Il testamento del cowboy Clint

Il film testamento di Clint Eastwood è una decostruzione del (falso) mito del macho e una lettera d'amore al pubblico. In sala dal 2 dicembre con Warner


TORINO – Il film testamento di Clint Eastwood è una decostruzione del (falso) mito del macho e una lettera d’amore al pubblico, ma anche una carezza alla vita per un uomo consapevole di avviarsi verso l’ultima frontiera.

Adattamento cinematografico del romanzo del 1975 scritto dall’oggi scomparso N. Richard Nash, autore della sceneggiatura insieme a Nick Schenk, Cry macho Ritorno a casa riscrive tanto suo cinema con immensa tenerezza ed è interessante, qui al TFF, vederlo accanto al documentario Clint Eastwood: a Cinematic Legacy, 135 minuti targati Warner Bros in cui l’attore e regista viene raccontato, anche da colleghi illustri come Meryl Streep, Martin Scorsese e Steven Spielberg, oltre che in tante immagini di set, nel suo classicismo americano, capace di reiventarsi sempre e che ha dato vita a capolavori come Gli spietati e Gran Torino. Nel doc, tra l’altro, si parla moltissimo, giustamente, dell’influenza fondamentale di Sergio Leone nella carriera e nella poetica neo-western di Eastwood.

Ora, a 91 anni suonati, il texano dagli occhi di ghiaccio salta ancora una volta a cavallo per un’ultima cavalcata in cui lascia alle nuove generazioni i segreti del cow boy ma anche la consapevolezza che “il macho è sopravvalutato”. Mette in scena il suo corpo senescente, la fragilità del suo corpo che sembra faticare ad ogni passo ma che poi si tende come un arco per sferrare un pugno al cattivo di turno nella favola di Mike Milo, in sala dal 2 dicembre con Warner.

Mike è un ex campione di rodeo, caduto in declino dopo una brutta caduta da cavallo e dopo aver perso moglie e figlio in un incidente. Torna in pista (qui siamo dalle parti di The Mule) su richiesta del suo ex boss, che non riesce a riportare in Texas dal Messico il figlio adolescente Rafa (Eduardo Minett), che vive con una madre messicana (Fernanda Urrejola) in un ambiente criminale e dissipato. Dopo qualche resistenza, Mike accetta, anche per un debito di riconoscenza verso il vecchio amico. Saprà conquistare la fiducia del ragazzo, piuttosto restio a lasciarsi guidare? Certo che sì e on the road farà la conoscenza con Macho, un fedele gallo da combattimento, e con Marta (Natalia Traven), una affascinante vedova che gestisce la locanda di un villaggio sperduto con piglio sicuro. E se con Rafa si costruirà inevitabilmente un legame padre-figlio, sia pur provvisorio (gli insegna a domare i Mustang, ma anche che i cowboy sanno cucinare), la bella Marta dai lunghi capelli corvini riaccenderà una fiamma romantica che sembra uscita dritta da I ponti di Madison County non senza qualche riflessione, che sembra buttata là, anche sull’aldilà e la fede in Dio.

Una curiosità. N. Richard Nash scrisse una sceneggiatura intitolata Cry Macho già all’inizio degli anni ’70, ma la 20th Century Fox la rifiutò due volte, tanto da convincerlo a farne il romanzo omonimo pubblicato nel ’75. Diversi attori, nel corso degli anni, hanno pensato a portarla sullo schermo. Tra questi Roy Scheider, Burt Lancaster, Pierce Brosnan, Arnold Schwarzenegger e lo stesso Eastwood che nel 1988 rinunciò a questo progetto per interpretare l’ispettore Callaghan in Scommessa con la morte. Evidentemente l’appuntamento era solo rinviato.  

Cristiana Paternò
01 Dicembre 2021

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