Sandro Veronesi e Francesco Piccolo, autori tra la pagina e lo schermo

I due scrittori hanno parlato del rapporto tra letteratura e cinema nell’incontro dal titolo Stregati dal grande schermo, in occasione della presentazione, alla Festa del Cinema, del film Il colibrì,


Il cinema e la letteratura, una storia d’amore iniziata con l’invenzione stessa della settima arte e mai finita. Lo sanno bene due degli scrittori italiani contemporanei più importanti Sandro Veronesi e Francesco Piccolo (tre premi Strega in due), che con il cinema hanno avuto due rapporti a dir poco antitetici. Ne hanno parlato oggi alla Festa della Cinema in un incontro dal titolo Stregati dal grande schermo, a latere della presentazione, avvenuta ieri, de Il colibrì, film tratto dal romanzo del primo ma co-sceneggiato dal secondo, insieme alla regista Francesca Archibugi e a Laura Paolucci.

II due autori sono partiti dalle proprie esperienze personali per arrivare a delineare un quadro ampio e complesso del dualismo tra scrittore e sceneggiatore, in continuo equilibrio tra la sobrietà artistica della letteratura e la tentazione glitterata del cinema. Francesco Piccolo è stato capace di affiancare alla scrittura di romanzi e racconti una prolifica attività di sceneggiatura, specializzandosi principalmente proprio negli adattamenti di opere letterarie (non le sue), tra cui quelli delle opere di Sandro Veronesi, che invece ha rifiutato di prestarsi direttamente al mondo del cinema.

“Le mie sceneggiature sono state dei tentativi che mi hanno fatto rendere conto che non potevo fare lo sceneggiatore con mestiere e con profitto. – spiega Veronesi – Mi sembrava sempre di stare a ruota, di non piazzare mai il colpo, se ci provavo mi dicevano sempre che ero troppo lento, troppo intellettuale. Ho capito che non ero capace. Cioè è una cosa che s’impara, come ha fatto Francesco. Ma io non mi sono mai applicato: è difficile, non basta essere un bravo scrittore per essere anche un bravo sceneggiatore. Qualcuno può anche tentarti, con me lo hanno fatto per Gli sfiorati, offrendomi anche la regia. Una grande tentazione quando te la fa un produttore. Ma io dicevo sempre di no e, quando addirittura sono andato via da Roma, per fortuna hanno smesso di chiedere”.

La ragione che ha portato Veronesi ad abbondonare l’idea di diventare uno sceneggiatore poggia però in un “trauma familiare” legato alla scrittura del film del fratello Giovanni Maramao, tratto da un suo romanzo. “Ero esasperato dal fatto che non gli andasse bene niente di questo romanzo, che pure era stato molto apprezzato, voleva cambiare tutto. Il problema è che tre volte su quattro aveva ragione lui. Contrattavamo su tutto e finivamo a litigare. A un certo punto gli tirai un casco integrale addosso, lui lo scansò e restò una tacca sul muro dietro. Da lì ho detto: fermi tutti”.

Totalmente diverso l’approccio di Piccolo: “Spesso quando scrivi libri ti vengono a chiedere di scrivere sceneggiature, ma sono due cose diverse. E il motivo principale è che quando fai lo sceneggiatore scrivi insieme ad altri, mentre lo scrittore lo fa da solo. Io pensavo che la creatività fosse come una bottiglia d’acqua: si consuma e se la usi per un romanzo non ti basta poi per il resto. Invece non è così, queste cose si alimentano a vicensa. E dal primo giorno che abbiamo iniziato a lavorare con queste scalette a me è sembrata una cosa fighissima. Ho fatto tre film insieme e di colpo sono diventato uno sceneggiatore. E quanto tornavo a scrivere per me ero eccitato, non consumato, perché è mestiere in cui si impara moltissimo. Dopo essere entrato nel mondo della sceneggiatura, ho iniziato a scrivere libri più azzardati, più personali. Ero libero dai personaggi, dalle questioni narrative, i finali, le strutture. Ho capito che il cinema mi aveva liberato”.

Per concludere, i due autori hanno parlato del difficile adattamento de Il colibrì: “C’erano due strade davanti a noi – racconta Piccolo – renderlo più semplice, fruibile e popolare, in fondo si parla di riduzione cinematografica; o provare a restituire la complessità del romanzo. Volevamo che chi avesse letto il romanzo, vedendo il film potesse in qualche modo riconoscerlo, e viceversa. Abbiamo deciso di non arretrare davanti alla complessità. Ovviamente abbiamo smosso molto il libro, abbiamo fatto delle scelte”. Scelte che, fortunatamente, non sono dispiaciute all’autore originale, che, in questo come in tutti i casi precedenti, non è stato costretto a brandire caschi per difendere l’onore tradito dei propri romanzi.

14 Ottobre 2022

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