Liliana Cavani: dopo lo stalking racconto la fede


La Rai vorrebbe presto averlo nel proprio palinsesto, ma in seconda serata, il documentario che Liliana Cavani ha girato su un gruppo di suore clarisse di Santa Chiara di Urbino. Prodotto sempre dalla Ciao ragazzi di Claudia Mori e presentato lo scorso febbraio all’Auditorium Conciliazione nell’ambito della tavola rotonda “Gesù e le donne”, il documentario parla della vita in convento, della vocazione di queste religiose e anche del loro rapporto con il clero maschile.
Nel frattempo la regista, ospite a Bari tra l’altro del Bif&st per il Premio Fellini 8½ e per una master class su Il portiere di notte, firma Troppo amore, il film tv in onda il 27 marzo su RaiUno, con Antonia Liskova e Massimo Poggio, che indaga il fenomeno dello stalking, “l’amore del persecutore, cioè del partner che una volta conquistata una donna la considera propria, un oggetto suo come se l’avesse comprata. Ne controlla la mente e i movimenti”, spiega la regista.

I dati più recenti ci dicono che circa il 10% degli omicidi dolosi sono preceduti da atti di stalking, nel 55% il persecutore è un ex, coniuge o innamorato, nel 25% è un condomino e nel 15% un collega di lavoro. Troppo amore fa parte della collana Mai per amore, dal titolo dall’omonimo brano scritto e cantato da Gianna Nannini, una coproduzione Rai Fiction e Ciao ragazzi che propone altri tre film tv con al centro la violenza sulle donne. Il 3 aprile Ragazze in web (Carolina Crescentini e Francesca Inaudi) sulla violenza e i pericoli della rete, il 17 aprile Helena e Glory (Barbora Bobulova e Thomas Trabacchi) sulle donne vittime del racket della prostituzione, entrambi firmati da Marco Pontecorvo; il 10 aprile La fuga di Teresa (Stefania Rocca e Alessio Boni) di Margarethe von Trotta sulla violenza domestica anche di tipo psicologico.
All’origine la collana Mai per amore, pronta a settembre, era programmata per novembre, poi è via via slittata. Nessuna censura precisa il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce, solo un problema di palinsisesto che prevede 130 serate di fiction da distribuire nell’anno. E Del Noce, ricordando che il progetto nasce una sua proposta, smentisce anche tagli avvenuti sui film che vanno in onda in prime time su una rete generalista e “familiare”come RaiUno. Vero è invece che all’origine la collana doveva essere di sei titoli. “Il direttore di RaiUno Mauro Mazza ha ritenuto che due titoli, uno sulla pedofilia e qui concordo, e l’altro sulla tratta delle prostitute nigeriane – afferma Claudia Mori – non erano opportuni per il pubblico di questa rete Rai”.
Comunque si comincia con il film della Cavani (martedì pomeriggio a Montecitorio proiezione anche per i parlamentari) che offre la possibilità alla donna vittima o a rischio, come sottolinea l’interprete Antonia Liskova, di vedersi da fuori e di riconoscersi, smascherando il rapporto malato.

Liliana Cavani come si è documentata?
Ho parlato con molti centri antiviolenza e conosco un caso da vicino, che mi fa anche impressione perché gli accadimenti e le modalità sono sempre gli stessi.

Prima delle immagini parlano da sole le cifre.
In Italia, e sono in aumento, ci sono 120 uccisioni di donne l’anno, per non parlare dei tanti casi di percosse e solo il 10 per cento viene denunciato come riferiscono i carabinieri. Perché la donna è convinta di poter migliorare il marito, non vuole guastare la famiglia, ci sono i figli, senza rendersi conto che un padre che picchia la moglie è di sicuro un pessimo padre. Le donne spesso si vergognano di raccontare la violenza subita perfino alle amiche, si sentono in colpa.

Perché accade tutto questo?
C’ è un problema di cultura. La donna crede che l’uomo che le sta addosso, che la picchia in fondo l’ami troppo ed è persuasa di migliorarlo, di cambiarlo. Ci prova, e s’accorge spesso troppo tardi che non è possibile. E’ un problema di cultura così saldo, antico che la donna sia un possesso dell’uomo. Pensiamo al nono comandamento: “Non desiderare la donna d’altri” e subito dopo viene il decimo “Non desiderare la roba d’altri”. La donna fa parte della categoria delle cose d’avere. L’uomo ce l’ha e può farne quello che vuole.

Le femministe gridavano negli ’70 “Io sono mia”.
Sembrava una bella battuta ma era vera, perché parla di un diritto. Siamo talmente al di sotto dei diritti costituzionali ma le donne purtroppo non lo sanno. Non s’accorgono di essere in mano a squilibrati, per cattiva educazione. L’uomo cresce con questa idea di prendere, non a caso si dice “prendere moglie”. La prende appunto ed è solo sua.

E’ un fenomeno che attraversa le classi?
Sì e con una frequenza nel mondo borghese, dove si suppone ci dovrebbe essere una maggiore cultura, a questo punto il problema è di competenza della psichiatria, di un analista. Perché il persecutore è una persona disturbata, ma siccome chiede sempre perdono, la donna perdona anche perché i parenti di lui dicono “non vorrai rovinare la famiglia”. Insomma c’è sempre di mezzo questo appello, così la famiglia finisce per poggiare sui peggiori pilastri.

Chi è la giovane Livia che s’innamora di un professore quarantenne bello e affascinante che distruggerà la sua esistenza?
E’ una ragazza che guarda con interesse al mondo, spera di trovare il proprio posto con una certa sicurezza di se stessa come lo sono molte ragazze d’oggi, una ragazza sincera che se prova un sentimento ci crede e lo vuole portare fino in fondo.

Il primo passo per sconfiggere lo stalking è politico?
Da poco esiste questa legge voluta dalla parlamentare Barbara Pollastrini, conclusa dal ministro Mara Carfagna che considera lo stalking delitto contro la persona e quindi viene sanzionato con una pena che può arrivare fino a 12 anni. Ma essendo un problema antico e importante va affrontato in termini culturali. Bene che il ministero delle Pari Opportunità abbia speso risorse per una campagna sui vari media. Bene che il cinema affronti il tema.

Che cosa richiede l’amore per essere tale?
Cura e maturità, altrimenti è un’altra cosa. E può diventare persecuzione. Anticamente erano gli dei che volevano possedere le donne, ma siamo nel mito, e le divinità donavano almeno l’immortalità.

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