“La natura delle cose” ai confini dell’umano

Fuori concorso al festival di Locarno 2016 il documentario sul ‘fine vita’ di Laura Viezzoli


La malattia come missione per esplorare i limiti dell’umano: è questo concetto a guidare il viaggio cinematografico nel ‘fine vita’ compiuto da Laura Viezzoli con La natura delle cose, opera prima selezionata fuori concorso al festival di Locarno 2016. Nel titolo c’è un evidente presenza di un classico come il De rerum natura, come la stessa Viezzoli sottolinea: “la natura comprende al suo interno anche la malattia e il percorso che porta un uomo sano ad ammalarsi improvvisamente senza speranza”. Ed è per questa ragione che l’autrice ha deciso di raccontare le fasi terminali della Sla che ha colpito nel 2008 Angelo Santagostino, portandolo alla morte poco tempo fa, non solo attraverso un “diario” del protagonista visto nella sua quotidianità, ma servendosi soprattutto di un ricco corpus di materiale di repertorio relativo alla vita degli astronauti e alle loro missioni spaziali.

Le immagini che riguardano la realtà sono pochissime e tutte funzionali a sottolineare l’estrema lentezza e inesorabilità della malattia: la carrozzina, il badante della mattina, il fisioterapista e il puntatore oculare in grado di tradurre il movimento degli occhi in lettere dell’alfabeto sulla tastiera del pc. Santagostino sopravvive solo grazie alla tecnologia, esattamente come gli astronauti nello spazio; “se da una parte però la tecnica spinge a superare sé stessi, a volare, a realizzare un sogno – spiega la regista –  dall’altra, per Angelo, diventa poco a poco la gabbia da cui scappare”.  Come un satellite ormai molto lontano dalla terra, sospeso in una dimensione in cui il tempo presente è un tutt’uno con il passato e il futuro – “ormai sono un uomo a due dimensioni, se ti interessa la terza non tornare più” dice ad un certo punto Santagostino alla sua interlocutrice –  Angelo osserva l’implacabile progredire del morbo con precisione scientifica, elaborando attraverso l’esperienza estrema del “vivibile” e dell’ “invivibile” il suo testamento biologico. Anche il ricordo della vita è un flusso unico di immagini, ricordi, avventure, paure e passioni. “È  troppo facile fuggire dalla vita, senza accorgersi del suo concatenarsi” dice Angelo, ed è attraverso queste parole che si abbandona ad un fluido e non cronologico racconto della sua esistenza.

“Questo progetto – racconta la Viezzoli – è ispirato al caso di Piergiorgio Welby. Anni fa ho letto i diari della sua malattia e ho pensato che sarebbe stato utile fare un film che affrontasse il tema dell’accanimento terapeutico nelle patologie che tolgono l’autonomia. Avevo già preso contatti con la moglie, e condotto diverse ricerche, quando mi sono resa conto che per fare questo film era necessario vedere la malattia da vicino. Così ho cambiato percorso. Mi sono affidata ad un’equipe di palliativisti di Milano che mi ha subito indirizzata da Angelo. Le prime volte ci siamo visti con il suo psicologo. Poi non ce n’è stato più bisogno. Insieme abbiamo pensato a cosa raccontare e a come raccontarlo, il resto è venuto da sé”. A dare ulteriore forma alla storia di Santagostino è anche la voce narrante di Roberto Citran, scelto da Laura Viezzoli dopo aver discusso anche questo aspetto con Angelo, il quale “riteneva che la voce narrante ideale sarebbe stata quella di Nino Manfredi!”.

Nel documentario si avverte la presenza di Dio ma non se ne parla mai direttamente, perché? “Ho dovuto fare delle scelte. Angelo era molto credente, ma abbiamo preferito non addentrarci in questo argomento per non sviare l’attenzione. Volevamo rimanere concentrati su questioni che dovrebbero essere laiche: l’eutanasia, il diritto del paziente di poter decidere come trattare o non trattare la propria malattia, il rifiuto dell’accanimento terapeutico, come lui stesso ha richiesto in caso di infezione”. Morto due settimane dopo le ultime riprese, Angelo Santagostino non ha potuto vedere il film della sua ‘missione estrema’: “Quando ho capito che stava peggiorando, ho deciso  di scrivere una sceneggiatura dettagliata di tutto quello che ci sarebbe stato nel film e gliel’ho letta. Senza il suo consenso non avrei mai potuto andare avanti”. 

Caterina Taricano
11 Agosto 2016

Locarno 2016

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Pardo d’oro a Godless

Si è conclusa l’edizione numero 69 del festival di Locarno. Pardo d’oro al bulgaro Godless, che vince anche il premio per la miglior interpretazione femminile, grazie all’attrice Irena Ivanova. Il Pardo per la migliore regìa lo guadagna invece Joao Pedro Rodrigues con O ornitòlogo, pellicola attesissima a Locarno, che conferma la vocazione onirica del regista portoghese. Premi speciali a Scarred Hearts, del rumeno Radu Jude e Mister Universo, di Tizza Covi e Rainer Frimmel.

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Ken Loach, la lotta continua

Il festival di Locarno chiude la sua edizione numero 69 incontrando uno degli ospiti più attesi. Il regista che da sempre è attento alle tematiche sociali ha presentato al pubblico festivaliero la sua ultima fatica, vincitrice della Palma d’oro a Cannes, I, Daniel Blake. Accompagnato dall’attore protagonista Dave Johns, ha raccontato quanto sia ancora importante credere in un cinema che aiuti la gente ad avere fiducia nel futuro e a lottare per un una società più giusta: “O si lotta o si va alla canna del gas. Per lottare però ci vuole speranza e spesso questa è narcotizzata, ridotta ai minimi termini dal potere, che manipola l’informazione per controllarci, farci credere che nulla cambierà. Ci vuole coscienza di classe e non solo individuale. E in questo i film possono molto. ‘Agitare, educare, organizzare’, dicevano tanti anni fa nei sindacati. Ecco, credo che le prime due cose si possano fare attraverso il grande schermo. La terza azione però appartiene all’individuo, alle sue scelte”.

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“Mister Universo” e “The Challenge”: due viaggi tra passato e presente

Batte bandiera austriaca, anche se parla italiano, Mister Universo, l’ultimo film della coppia Tizza Covi - Rainer Frimmel, in concorso al festival di Locarno. Attraverso il viaggio di due artisti circensi, la pellicola, volutamente in bilico tra realtà e finzione, ricostruisce il passato di un mondo destinato a finire, quello del circo appunto, nel quale i due giovani non si riconoscono più. In competizione nella sezione cineasti del presente è invece The Challenge, documentario in cui l ’artista visivo Yuri Ancarani scopre il Qatar raccontando una delle tradizioni più radicate nel paese: la caccia del falcone.

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Stefania Sandrelli: Quando mi batteva forte il cuore per De Niro

Stefania Sandrelli, ospite a Locarno per ricevere il Leopard Club Award, ripercorre i suoi cinquantacinque anni di carriera raccontando i suoi esordi al cinema, i suoi maestri, i film e i tanti successi. Nei suoi ricordi però anche i momenti difficili: quando ha dovuto dire no a Coppola e Fellini e rinunciare a un film con Robert De Niro: “Ci siamo incontrati qualche anno dopo per Novecento, e quando lo vidi il mio cuore batteva forte forte. Lo confesso, e lo faccio per la prima volta: ho preso una bella cotta per De Niro. Ma chi non l'avrebbe presa? Era così bello, così bravo..."


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