L’impero barbaro e il male spietato

In concorso a Locarno ci sono i docu-film Pays barbare, di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi e E Agora? Lembra-me di Joaquim Pinto


LOCARNO – Già conosciuti per il loro spiccato interesse nei confronti dei temi politico sociali, lavorati attraverso un originale uso del materiale d’archivio, la coppia formata dai registi Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, è approdata, in concorso, al Festival di Locarno con il docu-film Pays barbare.
Un’opera che partendo dalla pagina finale del fascismo di Piazzale Loreto – l’incipit è proprio su uno schermo silenzioso dove scorrono a rallentatore le immagini della folla che si raduna intorno ai corpi martoriati di Benito Mussolini e Claretta Petacci – facendo un percorso a ritroso, esplora e ricostruisce il sogno dell’Impero fascista e delle colonie. Dalle disturbanti immagini iniziali ci si ritrova catapultati cosi’ nella Libia del 1926, anno napoleonico del Duce, che vedeva grandi e dispendiosi festeggiamenti propagandistici e che andava verso la costruzione di un mito della razza che contrapponeva la “civiltà” alla “razza barbara”.

Ma in mezzo anche i cosiddetti ribelli, fra tutti Al Mukhtar, che venne giustiziato da vecchio e le masse di italiani che invadono l’Africa sperando che si realizzi il sogno di una vita migliore. “Tutti gli italiani a quell’epoca sognavano l’impero, anche quelli di sinistra. E l’Africa è stata spartita a tavolino in tanti quadratini – dichiara la Ricci Lucchi – erano tutti entusiasti di quella guerra che oltre ad impoverire i paesi invasi ha impoverito anche noi, facendoci arrivare al secondo conflitto mondiale ormai privi di qualsiasi risorsa”. Dalla Libia si passa poi all’Etiopia e le immagini che ci parlano dell’utilizzo dei temibili gas che hanno decimato intere popolazioni. Fuori campo le voci, tratte da una reale corrispondenza epistolare, fra un militare e la sua giovane fidanzata, e poi ancora quelle delle infermiere, della cantante Giovanna Marini che ha creato una sorta di colonna sonora, di litania, che fa da sottofondo alla pellicola. Da un album rilegato in pelle di pitone compaiono invece una serie di fotografie che celebrano anch’esse l’avvento delle colonie, immagini che ci propongono un’Africa fotografata da tutte le possibili angolazioni, ripresa con avidità; un’Africa su cui grava la celebrazione della “superiorità” europea e in cui si vede anche un’Italia povera in cui pero’ ci si puo’ permettere di mandare  in vacanza la famiglia perché l’impero è il concretizzarsi, appunto, di un sogno di benessere.

“Tornare a Locarno dopo tanti anni ci fa un certo effetto – sottolinea Gianikian – soprattutto perchè in questo momento stiamo vivendo in tutta Europa un ritorno di razzismo e il nostro film parla proprio di quello. Abbiamo quindi lavorato come sempre sulle immagini d’archivio, adoperando ancora quelle macchine costruite per riprendere i fotogrammi e utilizzando rigorosamente la pellicola, anche se il cinema ormai è finito”. Il regista spiega inoltre che il film era in preparazione da tempo, ma che, per motivi politici, in Italia non sono state trovate le risorse necessarie per realizzarlo. Ed effettivamente Pays Barbare è stato prodotto in Francia da Les Films D’Ici in associazione con Arte France- La Lucarne.

Un uso personale del materiale d’archivio è invece quello che è stato fatto dal regista portoghese Joaquim Pinto che rielabora nel suo E Agora? Lembra-me, vincitore del premio della giuria, i ricordi filmati della propria giovinezza, degli incontri importanti fatti nel mondo del cinema in cui si è formato ed è divento tecnico del suono, autore, produttore e “metteur en scene”. Vengono evocati Serge Daney, Joao Cesar Monteiro e molti amici scomparsi o semplicemente persi. Ricordi sbiaditi come le fotografie i filmati che scorrono sullo schermo per 160 minuti e che si alternano alle lunghe sequenze dedicate agli insetti, alla natura brulicante di quei micro organismi di cui non notiamo spesso nemmeno l’esistenza ma che s’inseriscono, come l’essere umano, nella catena della vita. E così anche i batteri, i virus sono visti nel loro aspetto vivente. Come quelli con cui Joaquim convive da vent’anni: l’HIV e l’epatite c. Cure su cure, alcune totalmente inutili, talvolta tossiche e sperimentali, per sopravvivere, per allungare la propria vita a loro discapito. E Agora? Lembra-me diventa quindi, immagine dopo immagine, attraverso l’attesa dei risultati delle ultime cure di Joaquim, l’attesa che investe tutti gli esseri umani, ai quali non è dato di sapere nulla del tempo che rimane loro da vivere. Una sorta di testamento universale in cui la quotidianità e il presente sono le uniche cose che sembrano valere. Cosi’ anche per Joaquim circondato dall’affetto del suo compagno e dai loro quattro cani. “Ho deciso di realizzare questo film – spiega Pinto – perché spesso a parlare di queste malattie sono le persone sane. Io ho voluto trasmette lo sguardo e le sensazioni di chi invece vive questo dramma sulla propria pelle, giorno per giorno. E poi ultimamente escono dei documentari che raccontano cose non vere, che sostengono che grazie a nuovi medicinali non si muore più di Aids. Una cosa totalmente falsa: di Aids purtroppo si muore tanto ancora oggi. E io ho già visto andarsene molti dei miei amici”.

20 Agosto 2013

Locarno 2013

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Werner Herzog da Elia Kazan ai Simpson

Il regista è stato l'ultimo attesissimo ospite del festival di Locarno, che gli ha consegnato il pardo d'onore Swisscom in occasione di un'affollata masterclass. "Un modello per me resterà per sempre il film Viva Zapata! di Elia Kazan - dice - il modo il cui Marlon Brando viene introdotto nella storia è veramente unico”. E racconta la sua esperienza di doppiatore nella celebre serie cartoon I Simpson, che per vent'anni ha creduto essere solo un fumetto: “Quando me l’hanno proposto - ha detto Herzog - credevo fosse uno scherzo, poi ho capito che I Simspon in tv esistevano davvero. Mi sono reso conto che erano evidentemente molti anni che non guardavo la televisione”

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Locarno premia il Casanova di Serra

Si è conclusa il 17 agosto la 66ma edizione del Festival del film Locarno, con qualche sorpresa e molti premi a cinematografie emergenti. Il Pardo d’oro del concorso internazionale, gran premio Città di Locarno, resta però in Europa, e va a Historia de la meva mort di Albert Serra, ufficialmente targato Spagna/Francia ma realizzato in lingua catalana, che racconta gli ultimi giorni di vita di Giacomo Casanova, in modo romanzato e fantastico, immaginandosi il suo razionalismo messo alla prova da esperienze soprannaturali

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‘Sangue’ di Delbono vince il premio Don Chisciotte

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Faye Dunaway: “Sarò la divina Callas, ma a modo mio”

L'attrice, che a Locarno ha ricevuto il Leopard Club Award, sta ultimando un film sul celebre soprano, di cui oltre che interprete è anche regista. Si intitola Master Class ed è tratto dalla pièce teatrale di Terrence McNally, Intanto al pubblico del festival rivela: "Di tutti i ruoli che ho fatto, il mio preferito continua ad essere proprio quello di Bonnie. Era difficile sulla carta, ma per me non lo è stato perché Bonnie in fondo sono io. Come lei anche io sono nata e cresciuta in un piccolo paese della Florida e conosco bene la mentalità di una provincia, in cui, sognando una vita migliore, puoi anche spingerti su strade sbagliate"


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