Stefano Incerti: “Il mio noir bianco, realizzato come atto politico”

Primo film italiano in concorso al Noir in Festival, Neve è l'incontro tra due solitudini nel bagliore di un paesaggio innevato


COURMAYEUR – “Questo film voleva essere anche un atto politico. Dopo aver venduto Gorbaciof in 20 paesi, a 7 compagnie aeree e alla Rai, avevo la piccola ambizione di ottenere un finanziamento pubblico per il film successivo, invece l’ho dovuto fare con un budget che è un terzo di quello di Sacro Gra“. Solo tre settimane di riprese, a meno 15 gradi, in mezzo alla neve abruzzese, con una troupe ridotta a una dozzina di persone e un regista che si è reinventato co-produttore al fianco di Dario Formisano di Eskimo: stiamo parlando di Neve, settimo film di Stefano Incerti, passato in concorso al Noir in Festival di Courmayeur e (probabilmente) nel 2014 in sala con Microcinema. È la storia dei destini incrociati di Norah e Donato – rispettivamente Esther Elisha e Roberto De Francesco -: il primo, alla guida di un’auto verde, vede la seconda mentre viene scaricata dalla macchina da un uomo violento. Non sappiamo da dove vengono, né dove stanno andando, entrambi sperduti e soli nel bagliore accecante della neve. Hanno dei segreti da nascondere e degli obiettivi da raggiungere che resteranno sospesi nel silenzio di un tempo muto passato insieme, aggrappandosi l’uno all’altro nonostante tutto. Finchè non passeranno all’azione.

Neve è un film realizzato in condizioni difficili…
Sì perché dopo Gorbaciof, da cui erano già passati quasi tre anni, avevo voglia di tornare a girare subito e con Formisano abbiamo deciso di far partire immediatamente le riprese, senza aspettare risposte sui finanziamenti pubblici. Nonostante avessimo chiesto una cifra piccola, poi, siamo stati i primi esclusi nella graduatoria stilata dalla Commissione del Ministero, mentre abbiamo avuto un contributo europeo dal programma Media. E mi chiedo come mai la commissione che decide queste cose non sia composta da registi o sceneggiatori, ma piuttosto da oscuri funzionari.

Nasce da un soggetto originale, qual è stato lo spunto?
La sera prima di iniziare a scrivere questo film avevo visto C’era una volta in Anatolia e, senza apparenti connessioni con quella storia, mi è venuta in mente la vicenda di due solitudini che si incrociano in un panorama innevato, due persone che scoprono se stesse cercando altro, o scappando da qualcosa. Poi ho coinvolto lo sceneggiatore Patrick Fogli, che ha lavorato sulle tinte del noir.

Per raccontarla ha reclutato due attori non molto conosciuti come Esther Elisha e Roberto De Francesco: perché questa scelta?
Ho sempre difeso la scelta di interpreti non legati solo a logiche commerciali e di richiamo. Ad esempio lottai molto per avere David Coco ne L’uomo di vetro. In questo caso a maggior ragione, visto che non dovevo rendere conto a nessuno. Roberto lo conosco da sempre, è stato tra i protagonisti de Il verificatore, il mio primo film, ed era perfetto per questo ruolo: sul set non usciva mai dal ruolo, anche per dormire pretendeva la brandina di Donato. Esther invece l’ho notata in La-bas: nelle cinque o sei scene in cui compare illumina il film. Ho scritto Neve su loro due.

Come ha scelto, invece, la location? Siamo nei pressi di Ovindoli…
Sì, nela zona di Roccaraso. Conosco l’Abruzzo da tanto tempo, mi ricorda un po’ una piccola Svizzera ed è una zona che non si è mai vista al cinema: l’ultima volta, probabilmente, è stato ne La strada di Fellini. Questa storia, poi, un po’ come Duel, si svolge nel raggio di pochi chilometri con due personaggi estremi sotto pressione. Il contesto innevato mi serviva per raccontare il freddo interiore di Norah e Donato.

I suoi protagonisti sono due persone isolate…
Sì, è vero, sono difficili da amare. Non cerco i freak ma mi appassionano i deboli, le storie apparentemente insignificanti che però hanno in sé la verità.

Prossimi progetti?
Ho una sceneggiatura già pronta su una storia ambientata tra Napoli e New York nel 1909: l’opposto di Neve in termini produttivi. E poi ho un altro progetto che sto scrivendo e che spero di girare l’anno prossimo.

12 Dicembre 2013

Noir in Festival 2013

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“Neverlake”: horror in salsa toscana e voce inglese

Opera prima di Riccardo Paoletti prodotta da Manuela Cacciamani, è una "dark tale retroattiva" nata dal successo del primo web movie realizzato per Rai Cinema: Fairy Tale. Il film, passato al Noir in Festival, racconta di un'adolescente che da New York si trasferisce ad Arezzo dal padre, vicino al misterioso Lago degli Idoli: "Un'ambientazione accattivante per gli stranieri, che amano molto la Toscana - dice la produttrice - a cui si univa l'aggancio alla realtà storica delle statuette etrusche che vi venivano gettate: molto conosciute all'estero, visto che sono esposte nei musei di mezzo mondo, oltre che un perfetto ingrediente horror"

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Regina Orioli, novella “scream queen” della commedia horror

L'attrice è la protagonista di Nuit Americhèn, cortometraggio di Federico Greco presentato in anteprima al Noir in Festival. Graffiante satira splatter del mondo dei registi "underground" di genere, il film è interpretato anche da Gianmarco Tognazzi, Fausto Sciarappa, Alberto Di Stasio e Francesco Scimemi. "Mi divertiva molto il doppio piano della recitazione: dovevo interpretare un'attrice cagna e insieme mostrare paura autentica", dice la Orioli, che vorrebbe lavorare con Bernardo Bertolucci

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“Enemy” di Villeneuve vince il Noir in Festival

Il Premio Speciale della Giuria va, ex aequo, a Wakolda di Lucia Puenzo e The Keeper of Lost Causes di Mikkel Nørgaard. La giuria ha assegnato all'unanimità il Leone Nero a Enemy, "Una pellicola perturbante, di grande tensione, che offre una nuova e originale lettura del tema del doppio". Il premio per la Migliore Interpretazione è andato all'italiano Roberto De Francesco per Neve di Stefano Incerti

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Lambert Wilson: “La mia storia d’amore col cinema italiano”

Appena arrivato in sala con Molière in bicicletta, il carismatico attore francese ha accompagnato al Noir in Festival Vinodentro, il nuovo film di Ferdinando Vicentini Orgnani, a 10 anni di distanza da Ilaria Alpi, secondo italiano in concorso a Courmayeur. "Ho scoperto il cinema italiano quando ero piccolo grazie a mio padre, che mi portò a Cinecittà sul set di Beatrice Cenci. Lo seguvio spesso e da adolescente mi sono innamorato a mia volta di Fellini e Visconti. Ora adoro il cinema di Garrone, Sorrentino e Crialese"


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