Jane Birkin, una ragazza degli anni Sessanta

L’attrice e cantante franco-britannica premiata al 69° Festival del film Locarno.


“Non mi sono mai sentita un’icona sexy. A dire il vero, non mi sono proprio mai sentita un’icona. Ero una ragazza fortunata, facevo la modella e mi hanno chiamata prima a recitare e poi a cantare. Era il sogno di tutte le mie coetanee, negli anni Sessanta e Io l’ho realizzato”: Chi parla, con un inglese perfetto ma che risente molto di una vita quasi interamente passata in Francia, è Jane Birkin, sbarcata alla sessantanovesima edizione del festival di Locarno per ritirare un meritatissimo “Pardo alla carriera”.

Jane Birkin ha lo sguardo fiero e intelligente, uno charme rimasto intatto e una memoria di ferro; e anche se la salute mostra qualche crepa (“Devo farmi visitare praticamente tutti i giorni ma non importa, non è questo genere di cose che mi può fermare”) il suo racconto è sempre avvincente, franco, ricco di sorprese. “Io ero sposata con John Barry quando facevo la modella, e a dire il vero la mia maggiore preoccupazione era evitare che lui andasse con tutte le ragazze che si mostravano interessate a lui. Poi un giorno gli dissi che Michelangelo Antonioni mi aveva chiesto di partecipare al suo film londinese, Blow Up. Io ero molto titubante visto che non avevo mai recitato – e anche perché temevo che, se fossi stata impegnata sul set, lui avrebbe avuto via libera con le sue amanti. Poi invece ho accettato, e ho fatto molto bene. Antonioni non era solo un regista, ma soprattutto un architetto. Curava personalmente ogni dettaglio di colore, di oggetti, di scenografia: e se avete visto Blow Up capirete bene che importanza avevano questi dettagli. È stato un film emozionante, lo è ancora oggi. Un film che racconta un’epoca, la mia epoca”.

E dopo quel film, Jane Birkin si trasferisce in Francia. “Avevo conosciuto Serge Gainsbourg, mi ero innamorata pazzamente di lui. Si vede che mi piacevano gli uomini che piacevano alle donne, non c’è niente da fare: anche lui aveva la fila di ragazze che gli proponevano qualunque cosa. Molti credono che il suo successo più grande, Je t’aime…moi non plus fosse una canzone che racchiudeva la nostra storia d’amore. Invece non era nata cosi. Serge l’aveva scritta per cantarla con Brigitte Bardot, ma non era soddisfatto della voce di lei. Voleva una voce femminile più bassa di almeno due ottave. Me la fece provare e non ebbe dubbi: mi trovava perfetta. Anche in questo caso volevo tirarmi indietro perché non sapevo cantare, almeno secondo me, ma lui non ebbe dubbi e mi impose di eseguirla. C’è stato un periodo che le radio di tutta Europa trasmettevano praticamente solo quella canzone. Questo mi creò qualche problema con la mia famiglia, soprattutto con mio padre che era un austero ufficiale della Marina di Sua Maestà britannica… Per aiutarmi, mio fratello gli fece sentire un nastro nel quale non c’erano i respiri, non si sentiva quella ricostruzione dell’orgasmo che era una componente essenziale della canzone. Lui disse che era bellissima, e fece finta di credere che la canzone fosse proprio così. Penso che invece l’abbia sentita tante volte nella sua versione originale, perché, come dicevo, all’epoca era inevitabile, ma che non mi abbia mai detto niente”.

Anche sul futuro Jane Birkin ha le idee molto chiare: “Credo che non interpreterò più nessun film. E le questioni di salute non hanno nulla a che vedere con la mia decisione. Penso semplicemente che sia arrivato il momento di dire basta, Ognuno di noi ha un’epoca. Io non posso lamentarmi: la mia è stata lunga e straordinaria ma adesso è finita. Mi fa piacere raccontare quello che ho fatto senza pensare a quello che devo fare. Noi degli anni Sessanta siamo fatti così…”

05 Agosto 2016

Locarno 2016

Locarno 2016

Pardo d’oro a Godless

Si è conclusa l’edizione numero 69 del festival di Locarno. Pardo d’oro al bulgaro Godless, che vince anche il premio per la miglior interpretazione femminile, grazie all’attrice Irena Ivanova. Il Pardo per la migliore regìa lo guadagna invece Joao Pedro Rodrigues con O ornitòlogo, pellicola attesissima a Locarno, che conferma la vocazione onirica del regista portoghese. Premi speciali a Scarred Hearts, del rumeno Radu Jude e Mister Universo, di Tizza Covi e Rainer Frimmel.

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Ken Loach, la lotta continua

Il festival di Locarno chiude la sua edizione numero 69 incontrando uno degli ospiti più attesi. Il regista che da sempre è attento alle tematiche sociali ha presentato al pubblico festivaliero la sua ultima fatica, vincitrice della Palma d’oro a Cannes, I, Daniel Blake. Accompagnato dall’attore protagonista Dave Johns, ha raccontato quanto sia ancora importante credere in un cinema che aiuti la gente ad avere fiducia nel futuro e a lottare per un una società più giusta: “O si lotta o si va alla canna del gas. Per lottare però ci vuole speranza e spesso questa è narcotizzata, ridotta ai minimi termini dal potere, che manipola l’informazione per controllarci, farci credere che nulla cambierà. Ci vuole coscienza di classe e non solo individuale. E in questo i film possono molto. ‘Agitare, educare, organizzare’, dicevano tanti anni fa nei sindacati. Ecco, credo che le prime due cose si possano fare attraverso il grande schermo. La terza azione però appartiene all’individuo, alle sue scelte”.

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“La natura delle cose” ai confini dell’umano

La malattia come missione per esplorare i limiti dell’umano: è questo concetto a guidare il viaggio cinematografico nel 'fine vita' compiuto da Laura Viezzoli con La natura delle cose, opera prima selezionata fuori concorso al festival di Locarno 2016. Attraverso l’esperienza di Angelo Santagostino, immobilizzato dalla Sla e in comunicazione con il resto del mondo solo grazie al suo pc, il documentario affronta le delicate questioni dell’eutanasia e del rifiuto dell'accanimento terapeutico. Il racconto dell’inesorabile progredire della malattia, che allontana poco a poco Angelo dalla vita e dalla sua capacità di relazionarsi con gli altri è affidata alle impressioni e ai ricordi dello stesso protagonista (a dargli la voce è l’attore Roberto Citran), ma anche ad un ricco repertorio di immagini relative alla vita degli astronauti e alle loro imprese spaziali. In questo continuo confronto Angelo Santagostino non è il malato di cui avere pietà, ma un esploratore alla scoperta dell’estremo, del “vivibile” e dell’“invivibile” umano, che come un astronauta sospeso nello spazio galleggia in un corpo non più suo lontano dalla vita terrena.

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“Mister Universo” e “The Challenge”: due viaggi tra passato e presente

Batte bandiera austriaca, anche se parla italiano, Mister Universo, l’ultimo film della coppia Tizza Covi - Rainer Frimmel, in concorso al festival di Locarno. Attraverso il viaggio di due artisti circensi, la pellicola, volutamente in bilico tra realtà e finzione, ricostruisce il passato di un mondo destinato a finire, quello del circo appunto, nel quale i due giovani non si riconoscono più. In competizione nella sezione cineasti del presente è invece The Challenge, documentario in cui l ’artista visivo Yuri Ancarani scopre il Qatar raccontando una delle tradizioni più radicate nel paese: la caccia del falcone.


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