Il cinema familiare di Piero Portaluppi

"l'Amatore" di Maria Mauti riscopre la vita e l'opera del famoso architetto milanese


Grande amante della vita e dell’arte, artista eclettico votato all’estetica e al proprio mestiere, funambolo dei giochi di parola e pungente vignettista. Il ritratto di Piero Portaluppi, uno degli architetti più famosi dell’epoca fascista, porta la firma di Maria Mauti, documentarista classe 1974, selezionata fuori concorso a Locarno con il suo primo lungometraggio, l’Amatore (prodotto da Piero Maranghi). 
È  un  film che ricostruisce attraverso materiali in formato ridotto (8 e 16mm, tutti inediti) la vita di uno degli architetti più illustri del primo Novecento.

Inghiottito dal bulimico avanzare della modernità, Portaluppi è stato per lungo tempo dimenticato e riscoperto solo recentemente grazie alle cento bobine ritrovate dal nipote dentro una vecchia cassapanca. Un vastissimo archivio di preziose immagini, tutte realizzate dallo stesso Portaluppi, che inconsapevolmente, appena acquistata la prima cinepresa, ha cominciato a raccontare la sua storia. Era il 1929 e da quel momento non si è più fermato. “Comprare una cinepresa in quel periodo era un atto ardito, un segno di grande modernità – spiega la regista –  e Portaluppi dimostra di avere un obiettivo preciso, quello di rappresentarsi attraverso  il mondo che lo circonda, il suo mondo, quello dell’alta borghesia milanese, che incede sicura negli stessi anni in cui l’Italia si avvicina incosciente alla grande tragedia della guerra. Sono gli anni delle ‘committenze dorate’, della Milano che cresce attraverso opere urbanistiche importantissime e lui è uno dei protagonisti di questo rinnovamento; eppure ciò che gli sta più a cuore è riprendere con ironia il suo tempo, soprattutto attraverso i filmati privati”.

Ma accanto ai filmini delle gite in famiglia, dei suoi allievi, delle vacanze e dei primi piani riservati ai suoi famigliari più amati così come alle sue ‘muse’ – che ritornano come un’ossessione nel suo archivio –  ci sono quelli che ritraggono le manifestazioni pubbliche (tra queste anche i discorsi e le apparizioni di Mussolini), la vita di una classe sociale all’apice della propria affermazione, i coevi celebri, da Filippo Tommaso Marinetti a Le Corbusier: qualcuno sorride divertito prestandosi al gioco della macchina da presa, qualcun altro storce il naso sfuggendo alla camera. “L’aspetto più interessante della sua attività di cineamatore  – continua la Mauti –  riguarda il suo desiderio di riorganizzare la realtà che gli stava intorno, che è poi ciò che lo collega alla sua professione di architetto. In alcuni filmati, penso ad esempio a quello intitolato Grandi firme, ci si trova di fronte ad un vero e proprio ‘catalogo’ di personaggi famosi, ognuno schedato con nome e cognome. L’aspetto del controllo, della classificazione, confermata dai suoi quaderni di lavoro, emerge anche dalla stessa pratica di Portaluppi di tagliare e montare da solo tutti i suoi lavori”.

Altro elemento fondamentale è il grande interesse che l’alta borghesia milanese in quegli anni nutriva per il cinema, lo stesso che ispira le immagini di Un’ora sola ti vorrei, di Alina Marazzi e che emerge anche in questo caso attraverso un ‘video diario’ privato. Un cinema ‘famigliare e familiare’ che ne l’Amatore intreccia piccola e grande storia nel tentativo di “attualizzare il passato per comprendere meglio anche il presente”. Nessuno sguardo nostalgico dunque, ma un’urgenza di contemporaneità che sta alla base di tutto il documentario e che la regista spiega partendo proprio dal lavoro sulle pellicole: “volevo che il film esprimesse la stessa tensione verso il presente che conservano ancora oggi le opere di Portaluppi. Per questo motivo ho scelto di sonorizzare con le voci e con poca musica tutto questo materiale d’archivio. Parallelamente a questa operazione c’è stata la scrittura del testo, una sorta di sceneggiatura immaginata sulla base delle immagini e realizzata da Antonio Scurati, che insieme a Giulia Lazzarini è la voce narrante”.  

05 Agosto 2016

Locarno 2016

Locarno 2016

Pardo d’oro a Godless

Si è conclusa l’edizione numero 69 del festival di Locarno. Pardo d’oro al bulgaro Godless, che vince anche il premio per la miglior interpretazione femminile, grazie all’attrice Irena Ivanova. Il Pardo per la migliore regìa lo guadagna invece Joao Pedro Rodrigues con O ornitòlogo, pellicola attesissima a Locarno, che conferma la vocazione onirica del regista portoghese. Premi speciali a Scarred Hearts, del rumeno Radu Jude e Mister Universo, di Tizza Covi e Rainer Frimmel.

Locarno 2016

Ken Loach, la lotta continua

Il festival di Locarno chiude la sua edizione numero 69 incontrando uno degli ospiti più attesi. Il regista che da sempre è attento alle tematiche sociali ha presentato al pubblico festivaliero la sua ultima fatica, vincitrice della Palma d’oro a Cannes, I, Daniel Blake. Accompagnato dall’attore protagonista Dave Johns, ha raccontato quanto sia ancora importante credere in un cinema che aiuti la gente ad avere fiducia nel futuro e a lottare per un una società più giusta: “O si lotta o si va alla canna del gas. Per lottare però ci vuole speranza e spesso questa è narcotizzata, ridotta ai minimi termini dal potere, che manipola l’informazione per controllarci, farci credere che nulla cambierà. Ci vuole coscienza di classe e non solo individuale. E in questo i film possono molto. ‘Agitare, educare, organizzare’, dicevano tanti anni fa nei sindacati. Ecco, credo che le prime due cose si possano fare attraverso il grande schermo. La terza azione però appartiene all’individuo, alle sue scelte”.

Locarno 2016

“La natura delle cose” ai confini dell’umano

La malattia come missione per esplorare i limiti dell’umano: è questo concetto a guidare il viaggio cinematografico nel 'fine vita' compiuto da Laura Viezzoli con La natura delle cose, opera prima selezionata fuori concorso al festival di Locarno 2016. Attraverso l’esperienza di Angelo Santagostino, immobilizzato dalla Sla e in comunicazione con il resto del mondo solo grazie al suo pc, il documentario affronta le delicate questioni dell’eutanasia e del rifiuto dell'accanimento terapeutico. Il racconto dell’inesorabile progredire della malattia, che allontana poco a poco Angelo dalla vita e dalla sua capacità di relazionarsi con gli altri è affidata alle impressioni e ai ricordi dello stesso protagonista (a dargli la voce è l’attore Roberto Citran), ma anche ad un ricco repertorio di immagini relative alla vita degli astronauti e alle loro imprese spaziali. In questo continuo confronto Angelo Santagostino non è il malato di cui avere pietà, ma un esploratore alla scoperta dell’estremo, del “vivibile” e dell’“invivibile” umano, che come un astronauta sospeso nello spazio galleggia in un corpo non più suo lontano dalla vita terrena.

Locarno 2016

“Mister Universo” e “The Challenge”: due viaggi tra passato e presente

Batte bandiera austriaca, anche se parla italiano, Mister Universo, l’ultimo film della coppia Tizza Covi - Rainer Frimmel, in concorso al festival di Locarno. Attraverso il viaggio di due artisti circensi, la pellicola, volutamente in bilico tra realtà e finzione, ricostruisce il passato di un mondo destinato a finire, quello del circo appunto, nel quale i due giovani non si riconoscono più. In competizione nella sezione cineasti del presente è invece The Challenge, documentario in cui l ’artista visivo Yuri Ancarani scopre il Qatar raccontando una delle tradizioni più radicate nel paese: la caccia del falcone.


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