Marco Bellocchio: “Eluana e la morte dei politici”


VENEZIA – Ci sono anche i manifestanti (sparuti a dire il vero) del Movimento con Cristo per la vita arrivati da un paesino in provincia di Vicenza. Sono al Lido a pregare e protestare contro Bella addormentata, che non hanno visto ma definiscono addirittura “pericoloso”. Sono reazioni estreme ma il film di Marco Bellocchio, secondo italiano in corsa per il Leone d’oro e da domani in sala con 01, non può non dividere e far discutere, anche se, si spera, con toni più pacati. Però chi può dimenticare il clima di psicodramma collettivo che abbiamo tutti vissuto nel febbraio 2009, quando l’Italia intera era al capezzale di Eluana, in coma profondo da 17 anni. E il regista piacentino è il primo ad esserne consapevole. Ma il suo film, che tra pochi giorni sarà a Toronto, è stato comunque accolto al Lido con molti applausi e reazioni positive anche dai critici stranieri: The Hollywood Reporter parla ad esempio di “intelligenza e complessità nell’intrecciare storie attorno al tema scottante dell’eutanasia, con una narrazione che sa rivolgersi a un pubblico sofisticato”.

 

Insomma, il regista torna a emozionare e far riflettere con la sua capacità di assumere eventi storici e rappresentarli in piena libertà dando spazio al lavoro dell’immaginazione, come in Buongiorno, notte e L’ora di religione. L’anno scorso ha ricevuto il Leone alla carriera e ora si mette di nuovo in gioco affrontando la competizione con quest’opera, prodotta da Cattleya e Rai Cinema, dal cast davvero spettacolare: Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Maya Sansa, Pier Giorgio Bellocchio, Gian Marco Tognazzi, i giovani Brenno Placido, Fabrizio Falco, un superlativo e ironico Roberto Herlitzka, nei panni di un senatore psichiatra di Forza Italia che “impasticca” i suoi compagni di partito per curarne manie e psicosi che sono simbolo di un’intera classe politica alla deriva.

 

Eutanasia, diritto al suicidio e morte della politica sono temi di straordinaria complessità morale e filosofica che il film racconta costruendo attorno agli ultimi sei giorni di Eluana – evocati puntualmente e tristemente dalle immagini dei telegiornali – tre episodi drammaturgicamente molto potenti. Cè il senatore di Forza Italia ma ex socialista, Uliano Beffardi (Toni Servillo), che non se la sente di votare contro l’eutanasia come richiederebbe la disciplina di partito. Lui stesso ha vissuto anni prima il dramma di una moglie amatissima afflitta da una malattia terminale. Sua figlia Maria (Alba Rohrwacher) è invece una fervente attivista del Movimento per la vita e sta partendo per Udine, per pregare di fronte alla clinica La Quiete, ma s’imbatte in un ragazzo che sta dall’altra parte della barricata (Michele Riondino) e se ne innamora perdutamente. Intanto una grande attrice di teatro (Isabelle Huppert) si è ritirata dalle scene per assistere la figlia Rosa, in coma profondo, fino a trascurare il marito (Gian Marco Tognazzi) e il figlio (Brenno Placido) che aspira a diventare attore proprio per compiacerla, ma non ha alcun talento. Infine Pallido, un giovane e rabbioso medico di idee razionaliste (Pier Giorgio Bellocchio), si prende cura di una tossica (Maya Sansa) che vorrebbe darsi la morte e riesce a risvegliarla alla vita come nella celebre fiaba di Perrault.

Cosa l’ha spinta a realizzare un film a partire dalla vicenda di Eluana? 

In quei giorni sono stato coinvolto e aggredito da quello che vedevo e sentivo e mi sono venute in mente per reazione delle storie che ho lasciato depositare per alcuni anni. Solo dopo le ho orchestrate insieme agli sceneggiatori Veronica Raimo e Stefano Rulli. Non volevo affermare un principio, dirmi pro o contro l’eutanasia. Certo, il film svela quello che penso sull’argomento, però credo lo faccia in modo complesso, senza ecumenismo, ma anche senza atteggiamenti di disprezzo e di odio. In questi giorni mi ha molto colpito la fine del Cardinal Martini – la cui fede assoluta non è certo in discussione – con la sua richiesta di non ricorrere a un inutile accanimento terapeutico e di usare la sedazione. Del resto anche papa Giovanni Paolo II, a suo tempo, chiese di poter tornare alla casa del Padre e questo lo sottolineo nel film.

 

Cosa risponde alle accuse di chi si sente offeso da una difesa dell’eutanasia?

Il film non vuole essere la bandiera di una tesi. Credo che un artista debba essere libero di immaginare quello che gli pare. Bella addormentata è fatto di tanti risvegli e non risvegli, non solo quello della tossica, ma anche la figlia del senatore o il figlio della Divina madre. La mia è una posizione calmamente laica, ma non voglio certo condannare chi ha la fede, anche se il personaggio di Isabelle Huppert – che cita anche La storia vera della signora dalle camelie di Bolognini – nella sua dimensione glaciale e assurda, è davvero al limite del patologico. Ma in tutti i personaggi ritrovo qualcosa che mi appartiene. E’ un film semplice, essenziale, e non credo che vi siano dei compiacimenti. Non voglio essere conciliante ma neppure condannare chi ha la fede, anche se io non ce l’ho.

 

Come ha lavorato sui personaggi cattolici?

Non avevo l’intenzione strategica di mostrare le varie posizioni, però c’erano dei personaggi cattolici. La mia formazione è quella, li conosco bene, anche se non vado più in chiesa e non credo più in Dio. In Italia siamo pieni di cattolici, anche nel governo, dappertutto.

 

Ha parlato con Beppino Englaro?

Il 7 settembre sarà a Udine per l’anteprima del film, l’ha già visto ma non voglio dire nulla di ciò che pensa. Con lui avevo parlato a suo tempo, quando gli ho detto che intendevo girare il film e che sarebbe stato però un film di fantasia con il suo dramma sullo sfondo. 

 

Lei ha dato della politica italiana una rappresentazione venata di amaro sarcasmo, che fa pensare a certe immagini di Sorrentino.

Non volevo disprezzare i politici, come ormai tutti fanno, dicendo che sono dei ladri, che devono tornare a casa, piuttosto li ho mostrati nella loro disperazione, nello sbandamento che vivono. Sono molti i malati di mente in Parlamento, si dice nel film. C’è una disumanità patologica, una disperazione di cui sono inconsapevoli. Del resto il potere è inguaribile e io, pur essendo pacifista, ho una dimensione anarchica.

 

Vuole commentare la vicenda dello scioglimento della Film Commission del Friuli Venezia Giulia seguita al finanziamento del film?

Quando abbiamo girato a Udine, siamo stati una settimana davanti alla clinica e nessuno ci ha contestato o insultato. Ma la Regione di centrodestra ha voluto fare una battaglia a posteriori con una dimensione autodistruttiva che è tipica della classe politica italiana, cioè sciogliendo una Film Commission che ha sempre lavorato molto bene e non capisco secondo quale principio.

 

Pensa che lo scandalo possa giovare al film?

Ormai viviamo un distacco tra le discussioni in tv, in internet, sui giornali e poi l’andare al cinema. Un tempo lo scandalo era importante, adesso non esiste più. Io comunque cerco di fare un buon film e non mi è mai importato di usare lo scandalo per attirare il pubblico.

05 Settembre 2012

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