pubblico. È  quello che chiedo sempre, soprattutto quando sono a teatro come in questi giorni con mia figlia Amanda: ma vi siete divertiti? Vi è piaciuto? Se la gente si diverte, l’obiettivo è raggiunto, e allora puoi far passare davvero tutti i contenuti che vuoi. Questa è una cosa che mi hanno insegnato Monicelli e Scola, che sono stati davvero dei maestri nel far ridere ma anche nel condurre vere e proprie battaglie per cambiare l’Italia”. 

Caterina Taricano
06 Agosto 2016

Locarno 2016

Locarno 2016

Pardo d’oro a Godless

Si è conclusa l’edizione numero 69 del festival di Locarno. Pardo d’oro al bulgaro Godless, che vince anche il premio per la miglior interpretazione femminile, grazie all’attrice Irena Ivanova. Il Pardo per la migliore regìa lo guadagna invece Joao Pedro Rodrigues con O ornitòlogo, pellicola attesissima a Locarno, che conferma la vocazione onirica del regista portoghese. Premi speciali a Scarred Hearts, del rumeno Radu Jude e Mister Universo, di Tizza Covi e Rainer Frimmel.

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Ken Loach, la lotta continua

Il festival di Locarno chiude la sua edizione numero 69 incontrando uno degli ospiti più attesi. Il regista che da sempre è attento alle tematiche sociali ha presentato al pubblico festivaliero la sua ultima fatica, vincitrice della Palma d’oro a Cannes, I, Daniel Blake. Accompagnato dall’attore protagonista Dave Johns, ha raccontato quanto sia ancora importante credere in un cinema che aiuti la gente ad avere fiducia nel futuro e a lottare per un una società più giusta: “O si lotta o si va alla canna del gas. Per lottare però ci vuole speranza e spesso questa è narcotizzata, ridotta ai minimi termini dal potere, che manipola l’informazione per controllarci, farci credere che nulla cambierà. Ci vuole coscienza di classe e non solo individuale. E in questo i film possono molto. ‘Agitare, educare, organizzare’, dicevano tanti anni fa nei sindacati. Ecco, credo che le prime due cose si possano fare attraverso il grande schermo. La terza azione però appartiene all’individuo, alle sue scelte”.

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“La natura delle cose” ai confini dell’umano

La malattia come missione per esplorare i limiti dell’umano: è questo concetto a guidare il viaggio cinematografico nel 'fine vita' compiuto da Laura Viezzoli con La natura delle cose, opera prima selezionata fuori concorso al festival di Locarno 2016. Attraverso l’esperienza di Angelo Santagostino, immobilizzato dalla Sla e in comunicazione con il resto del mondo solo grazie al suo pc, il documentario affronta le delicate questioni dell’eutanasia e del rifiuto dell'accanimento terapeutico. Il racconto dell’inesorabile progredire della malattia, che allontana poco a poco Angelo dalla vita e dalla sua capacità di relazionarsi con gli altri è affidata alle impressioni e ai ricordi dello stesso protagonista (a dargli la voce è l’attore Roberto Citran), ma anche ad un ricco repertorio di immagini relative alla vita degli astronauti e alle loro imprese spaziali. In questo continuo confronto Angelo Santagostino non è il malato di cui avere pietà, ma un esploratore alla scoperta dell’estremo, del “vivibile” e dell’“invivibile” umano, che come un astronauta sospeso nello spazio galleggia in un corpo non più suo lontano dalla vita terrena.

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“Mister Universo” e “The Challenge”: due viaggi tra passato e presente

Batte bandiera austriaca, anche se parla italiano, Mister Universo, l’ultimo film della coppia Tizza Covi - Rainer Frimmel, in concorso al festival di Locarno. Attraverso il viaggio di due artisti circensi, la pellicola, volutamente in bilico tra realtà e finzione, ricostruisce il passato di un mondo destinato a finire, quello del circo appunto, nel quale i due giovani non si riconoscono più. In competizione nella sezione cineasti del presente è invece The Challenge, documentario in cui l ’artista visivo Yuri Ancarani scopre il Qatar raccontando una delle tradizioni più radicate nel paese: la caccia del falcone.


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