Jane Campion e le quote rosa

E' l'unica regista donna al mondo ad aver vinto due Palme d'Oro al Festival di Cannes (per il corto Peel e per Lezioni di piano). E questa volta l'hanno chiamata a decidere chi avrà la Palma


CANNES – E’ l’unica regista donna al mondo ad aver vinto due Palme d’Oro al Festival di Cannes (nel 1986 per il corto An Exercise in Discipline – Peel), nel 1993 con l’ormai leggendario Lezioni di piano. E questa volta l’hanno chiamata a decidere chi avrà la Palma, forse anche per mettere fine alle polemiche che da un paio d’anni a questa parte vengono sollevate da più parti per la scarsa o nulla presenza di donne in quest’Olimpo del cinema mondiale, Così quando la giuria di Jane Campion si presenta ai giornalisti colpisce immediatamente per l’assoluta parità di genere: quattro donne (l’attrice iraniana Leila Hatami, la regista americana Sofia Coppola, l’attrice coreana Do-Yeon Jeon (premiata qui a Cannes per Secret Sunshine), l’attrice francese Carole Bouquet) e quattro uomini (il regista danese Nicolas Winding Refn, l’attore, regista e produttore messicano Gael Garcia Bernal, l’attore Usa Willem Dafoe e il regista cinese Jia Zhangke). Più lei, a portare oltre il 50% la quota rosa. La regista, sceneggiatrice e produttrice neozelandese scherza sull’argomento: “Scusate, uomini, ma finora non abbiamo avuto un’equa rappresentanza, perché un certo sessismo di fondo non si può negare”. Le percentuali mondiali parlano di un misero 7% di registe e chissà che il concorso di quest’anno non faccia emergere un nuovo talento femminile, magari la nostra Alice Rohrwacher o la giapponese Naomi Kawase. 

Lei, Jane Campion, afferma di cercare soprattutto una nuova visione. “Chi ama il cinema spera sempre di essere sorpreso, eccitato da ogni nuova opera”. Nicolas Winding Refn ammette che è ansioso di vedere anche l’opera prima da regista del “suo” attore Ryan Gosling, Lost River, benché non sia in concorso ma in Un Certain Regard: “Non l’ho ancora visto, ma sono sicuro che sarà un film straordinario”, dice il regista di Drive e Solo Dio Perdona. Durante il festival la giuria si incontrerà tre volte per discutere, mentre non ci sono regole per la visione, “ognuno è libero e responsabile”, scherza Jane, lunghi capelli bianchi portati con nonchalanche. “Veniamo tutti da paesi differenti, e questo garantisce il massimo dell’apertura mentale possibile”. Willem Dafoe, il Pasolini di Abel Ferrara, dà per scontato che “già per il fatto di essere qui a Cannes ogni film sarà di assoluto livello”. E aggiunge: “Mi aspetto tutti bei film, ognuno con la propria identità ma che in qualche modo rispondano ad un criterio di selezione organico”. E la differenza tra essere presenti ad un Festival come registi o attori ed esserci in qualità di giurati? Per Gael Garcia Bernal: “Essere giurato è una cosa seria, un gioco terribilmente serio… La differenza rispetto alle altre volte è che non potremo rilasciare interviste durante il Festival, ma solo vedere film, e questa è una liberazione”. Mentre Campion spiega che hanno già deciso di non leggere le critiche sui giornali, “come se fossimo in vacanza”. Cercheranno giovani autori o punteranno sui tanti veterani presenti nella selezione ufficiale?”L’età è un aspetto molto marginale, quello che importa è la passione, l’emozione e, lo ripeto, la visione”, puntualizza ancora l’autrice neozelandese, che l’ultima volta è stata qui in competizione nel 2009 con Bright Star. Anche Sofia Coppola conferma: “Non badiamo all’età dei filmaker”. E Winding Refn: “Ognuno di noi ha le sue opinioni politiche, sociali e… sessuali”. Per Leila Hatami: “Ciò che conta è l’arte, indipendentemente dalla politica. Anche se in Iran c’è la tendenza a fare film che parlano della società, a politicizzare. Ma secondo me si può parlare dell’uomo e della sua storia nel presente anche attraverso altre cose”.

14 Maggio 2014

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