La centralità della sala fa bene anche alla tv: parola dei broadcaster alla Festa

Per il ciclo Incontri sul futuro del cinema italiano si sono confrontati Del Brocco, Amedei e Letta


Per Incontri sul futuro del cinema italiano, il ciclo di discussioni voluto organizzato da Anica insieme alla Festa del Cinema di Roma, e che si tiene al MAXXI con ingresso gratuito, si sono confrontati oggi i broadcaster. Seduti al tavolo di confronto l’amministratore delegato di Rai Cinema Paolo Del Brocco, la direttrice di Sky Cinema Margherita Amedei e l’amministratore delegato di Medusa Film Giampaolo Letta.

L’incontro si è aperto con un videomessaggio di Olivier Père, direttore e direttore delle acquisizioni di Arte France Cinéma. Nel suo intervento introduttivo, Père ha effettuato una panoramica sul rapporto in crescita tra cinema italiano e francese. Se infatti da sempre queste due cinematografie hanno dialogato e collaborato, da alcuni anni quest’intesa si è fatta ancora più stretta e intensa. Père ha potato diversi esempi di coproduzione, e ha avuto parole di elogio e sconfinata ammirazione per Marco Bellocchio, che ha definito “non solo il principale regista italiano in questo momento, ma uno dei più importanti al mondo”. Père, in generale, ha parlato con stima di tutta una serie di cineasti “nuovi” (ha citato Pietro Marcello, Alice Rohrwacher e Michelangelo Frammartino). “L’aspetto che principalmente ammiro di questi registi è che fanno un cinema nuovo e moderno, ma al tempo stesso sono consapevoli di quali siano le radici del cinema italiano, e quindi proseguono una strada, quella dei Rossellini, Pasolini, Olmi ecc, che sembrava perduta”.

“Come si è visto dall’intervento di Père – ha osservato Del Brocco – il nostro cinema è molto stimato all’estero, è un cinema che gira il mondo. Questo poi non significa che sbanchi ai botteghini, ma è comunque un dato culturale che è importante rilevare. Si parla molto – anche in questi panel – del tema della quantità. Credo che sia un tema non nuovo, è da tanto  tempo che il cinema italiano produce molto. Io penso che dalla quantità nasca la qualità. Anche perché dire che bisogna fare meno film è un’affermazione che ha un senso, ma che va vista nelle sue varie sfaccettature. Produrre meno significa anche meno lavoro, meno possibilità di allevare giovani talenti e giovani produttori. Certo abbiamo un problema di assorbimento del mercato theatrical dei film, ma la soluzione non è da ricercare solo nella quantità. Dobbiamo mettere in atto una serie di riforme, e la prima deve essere un’uguaglianza nelle finestre: ora c’è una grande confusione, e la percezione delle persone è che ogni film che esce al cinema possa essere visto dopo poco sulle piattaforme”.

Margherita Amedei ha iniziato il suo intervento citando addirittura una celeberrima frase di Lenin. “Ci sono decenni in cui non accade nulla – ha detto Amedei – e ci sono delle settimane in cui accadono decessi. L’audiovisivo si è trovato in pochissimo tempo a fronteggiare una moltiplicazione dell’offerta, a parlare un linguaggio nuovo, binge watching, per esempio, era un termine che non conoscevamo fino a pochissimo. Il consumatore, di conseguenza, è cambiato tantissimo. Sempre più attento, tecnologico, sfidante. Durante la pandemia lo spettatore medio si è abituato a vedere contenuti su schermi sempre più piccoli, e anche questo è un tema da affrontare quando parliamo di riportare le persone in sala. Per noi di Sky il cliente continua a mantenere una posizione centrale, ma siamo ben consapevoli del nostro ruolo anche editoriale. Dico sempre che, per il successo di un film in programmazione, il 50% lo fa la bontà del film, e l’altro 50 il modo in cui lo promuoviamo e lo inseriamo nella programmazione”.

Un punto fondamentale sul rapporto tra film al cinema e tv, e sugli effetti degli svuotamenti dei cinema anche sulla tv, l’ha fornito Giampaolo Letta.“È importante  – ha dichiarato Letta – recuperare la centralità della sala non solo per tutta una serie di fattori romantici, che pure sono fondamentali, ma anche per un aspetto industriale. Il risultato in sala era un criterio importante per la valorizzazione delle vendite sui successivi sfruttamenti. Se il film andava bene veniva venduto bene, o quantomeno secondo certi parametri: ora questo principio è saltato completamente. È come se fosse stato sradicato un criterio oggettivo, e la valorizzazione fosse lasciata a valutazioni non dico completamente soggettive, ma certo che hanno una base concreta meno solida rispetto alla risposta del pubblico in sala”.

19 Ottobre 2022

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