Dall’Amazzonia un grido di dolore. E Oliver Stone racconta la riscossa del presidente Lula

E' produttivamente anche italiano The Falling Sky, il film sul popolo Yanomami, prodotto da Donatella Palermo e Rai Cinema, diretto dai brasiliani Eryk Rocha e Gabriela Carneiro da Cunha, presentato alla Quinzaine des Cinéastes

Dall’Amazzonia un grido di dolore. E Oliver Stone racconta la riscossa del presidente Lula

CANNES – E’ produttivamente italo-brasiliano The Falling Sky, il film sul popolo Yanomami, prodotto da Donatella Palermo e Rai Cinema, diretto dai brasiliani Eryk Rocha e Gabriela Carneiro da Cunha, presentato alla Quinzaine des Cinéastes. Il documentario ha portato al 77° Festival di Cannes lo sciamano Davi Kopenawa, leader del popolo amazzonico. E’ protagonista del film in cui viene espresso il suo pensiero, la cosmogonia Yanomami, e viene raccontata in immagini dense e ipnotiche che catturano lo spettatore portandolo in un altro mondo la religiosità del suo popolo, in particolare il rituale funebre misterico “Reahu”, una cerimonia magica di evocazione che mobilita la comunità in uno sforzo collettivo per sorreggere il cielo e impedire che cada a causa dei comportamenti dei nape, i bianchi, e del mondo cosiddetto civilizzato. “La foresta è viva. Morirà solo se i bianchi continueranno a distruggerla. Allora moriremo, uno dopo l’altro, sia noi che i bianchi. Tutti gli sciamani alla fine moriranno. Quando non ci saranno più loro vivi a sostenere il cielo, esso crollerà”, dice Davi nel film.

In Brasile, attualmente vivono circa 30.000 persone in oltre 300 comunità, che stanno affrontando una grave crisi umanitaria causata da una massiccia invasione di minatori alla ricerca di minerali, principalmente oro e cassiterite. Negli ultimi anni, il numero degli invasori ha raggiunto circa 20.000 persone, favorendo la violenza, la contaminazione dell’acqua e del pesce da mercurio, la deforestazione e numerose malattie tra gli Yanomami.

The Falling Sky arriva al festival nello stesso giorno del documentario di Oliver Stone Lula, che racconta la vicenda del presidente brasiliano, la sua ascesa da umili origini, prima come sindacalista e poi come fondatore del Partido dos Trabalhadores, il carcere subìto in seguito all’inchiesta Lava Jato condotta dal magistrato poi sceso in politica Sergio Moro che lo accusa di corruzione, la riabilitazione e l’inattesa vittoria sul rivale Jaime Bolsonaro, noto tra le altre cose per le sue posizioni oltranziste contro la difesa dell’ambiente e a favore della deforestazione selvaggia. Stone ci ha abituato ai suoi documentari “partigiani” che prendono fortemente posizione per una tesi o un personaggio politico (anche Castro e Chavez, tra i suoi protagonisti) e lo difendono strenuamente. In questo caso dà spazio al suo rapporto con Lula anche privato, che si sviluppa attraverso molti anni e diverse interviste. Ma il documentario contiene materiale estremamente interessante per ricostruire tutta la vicenda giudiziaria, risolta grazie all’intervento di un hacker.

Davi Kopenawa, in t-shirt e copricapo di piume, si è detto “meravigliato e felice di essere a Cannes”. “Cerco di trarre il meglio da questa opportunità, per raccontare le storie del nostro popolo e sono commosso che ci siano tante persone interessate ad ascoltarle, benché siamo molto lontani per cultura e tradizioni. Ma quando parliamo dell’anima dell’Amazzonia, parliamo di qualcosa che noi conosciamo bene, e di cui molti parlano senza sapere. Il presidente Lula ci ascolta ma siamo noi che dobbiamo proteggere la nostra terra, la foresta amazzonica è un luogo importante per tutti e che va protetto. Quando cade il cielo, cade tutto”.

Il film, che è un poetico grido di dolore e di allarme contro la deforestazione e l’invasione dei bianchi. Papa Francesco il 10 aprile scorso ha incontrato Davi Kopenawa. “Ogni volta che parlo di quello che l’uomo bianco sta causando al nostro popolo e all’intera umanità sempre più persone si uniscono alla mia battaglia”, ha commentato lo sciamano autore anche di un libro scritto insieme all’antropologo francese Bruce Albert, nato da una collaborazione trentennale tra i due, così come il documentario si fonda su una lunga convivenza, durata anni.

Gabriela Carneiro da Cunha, artista, performer, regista e attivista ambientale, racconta: “La nostra esperienza insieme è iniziata nel 2017, dopo quattro anni che ci conoscevamo siamo andati a riprendere il film, nel frattempo il padre di Davi è morto inaspettatamente. Non avevamo intenzione di far entrare il rituale nel nostro lavoro, ma lo abbiamo fatto con grande rispetto e con una troupe di sole cinque persone che comprendeva anche alcuni giovani filmmaker Yanomami”. E aggiunge: “Non crediamo nella neutralità, la nostra presenza non poteva essere invisibile, ma facciamo del nostro meglio per fare il cinema in cui crediamo. Uno dei rituali, ad esempio, è avvenuto di notte ed è stata una sfida per noi girare senza luci artificiali o con un’illuminazione ridotta al minimo, però loro hanno capito e ci hanno detto che la camera ama la luce”. Il valore di un film come The Falling Sky è anche quello di documentare dal punto di vista dell’antropologia culturale qualcosa di irripetibile ed estremamente fragile, così come accadeva nei lavoro di Vittorio De Seta.

Eryk Rocha è un veterano di questa ricerca, oggi alla sua terza partecipazione al Festival di Cannes, dove con il film Cinema Novo nel 2016 ha vinto il premio L’Oeil d’Or assegnato al miglior documentario.

The Falling Sky, spiega la produttrice Donatella Palermo, nasce dall’incontro con i registi brasiliani, propiziato da Gianfranco Rosi. “E’ un film che va vissuto e non semplicemente visto”, afferma. Mentre Gabriele Genuino, responsabile della produzione documentaristica di Rai Cinema, aggiunge: “Continua l’esplorazione del mondo e dei mondi attraverso il cinema anche con lo sguardo di Eryk e Gabriela, con l’idea di preservare qualcosa di estremamente importante”.

Ma il cielo sta davvero cadendo? “Ci vorrà ancora tempo prima che questo accada – dice lo sciamano – non c’è una data, non c’è un anno preciso. Oggi io sono vivo, la mia famiglia è viva, ma è urgente fermare la distruzione dei fiumi, dei laghi e dei mari, dobbiamo farlo tutti, altrimenti periremo”.

The Falling Sky è prodotto da Brasile e Italia, una co-produzione Aruac Filmes, Hutukara Yanomami Association, Stemal Entertainment con Rai Cinema, in collaborazione con Le Film D’Ici, prodotto dagli stessi registi e da Donatella Palermo.

 

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