Martin Scorsese: “L’avventura di Antonioni, piango ogni volta che guardo il finale”

Martin Scorsese: Premio alla Carriera consegnato da Paolo Taviani, dopo una grande lezione di cinema italiano


La nonna era nata a Donnafugata, in quella Sicilia che porta nel cognome dal suono italico, ma anche nell’amore per un cinema nostrano, non raramente ambientato nella terra isolana, lasciata, proprio da lei e dal marito, nel 1910 con destinazione New York, Queens, quartiere periferico della metropoli in cui il 17 novembre 1942 è nato Martin Charles Scorsese, cresciuto poi nella Elisabeth Street di Little Italy. Non solo informazioni geografiche, ma profondamente determinanti nella vita del regista, come ha raccontato in uno degli Incontri Ravvicinati della Festa del Cinema di Roma, occasione anche per la consegna del Premio alla Carriera 2018. 

9 film, 9 sequenze del cinema italiano “che significano qualcosa di importante per lui come uomo e come artista”, ha detto il direttore Antonio Monda introducendo Martin Scorsese e quella che poi s’è rivelata come una monumentale lezione di cinema, resa ancor più grande dal non aver avuto sul palco un maestro che è “salito in cattedra”, che mai ha riferito il discorso celebrando se stesso, ma sempre ha comunicato profonda ammirazione, conoscenza e rispetto per il cinema, nelle quasi due ore di incontro. 

Un lasso di tempo, quello tra gli anni ’50 e gli anni ’60, l’abbraccio temporale entro cui Scorsese ha selezionato le 9 pellicole, “perché ho cercato di indicare i film che hanno avuto un impatto sulla mia formazione. Se avessi potuto continuare avrei indicato anche Prima della rivoluzione, I pugni in tasca. Ma a quel punto della mia vita iniziavo già a fare film”, ha spiegato Scorsese. 

Scorrono sul grande schermo alle spalle del maestro le immagini del morente Accattone di P.P.Pasolini (1961), mentre Scorsese dice: “L’ho visto nel 1964 al New York Film Festival ad una proiezione, è stata un’esperienza potente. Sono cresciuto in un quartiere duro del centro di New York: il primo film di cui ho ‘riconosciuto la storia’ fu Fronte del porto (1954) di Kazan, ma era realizzato dagli Studios, mentre Accattone era fatto da persone vere, nelle quali mi sono riconosciuto davvero. È sempre difficile parlare di Pasolini, soprattutto qui in Italia. Io al tempo non avevo la minima idea di chi fosse: è stato un lampo, uno shock, ma comprendevo i personaggi; mi ha colpito la santità di questo film. La santità dell’animo umano: anche dove sono cresciuto io, il magnaccia era la forma di protezione più disgraziata. La cosa interessante è che alla fine lui muore tra due ladri e uno dei due fa il segno della croce, ma al contrario. Per me le persone di strada sono più vicine a Cristo. Il tutto succede sulla musica di Bach: ho imparato moltissimo da PPP sulla musica, ho usato lo stesso autore in Casinò (1995)”.

Il secondo film porta la firma di Roberto Rossellini per La presa del potere di Luigi XIV (1966). “Quando avevo 5 anni avevamo a casa un piccolo televisore, era il ’48/49, e venivamo mostrati i film del Neorealismo: Roma città aperta, PaisàSciuscià, e a me apparivano come vita reale, avevano quel qualcosa che mi connetteva alla mia famiglia, ai miei nonni, come se fosse la quotidianità di New York. Rossellini ha aiutato a ricreare il cinema con De Sica e Zavattini, ma ha avuto poi la sensazione che l’arte fosse troppo rivolta a sé, così a metà degli anni ’60 ha creato una serie di film didattici, questo è il primo, una composizione straordinaria, in cui vediamo opere di Caravaggio e Velasquez, un metodo che attraverso dettagli racconta la Storia. Lui aveva reso tutto essenziale, aveva scarnificato: questo a me ha chiarito la visione e aperto la strada, anche per film come Toro scatenato, ma anche nei miei più recenti. L’ho incontrato solo una volta, nel ’70, per caso, per strada, qui a Roma”. 

Riassumibili nel tema della purezza, gli altri due film indicati da Martin Scorsese, Umberto D. (1952) di Vittorio De Sica e Il posto (1961) di Ermanno Olmi. Del primo, ha detto: “Un film straordinario: penso sia un po’ il culmine del Neorealismo. Realizzare un film con protagonista una persona anziana, di cui la società non si prende cura, è bellissimo. La cosa interessante per me è che non sia affatto sentimentale, perché l’uomo del film ha bisogno! di mangiare, e l’uso del cane avrebbe potuto farlo diventare sentimentale, ma così non è stato”. Il film di Olmi: “È speciale. Il distributore americano, possessore anche di molte sale a New York, lo amò così tanto che decise il primo giorno di proiettarlo senza far pagare il biglietto. Questo film, insieme a I fidanzati, per lo stile dimesso, lo sentivo molto vicino a me, al mio cinema dell’inizio. Olmi aveva il senso della purezza, un elemento interessante. C’è la scena di un uomo che ha un infarto in ufficio: segue stacco su un armadio, poi una dissolvenza, poi di nuovo si torna all’armadio vuoto, ancora dissolvenza: ho usato molto questo per il mio cinema, ha influenzato, anche in questo caso, Toro scatenato (1980)”. 

La lezione di Martin Scorsese procede con Michelangelo Antonioni e L’eclisse (1962), anche se, ha raccontato: “ho visto prima L’avventura. Essere cresciuto nell’Età d’Oro del cinema mondiale mi ha permesso di imparare a osservare le inquadrature, anche a lungo. Ho imparato a guardare questo cinema guardando ripetutamente L’avventura, cercando di capire anche l’uso dello spazio, completamente differente: al tempo era per me come guardare l’arte moderna. Se guardate bene ne L’avventura c’è’ una narrativa di luce, spazio, oscurità, che sembra arte analitica. Mette in scena uno dei finali più belli in assoluto, piango ogni volta che lo guardo. Antonioni ha realizzato una trilogia con L’avventura, La notte e L’eclisse: le linee di composizione che usa come narrazione spiegano l’alienazione, la disperazione dell’animo. Da lì Antonioni ha ridefinito il linguaggio: arrivando infine a Zabrinskie Point. È un modo diverso di vedere il mondo”. 

Scorsese, un cognome che suona siciliano, e sono infatti tre i film scelti dal regista ambientati nella sua terra d’origine, diretti rispettivamente da un genovese, un napoletano e un milanese. Divorzio all’italiana (1961) di Pietro Germi, “studiato per preparare Goodfellas (1990): da un punto di vista di stile mi ha molto influenzato, anche per l’arguzia e l’umorismo, ma anche il movimento della macchina durante l’arringa dell’avvocato. Lo stile, il bianco e nero, la macchina da presa come si muove concentrata sul viso di Mastroianni, respirano la satira, ma anche la verità”. Salvatore Giuliano (1962) di Francesco Rosi, con la scena strepitosa di Salvatore cadavere sul tavolo di morte e la mamma che lo piange disperata, che viene subito raccontata da Scorsese che la definisce: “non una madre, ma ‘la’ madre. Quando l’ho visto la prima volta, l’ho visto insieme agli altri film di cui sto parlando, nell’arco di due o tre anni, per questo dico che la mia vita è cambiata varie volte. Rosi ti mostra i fatti, la tragedia del Sud: i miei nonni si trasferirono dalla Sicilia a New York nel 1910. Quello che vediamo con la madre, qui, è qualcosa con cui sono cresciuto: in America non ci comportiamo così, ci viene detto di non mostrare le emozioni, non avevo visto mai una cosa del genere sullo schermo! Di Salvatore vedi il corpo esanime, ma anche tutto l’aspetto religioso: il mito che diventa Storia e la Storia che diventa mito”. Trittico siculo che si conclude con Il gattopardo (1963) di Luchino Visconti, l’unica sequenza a colori scelta da Scorsese, studiato e amato profondamente da lui. “Senso, Il gattopardo, di certo hanno influenzato il mio L’età dell’innocenza (1993): mi interessava l’antropologia di quella vita, quasi correlata al Rossellini didattico, dal minimo dettaglio al macrocosmo. Visconti sembra combinare l’impegno politico con l’Opera, in un melodramma senza vincoli, come anche in Rocco e i suoi fratelli. Qui c’è un ritmo intenzionalmente meditativo, fermo ma non con inquadrature scarne come in Antonioni, piuttosto lussureggianti, uno stile del tutto differente. Quello che mi colpisce molto nel film è il passaggio del tempo, di come Salina capisce che sta giungendo qualcosa di nuovo, ma che in fondo non cambia nulla, eppure che detta il tempo di morire. La musica segna stilisticamente il movimento degli attori: ogni elemento musicale corrisponde. Donnafugata, poi, è la città di origine di mia nonna!”. 

Da Visconti a Fellini con Le notti di Cabiria (1957). “Il suo primo film che ho visto è stato La strada, ma il finale di questo film è La rinascita. L’ho incontrato più volte, anche sul set de La città delle donne: all’inizio degli anni ’90 eravamo quasi arrivati a realizzare un progetto insieme, un documentario ‘alla Fellini’, ma purtroppo ci ha lasciati”. 

Così Martin Scorsese ha incantato la platea, tra cui non pochi i grandi nomi del cinema italiano, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, Giuseppe Tornatore, Nicola Piovani. Il direttore Monda, come suo omaggio personale, ha dedicato a Scorsese una sequenza da un suo film, anzi dai titoli di testa del medesimo: tra essere campione e messa in scena della tragedia, sulla musica di Mascagni, Robert De Niro è Toro scatenato, per quell’intensa introduzione di testa al film che, in questa occasione, ha fatto da copertina alla cerimonia del Premio alla Carriera, consegnato dalle mani di Paolo Taviani (che lui omaggerà tra due giorni in un evento dedicato). Dopo un affettuoso abbraccio, Taviani lo ha onorato, suscitando palese commozione in Scorsese: “Una gioia consegnare questo premio a Martin perché amico mio e di Vittorio (davanti al cui nome Scorsese ha chinato il capo in segno di rispetto). Scorsese appartiene alla categoria degli autori che ci aiutano a capire chi siamo, è un lavoratore instancabile, con una furibonda energia. Scorsese ha la grande fortuna di aver una fiducia illimitata in se stesso, con la capacità di arrivare al pubblico dei giovani, che hanno un grande amore per il tuo cinema, come tu, Martin, provi un grande amore per il cinema. Con il tuo racconto di stasera mi hai fatto rinascere l’amore per il cinema italiano, e quindi, a nome del cinema italiano: grazie e buona fortuna”. 

22 Ottobre 2018

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