‘Scarface’ di De Palma, 40 anni per un cattivo che viene da lontano

Il film scritto da Oliver Stone e diretto da Brian De Palma è in sala dall'8 al 9 aprile con Lucky Red in una nuova versione rimasterizzata in 4K


10 dicembre, da ieri sera tutta la città ne parla: con Scarface, scritto da Oliver Stone e diretto da Brian De Palma, Al Pacino entra nell’Olimpo dei Villains che non dimentichi. Tutto nasce da una cicatrice, quella che a Tony Montana ricorda le sue origini di teppista cubano, scappato a Miami dopo la rivoluzione dei Barbudos e approdato – insieme all’amico Manny Ribera – alla Freedom Town, il ghetto a loro riservato sulla costa americana. Per chi ricordava il giovane e spietato Michael Corleone nella saga de Il Padrino, la trasformazione è sconvolgente. Adesso Pacino è un killer senza rimorsi che scala in fretta le vette della malavita grazie alla protezione del boss locale Frank Lopez. Con la green card in tasca e l’aiuto di un signore colombiano della droga, l’immigrato senza patria diventa il re della Coca e il signore di Miami lasciando dietro di sé una scia di polvere bianca e di sangue, compreso quello del suo Padrino, di un pugno di sgherri e dell’amico più caro, ucciso in un accesso di gelosia. Donne e droga sono i punti deboli di Tony Montana: si divide tra la bella Elvira che sottrae a Lopez e l’amata sorella Gina su cui veglia con attenzioni inconsciamente incestuose. Quanto alla cocaina, è proprio l’uso in eccesso che lo fa andare fuori di testa; ma è grazie a lei che, in un’ecatombe che assomiglia a un’orgia di sangue, sopravviverà fino al colpo fatale.

Presentato in una discussa anteprima a New York il 1 dicembre 1983 e poi uscito senza gravi tagli di censura dopo 10 giorni, Scarface non ha perso nel tempo la sua aura di “film maledetto”: Oliver Stone aveva scritto un copione di rara verosimiglianza e violenza a partire dal linguaggio (celebre la polemica per le 229 volte in cui la parola “fuck” viene declinata in tutte le possibili varianti) che rompeva tutti i codici previsti dall’associazione produttori MPAA. In prima istanza fu chiesto a De Palma di tagliare alcune scene e fu bollato con un divieto ai minori. Di fronte alla testardaggine del regista, dopo una violenta campagna di stampa in suo favore, si arrivò all’arbitrato che concesse la visione ai maggiori di 14 anni. Ancora oggi però circola spesso con tagli brutali e alcune scene (specialmente il micidiale assassinio con motosega, strana consonanza con “Non aprite quella porta” di 10 anni prima, ma anche coi proclami attuali del nuovo presidente argentino Javier Milei) arbitrariamente rimosse. Non c’è dubbio che per tutto il racconto circola un forte monito morale contro la droga – del resto era un’ossessione di Oliver Stone che si ritroverà in Assassini nati – , ma è indiscutibile che Pacino fece del suo personaggio un mito in grado di rivaleggiare con il modello originale e della catarsi finale il suo “trono di sangue”.

Ancora negli anni ’80 la parola Scarface era iscritta in lettere d’oro nella storia di Hollywood da quando nel 1932 Howard Hawks e Paul Muni (regista e interprete) avevano infranto a loro volta ogni regola in termini di violenza sullo schermo con il film omonimo.  A quell’epoca il personaggio si chiamava Tony Camonte, era di origine italiana e si ispirava smaccatamente all’autentico Al Capone, riconoscibile dalla cicatrice sulla guancia, che infatti minacciò a più riprese il produttore Howard Hughes, il regista Hawks e lo sceneggiatore Ben Hect. Nella versione integrale del film-prototipo si contavano almeno 20 omicidi e la passione incestuosa di Scarface per sua sorella Cesca era evidente. Benché il Codice Hays non fosse ancora entrato in vigore, il film arrivò nelle sale con numerosi rimaneggiamenti e suscitò una tale ondata di polemiche da motivare la stretta censoria che subito dopo colpì tutta Hollywood, specialmente i gangster movies che avevano fatto fortuna dopo titoli come “Piccolo Cesare” o “Nemico Pubblico”. Ma allora si parlava di alcool e proibizionismo, negli anni ‘80 di cocaina e immigrazione.

Ad innamorarsi della storia fu proprio Al Pacino dopo aver visto il film originale in una serata losangelina. Si dice che fu Sidney Lumet a suggerire al produttore Martin Bregman (l’agente di Pacino) uno spostamento di tempo ed ambiente prendendo spunto dalle guerre della droga che insanguinavano Miami, mentre fu De Palma a scartare una prima versione del copione rivolgendosi con successo a Oliver Stone che cercava un riscatto dopo l’insuccesso del suo La mano (1981).  Il “pallino” del film tonò ad Al Pacino dopo il rifiuto di Robert De Niro (un duello omerico tra i due in quegli anni) che arruolò un peso massimo come Roberto Durán per arrivare sul set con la giusta fisicità. Per la femme fatale Elvira fu invece una lotta corpo-a-corpo che vide sfilare attrici del calibro di Geena Davis, Carrie Fisher, Kelly McGillis, Sharon Stone, Sylvia Kristel e Sigourney Weaver, mentre alla fine la spunta la quasi sconosciuta Michelle Pfeiffer. La lavorazione fu tempestosa per le reazioni dei cubani emigrati: in Florida la troupe fu cacciata, si ripiegò a Santa Barbara e negli Studios, ma gli esterni a Miami furono possibili solo in compagnia di adeguate guardie del corpo.

Cosa rende anche oggi mitico e indimenticabile Scarface? Per prima cosa il tema: ascesa e caduta di un killer spietato e senza redenzione non si vedevano a Hollywood proprio dai tempi de Il Padrino e De Palma avrebbe dovuto aspettare quattro anni per riprendere il gangster movie con Gli intoccabili restituendo a Capone quel che era di Capone (e di De Niro). Poi il piglio, appunto mitico, con cui Pacino costruisce il suo personaggio facendone un anti-eroe shakespeariano, un fosco Achille con tormenti da tragedia greca. Infine il colore, con quei voluti contrasti tra rosso e bianco, oscurità e solarità che l’obiettivo di John A. Alonzo (lo stesso di Chinatown) fissa con iperrealistico effetto. Scarface non fa nulla per rendersi simpatico ed empatico, ma la sua tragedia di King Lear spodestato ha la grandiosità che solo di rado il cinema sa restituire ai suoi miti.

Giorgio Gosetti
09 Aprile 2023

A caccia del mito

A caccia del mito

MGM, 100 anni dopo il leone ruggisce ancora

L’avventurosa storia della Metro Goldwyn Mayer, una fabbrica di sogni nata il 17 aprile 1924

A caccia del mito

Gli 80 anni di John Milius, ovvero come non capiamo gli americani

John Milius si definisce “un anarchico Zen e un samurai americano” ed è in questo impasto di culture e contraddizioni che bisogna indagare per capire la grandezza e la segreta follia dello sceneggiatore di Apocalypse now

A caccia del mito

Marlon il magnifico: cent’anni fa nasceva un mito

Alla riscoperta di Marlon Brando, l'uomo che sta in testa a ogni classifica degli attori più importanti di sempre

A caccia del mito

Greta vs Greta, 100 anni fa nasceva la leggenda di Greta Garbo

A un secolo da I cavalieri di Ekebù, ripercorriamo la vita e la carriera della Divina


Ultimi aggiornamenti