Tim Burton: io, ragazzo speciale

'Miss Peregrine e la casa dei ragazzi speciali' è in sala dal 15 dicembre


E’ l’evento cinematografico del mese di dicembre la calata romana del visionario regista per la presentazione di Miss Peregrine e la casa dei ragazzi speciali, il suo nuovo attesissimo film che esce il 15 dicembre con Fox, in 300 copie, con anteprime in tutta Italia a partire dell’8. La pellicola è un adattamento dell’omonimo romanzo di Ransom Riggs uscito nel 2011 e parte di una trilogia, che, si presume, arriverà anche al cinema. Sempre se tutto va bene. Perché le critiche oltreoceano non sono state particolarmente positive e l’opera, in effetti, se nella prima parte mantiene un certo gusto fantastico tipicamente burtoniano, con grandi porzioni d’atmosfera fantasy-dark e una certa tendenza al realismo magico che cattura, nel corso del suo svolgimento tende un po’ a perdersi sia a livello narrativo, con l’aggiunta progressiva di stranezze e misteri in un plot irregolare e un po’ confuso, sia a livello stilistico, tendendo a somigliare alle tante saghe ‘young adult’ che vanno di moda in questo momento (da Hunger Games a Divergent, passando per Ender’s Game, con cui ha in comune il protagonista Asa Butterfield) sebbene pur sempre filtrate dall’immaginario visionario del regista statunitense. Anche il target è di difficile individuazione: se da un lato certamente c’è la volontà di rivolgersi a un pubblico di ragazzi anche molto giovani, dall’altro alcune derive horror – pur affascinanti – rischiano di risultare troppo cupe e spaventose per i bambini. Ne emerge un prodotto ibrido, per alcuni versi attraente ma complessivamente pasticciato.

La vicenda ruota attorno a un gruppo di bambini con poteri particolari e, in alcuni casi, inquietanti (super forza ma anche piromania e capacità di animare manichini e corpi morti, oltre che di proiettare i sogni sullo schermo come fossero film) che vivono in una casa fuori dal flusso degli eventi, racchiusa in un anello temporale che ripete eternamente la stessa giornata, sotto la guida di Miss Peregrine (una Eva Green più seducente e intelligente che mai), personaggio a metà tra Mary Poppins e il Professor Xavier degli X-Men, con punte di gotico che non guasta. Il giovane Jacob scopre questo mondo seguendo le tracce di suo nonno, morto in modo misterioso. Peregrine sa anche trasformarsi in falco, ma non è granché utile, come dice lei stessa, come tanti altri affastellamenti della trama imputabili però, probabilmente, al materiale di partenza. Lucidissimo invece l’autore, che tiene anteprima e conferenza con brio e voglia di comunicare, rendendosi anche disponibile per foto e autografi.

Perché ha deciso di trasporre questa storia?

Innanzitutto il titolo, mi piaceva e mi parlava. Mi ricordava di me da bambino, anch’io sono stato un ‘ragazzo speciale’, e poi il modo in cui l’autore ha mescolato tutti gli elementi come in una ricetta. Mi piace molto anche il concetto delle foto che adornano il libro. Fanno pensare ai ricordi, al mistero, ai fantasmi, alla poesia. Anch’io sono cresciuto in un contesto culturale che ama catalogare le persone, mia nonna però sosteneva le mie peculiarità, e avevo un’insegnante d’arte che mi incoraggiava. Personalmente non avevo mai sentito parlare del libro quando me lo hanno proposto, ma in fondo anch’io ho scritto ‘Il bambino ostrica’, che è una storia di bambini speciali. Ho sentito immediatamente la connessione con il protagonista e il suo sentirsi costantemente strano e fuori posto.

Michael Higham e Matthew Margeson firmano la colonna sonora. Non ha pensato a Stephen Sondheim o Danny Elfman, che l’hanno accompagnata in altri successi?

Sondheim era impegnato, o chissà, forse abbiamo litigato e io non lo so. I musicisti tendono a essere così drammatici. Anche con Elfman è come con una donna: ci prendiamo, ci lasciamo, ci riprendiamo. Aveva bisogno di prendersi una vacanza da me. Nel film c’è tanta cgi ma alcune scene richiamano i classici di Harryausen in stop-motion. Una sua vecchia passione.

Quale tecnica preferisce?

Preferisco sempre quello che puoi toccare, la stop-motion è bellissima, ma è anche una tecnica dispendiosa in termini di tempo, così spesso usiamo il computer per ragioni logistiche. Gli effetti speciali per me sono solo un veicolo per la storia.

Come ha lavorato sul passaggio da carta a pellicola?

Le foto sono fondamentali. Come il cinema, dicono qualcosa ma non tutto. Mantengono il mistero. Lasciano immaginare. Mi sono impegnato per catturare questa atmosfera così particolare. Le scelte sono state più di carattere emozionale che intellettuale. Ho utilizzato il libro più che altro come fonte di ispirazione.

Che personaggio è Miss Peregrine?

La direttrice che tutti vorremmo avere. E’ forte, intelligente, bella, divertente, drammaticamente significativa. A scuola avevo un’insegnante così, e tutti la stavamo ad ascoltare. Per i bambini è importante avere un riferimento. Tutti gli altri insegnanti invece li detestavamo.

Secondo lei, c’è qualche regista, oggi, che può raggiungere il suo livello di visionarietà?

L’idea che là fuori ci sia qualcuno come me mi dà i brividi. Nemmeno io so esattamente come sono fatto. Ci sono così tanti modi di fare le cose… I suoi personaggi vivono in un eterno presente.

E’ possibile oggi, con tutti gli stimoli che ci proiettano verso il passato e il futuro?

Difficilissimo, in effetti. Quasi nessuno si gode il momento. Vai a un concerto e vedi tutti con lo sguardo sullo schermo del proprio tablet. Lo faccio anch’io, lo ammetto.

Lei ha lavorato sui super-eroi prima dell’ondata dei cinecomic. Prima Batman e poi il Superman mai realizzato con Nicolas Cage. C’è un po’ di questi personaggi in questi bimbi dai poteri speciali?

Sì, a quei tempo sembrava un campo nuovissimo tutto da esplorare, oggi esce un film di super-eroi a settimana. Ma quello che mi ha colpito è che, sì, i miei personaggi hanno poteri e peculiarità fuori dal comune, ma sono sostanzialmente bambini e fanno quello che farebbero tutti i bambini. Pensano di essere strani, ma sono tutti bravi ragazzi, ed è questo che suscita emozioni e tenerezza.

Il film è molto complesso per i più piccoli, e anche un po’ spaventoso, eppure sembra rivolgersi a loro. Che target di pubblico ha in mente?

Questa domanda mi è stata fatta molte volte. L’autore del libro mi ha detto che è piaciuto sia agli adulti che ai bambini, ma che il libro lo aveva scritto per sé stesso: lo stesso faccio io.  Poi vengono fuori cose strane. Per esempio pare che Sweeney Todd, che era violentissimo e parlava di cannibalismo, piaccia tantissimo alle bambine di dieci anni. Io nemmeno pensavo che potessero vederlo. Magari i miei film piacciono al cane di casa, non lo so. Li faccio potenzialmente per tutti.

Nel film c’è anche un suo piccolo cameo…

Sì, la scena della giostra. In realtà dovevo fare delle riprese ex novo e non avevo nessuno da mandarci, quindi ci sono salito io con alcuni amici. Ma non mi piace vedermi in video, lo avrei evitato volentieri.

Che tipo di storie vuole raccontare adesso?

Sono sempre dalla parte delle favole, della poesia, della storia di mostri. Queste sono le cose che mi interessano.

Come si fa a coinvolgere i ragazzi di oggi?

Come dicevamo prima, le cose sono cambiate. Hanno mille input, fanno una cosa con gli occhi costantemente puntati a un altro device. E giudicano la propria importanza sulla base di quanti like prendono su facebook. Giudico la cosa abbastanza triste e allarmante. Chiunque oggi può dire o scrivere qualcosa, sono strumenti anche pericolosi che spesso diventano fonte di bullismo, mi disturba molto.

Il suo ultimo film, Big Eyes, parlava di occhi e sguardi. Qui c’è un personaggio che proietta i sogni attraverso un monocolo, e i cattivi si cibano degli occhi dei bambini. Ha un interesse particolare per questo tema?

Il cinema è sguardo, e anche mistero. Per questo scelgo sempre attori che siano espressivi come i divi del muto. Eva Green ha questa caratteristica, mi piace la sua presenza, sa comunicare anche senza parlare. E tutto il resto lo lasciano immaginare e percepire.

Prima di salutarci, parliamo del futuro. Si vocifera che lei stia preparando un Dumbo live-action per la Disney, ma in molti attendono ancora Beetlejuice goes Hawaiian

Lei prima ha nominato Superman. E’ uno dei due progetti di cui ho parlato troppo presto, e che non si sono concretizzati. Che grande film sarebbe stato, lo avreste amato. Comunque da allora ho imparato a non parlare troppo finché non sono praticamente sul set. Posso dirle che a Beetlejuice ci tengo tanto, è un personaggio particolare e non so nemmeno io perché abbia avuto così tanto successo, quindi le cose vanno fatte in un certo modo. Vedremo. 

Andrea Guglielmino
06 Dicembre 2016

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