Guardiani della Galassia: sci-fi anni ’80 dai Marvel Studios

Guardiani della Galassia, in sala dal 22 ottobre e in anteprima ad Alice nella città, è un continuo rimando al 'sense of wonder' marchio di fabbrica del genere capitanato in passato da Spielberg e Luc


J.J. Abrams, si sa, sta preparando la nuova trilogia di Star Wars. Ma forse potrebbe prendere il fiato e riposarsi un attimo, dato che a offrirci la miglior versione 2014 della saga lucasiana, inaspettatamente, sono i Marvel Studios con il loro nuovo kolossal, Guardiani della Galassia, in uscita in Italia il 22 ottobre e in anteprima ad Alice nella città, la kermesse per ragazzi parallela al Festival Internazionale del film di Roma. (16 – 25 ottobre).

“Perché proprio i Guardiani?”, si sono chiesti molti lettori di fumetti quando è uscita la notizia che sarebbe stato realizzato un film su questo gruppo di avventurieri spaziali – creati nel 1969 da Arnold Drake (testi) e Gene Colan (disegni) – che non sono certo tra i personaggi di punta della casa editrice di Spider-Man e di The Avengers. Secondo i produttori Kevin Feige e Jeremy Latcham: “E’ il film più impegnativo dai tempi di Iron Man, e per certi versi il più eccitante. Spero venga percepito come qualcosa di nuovo e fresco. I protagonisti non sono eroi ma un gruppo di fuorilegge che si incontrano in prigione. E l’ambientazione spaziale ci permette di esplorare un altro aspetto dell’universo Marvel, contemporaneo agli Avengers”.  

Sicuramente, questo è uno dei punti di forza del film, che ha permesso al regista James Gunn (Slither, Super, ma anche, non accreditato, il B-Movie di culto Tromeo & Juliet) di lavorare con una certa libertà creativa: “rispetto agli Avengers – dice – i Guardiani hanno molti meno fan e meno storie in ballo, per cui ho potuto ricrearli per lo schermo senza troppi condizionamenti rispetto alle aspettative del pubblico”. Gunn ha così operato seguendo un processo che definiremmo inverso rispetto a quello che ha accompagnato gran parte dei Marvel movies prodotti fino a oggi. Se Captain America, Thor e Iron Man, da eroi di grande caratura epica e drammatica, si sono ben presto trovati trasformati in delle macchiette, per andare incontro, forse, ai gusti degli spettatori più giovani e potenziali acquirenti di gadget e action-figures, i Guardiani, sostanzialmente una cricca di “sfigati” senza radici e senza uno scopo se non quello di sopravvivere – qualcuno di loro è l’unico esponente della sua razza – si riscattano da una vita da bricconi arrivando a diventare, attraverso l’unione e lo spirito di squadra, l’unica speranza dell’universo per non finire distrutto dai villain di turno. Ciò non significa che manchi l’umorismo (e lo stile sopra le righe di Gunn, per fortuna, si vede. Cosa che non avveniva in tanti prodotti Marvel precedenti realizzati con lo stampino, vedasi il Thor di Branagh, dove l’approccio teatrale del regista era mortificato dalla cascata di effetti in CGI e battute sciocche) ma è sapientemente dosato e alternato a dosi massicce di romanticismo, epicità, invenzioni visive (e sonore. La soundtrack “soul” è da antologia) e, soprattutto, “sense of wonder”.

Anche in un altro aspetto Guardiani si discosta dalle recenti produzioni Marvel: è quanto di più lontano si possa immaginare da un film di super-eroi. Siamo piuttosto dalle parti – come si diceva – di Guerre Stellari e Star Trek, ma anche del consapevole stile kitsch del Flash Gordon anni ’70 (quello con Mariangela Melato e le musiche dei Queen). Sci-fi pura, insomma, per intrattenere nella maniera più limpida, onesta e spensierata possibile.  

Veniamo ai personaggi: il Peter Quill di Chris Pratt è un mascalzone stellare dal cuore d’oro, un po’ un Han Solo dei tempi moderni. Un terrestre rapito dagli alieni quando era bambino, dopo aver assistito alla morte di sua madre per una grave malattia. Gamora (Zoe Saldana) è un’orfana nata su un mondo alieno e allevata dal malvagio Thanos (Josh Brolin) che l’ha trasformata nella sua arma personale. Drax (il lottatore David Bautista) un forzuto che vuole vendicarsi di Thanos e soprattutto del suo lacché Ronan, colpevole di aver massacrato la sua famiglia. Completano il quadro la coppia formata da Rocket e Groot, entrambi creature ‘digitali’: il primo un procione parlante frutto di esperimenti genetici (doppiato nella versione originale da Bradley Cooper) con problemi di gestione della rabbia, il secondo una pianta antropomorfa in grado di dire solo tre parole (“Io sono Groot”, in originale con il vocione di Vin Diesel). Nel cast anche Glenn Close in una parte piccola ma significativa. Ad oggi il film, in tutti i paesi in cui è uscito, ha riscosso il box office “galattico” di 650 milioni di dollari. Occhio alla scena ‘post credits’, c’è una sorpresa che farà felici non solo gli amanti dei fumetti ma anche quelli del cinema fantastico anni ’80, a cui, in definitiva, rimanda tutto il film.

01 Ottobre 2014

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