Brando Quilici: “La generazione Alfa salverà il Pianeta”

Il ragazzo e la tigre di Brando Quilici ad Alice nella Città: protagonisti Sunny Pawar, Claudia Gerini e la tigre Mukti. Con il patrocinio del WWF, il film esce in sala, nell’anno della Tigre secondo


Una “storia di famiglia” quella dei Quilici con la Natura: storicamente è stato Folco e adesso è Brando, regista de Il ragazzo e la tigre, a scegliere il linguaggio del cinema per raccontare storie che hanno un doppio nodo di connessione con la Madre Terra e, soprattutto, con le sue creature.

“Sono stato parecchie volte nell’Himalaya, per Discovery Channel, e ho avuto occasione di passare del tempo con Reinhold Messner, un uomo che ammiro, e che mi ha raccontato la leggenda” alla base di questo film, spiega l’autore e regista del film. 

La storia – un’avventura carica di emozioni – sente e riflette l’urgente questione della scomparsa delle tigri: solo 3900 sono gli esemplari in libertà e in Nepal, habitat naturale della tigre del Bengala, il loro numero è drammaticamente inferiore a 300.

La realizzazione del film ha comportato “5 anni e ogni pezzettino della produzione s’è aggiunto man mano, ogni dettaglio esce un po’ per volta. Dapprima ho letto un giornale, scoprendo che Leonardo Di Caprio fosse finanziatore di un progetto di salvaguardia ambientale, un buon punto di partenza per andare a interessare un distributore. Poi, ho avuto i primi finanziamenti, così sono partito per il Chitwan, dove ho trovato l’orfanotrofio, per esempio. Però, da filmmaker, sai anche che ci voglia un cattivo, e chi, se non i bracconieri?”, così Brando Quilici racconta l’epifania della storia, sì direttamente connessa all’urgenza della salvaguardia animale, ma che s’è costruita in un processo alterno tra creatività e emergenza ecologica. “Nel Nepal, la situazione del bracconaggio è migliorata dopo la Rivoluzione Maoista: comunque il bracconiere è un problema, ma quello vero siamo noi, le città troppo prossime a zone incontaminate e davvero sovraffollate. ‘High Corridor’ è il programma WWF che, attraverso un ‘corridoio’, ha lo scopo di unire due parchi protetti. Comunque, la Generazione Alfa, i bambini nati dal 2012 in poi, salverà il Pianeta: a 4 anni hanno un tablet e lo imparano a usare prima di scrivere, hanno il mondo tra le dita; cosa meno buona di questo aspetto, è il confine tra realtà virtuale e realtà reale e noi speriamo col film di passare l’amore per la Natura, perché il pericolo è un eccessivo distacco dalla stessa”. 

Sunny Pawar (Balmani, che in nepalese vuol dire “piccolo gioiello”), la tigre Mukti Claudia Gerini sono i protagonisti de Il ragazzo e la tigre, in anteprima ad Alice nella Città: sul grande schermo, secondo il calendario cinema proprio nell’anno della Tigre, dal 14 ottobre

Un bambino di nove anni, l’orfanotrofio e il richiamo atavico della sua Kathmandu, dopo la solitudine inflitta dalla catastrofe naturale di un terremoto: fugge dal Nepal e affronta un viaggio la cui portata emotiva ha un’asticella particolarmente alta rispetto soprattutto al concetto del “prendersi cura”, così come Balmani fa col cucciolo di tigre del Bengala che incrocia sulla sua strada: una banda di bracconieri sono il villain per l’esistenza del magnifico felino, creature – loro, gli umani – senza scrupoli, pronte al commercio sul mercato nero

Una sorta di miracolo, quello della vittoria del bene sul male, permette a Balmani di portare l’animale al monastero Taktsang, famoso per essere la Tana della Tigre (secondo la leggenda, il guru Rimpoche, volato dal Tibet a dorso di una tigre, atterrò in una caverna sotto il monastero), un angolo di mondo custodito dai monaci buddhisti himalayani, la cui magia abita non solo nel favoloso luogo, ma anche nel ricordo del racconto che, dello stesso, faceva a Balmani la sua mamma. 

Un viaggio di salvezza e di formazione – costellato di originali incontri con nomadi, cacciatori di miele e conducenti di yak, sotto la sfumatura silente dell’Annapurna, nello scenario suggestivo e mozzafiato dell’Alto Himalaya –, l’istinto come spirito guida di entrambi “i cuccioli”, che insieme scoprono le meraviglie e le asperità della vita, ma anche una declinazione possibile della “maternità”: nulla, infatti, può più dell’amore “di una madre”, qui incarnata da Hannah (Claudia Gerini), direttrice dell’orfanotrofio nepalese. “L’inizio del film e la fine hanno come riferimento una casa famiglia, lì Hanna accoglie Balmani: lui vive la condizione in modo conflittuale, tanto che appunto scappa, di notte, e questo fa partire l’avventura. Io ho conosciuto la vera responsabile di questo posto incredibile: lei, una donna indiana, autorevole e molto dolce, integra e controllata, che gestisce una comunità autosufficiente. È stata un’esperienza di crescita umana”, dice Claudia Gerini. 

Il film è stato girato, nella prima parte, nella giungla del Chitwan, ricca di luce, del canto degli uccelli e delle grida degli animali selvatici, espressioni tutte di una natura incontaminata. La seconda parte a Kathmandu, a dettare il contrasto: il contesto urbano inquinato, le strade affollate, il rumore, gli sguardi umani indifferenti. Infine, la parte finale del viaggio lascia la pressione della metropoli e entra nel mondo dell’Aria Sottile (oltre i 4000 metri), in cui si procede lentamente, prettamente a piedi, spesso per intere giornate che si susseguono, un tempo che detta un mondo che sembra “altro”, di certo “altro” da quello di una cattiveria umana verso la Madre Natura.  

L’approfondimento video: guarda qui

 

13 Ottobre 2022

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