John Landis a Taormina: “Il regista è un lavoro solitario”

Ospite del Taormina Film Festival il grande regista John Landis ha tenuto una masterclass concentrandosi sugli aspetti più nascosti della sua carriera


TAORMINA – Sulle colline che circondano Taormina, un uomo ultrasettantenne – barba bianca, occhiali da sole e camicia colorata – ripercorre con travolgente ironia 50 anni di storia del cinema davanti a un pubblico che pende dalle sue labbra. Quell’uomo è John Landis, forse il più grande regista di commedie vivente, autore di capolavori come Animal House, The Blues Brothers e Una poltrona per due.  Ospite del 69mo Taormina Film Festival Landis ha preso in mano la masterclass concentrandosi sugli aspetti più nascosti della sua carriera, gli esordi avventurosi, i rari insuccessi di film come Tutto in una notte, Oscar e The Blues Brothers – Il mito continua.

Una carriera iniziata prestissimo, a Los Angeles, come portalettere per gli studi di Hollywood, dove in sala mensa potevi trovare a pranzo insieme “cento comparse vestite da gorilla per Il pianeta delle scimmie e altri cento uomini vestiti da drag per Justine”.  Poi l’esperienza che cambia la vita, quella sul set jugoslavo de I guerrieri, film del 1970 con Clint Eastwood, dove il 19enne Landis passò “il migliore anno della mia vita. Era divertente vivere la grande gioia di fare un film, senza nessuna responsabilità. Nove mesi sul set dall’altra parte della cortina di ferro. Mentre nell’Europa occidentale la ricostruzione post guerra era già completata, lì sembrava di stare ancora nel 1946. E poi Tito era ancora al potere, era spaventoso”.

Dopo quel periodo, visse quasi due anni in Spagna, dove lavorò in decine di produzioni internazionali, tra cui quelle di Sergio Leone e quella di Django, con Franco Nero. “Franco mi ha ucciso una 15na di volte sul set. Vedo che è ancora un bell’uomo, ogni volta che ci incontriamo, fa il gesto della pistola verso di me, in ricordo di quei tempi”. In Europa il gioviale Landis costruì amicizie e conoscenze che si porterà appresso per tutta la vita. Una su tutte quella con Donald Sutherland, conosciuto sul set proprio de I Guerrieri. “Donald è stato l’unico motivo per cui ho ottenuto il lasciapassare per realizzare Animal House, – rivela – la produzione odiava il cast, ma Donald era una grande star. L’ho chiamato dicendo: ti devo chiedere un favore. Ha accettato e grazie a lui mi hanno dato il permesso per iniziare le riprese. È stato sul set solo due giorni ma è stato fantastico”.

Animal House, però, rappresenta un’eccezione, da lì in poi Landis infarcirà i suoi film di attori e registi popolari, anche solo per brevi camei. Come si vede soprattutto nell’insuccesso commerciale che fu Tutto in una notte. “La regia è un lavoro solitario. Sul set non ci sono altri registi. Solo tu. Forse è per questo che li ho sempre cercati per inserirli nel mio film. Alla fine di Tutto in una notte, David Cronenberg era terrorizzato. Non sapeva che essere un attore potesse essere così difficile. Gli chiesi se dopo quell’esperienza avrebbe trattato meglio i suoi attori. Rispose: no, sono tutti pazzi! Fatto sta che da lì in poi ha recitato in altri 50 film”. E David Bowie? “Pensavo che sarebbe stato perfetto in quel ruolo, quindi chiesi a mia moglie – che è una costumista – di renderlo il più trasandato possibile. Dopo averci provato in tutti i modi, mi disse che in qualunque modo provasse a vestirlo, anche il peggiore, Bowie sembrava sempre chic”. 

Poi ci sono gli attori a cui deve tutto, come il mitico Dan Aykroyd. “Danny è un attore sottovalutato: se è diretto bene è un grande interprete. Purtroppo molti registi non dirigono gli attori e Danny, se lo lasci solo, libera la sua parte folle. Se, però, gli dici esattamente cosa vuoi, è incredibile. Ogni personaggio che fa sembra che venga da un pianeta diverso”.

Tra tutti quelli realizzati ha un film preferito? “Mi piacciono delle sequenze, per il resto è difficile separare il film dal momento delle riprese. In Animal House, per esempio, eravamo giovani. Ci divertivamo come gli studenti universitari del film. Poi c’è stato Un lupo mannaro americano a Londra: lì ero io ad avere anticipato tutti i soldi ed è bellissimo non dovere chiedere a nessuno. Se volevo qualcosa semplicemente la chiedevo a me stesso: posso John? Certo, vai pure”. 

Nessuna remora a parlare di film poco apprezzati come Oscar – Un fidanzato per due figlie, in cui Sylvester Stallone prese il posto di Al Pacino poche settimane prima dell’inizio delle riprese. “Katzenberg mi disse che dovevo incontrarlo perché era un uomo intelligente e simpatico, e in effetti lo era… ma solo quando era se stesso. Sul set ha lavorato benissimo, si è impegnato tanto, non posso biasimare niente. Ma urlava in continuazione, convinto di far ridere, ed ero costretto a dirgli di smettere di farlo. Quando all’anteprima, qualcuno scrisse ‘perché semplicemente non si è tolto la camicia e li ha ammazzati tutti?’ ho capito che eravamo fregati”.

27 Giugno 2023

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