Il restauro di ‘Sciuscià’ a Cannes Classics

la Cineteca di Bologna, in collaborazione con The Film Foundation di Martin Scorsese, porta alla 75ª edizione del Festival di Cannes, il capolavoro di Vittorio De Sica


Un restauro da Oscar sbarca alla Croisette: la Cineteca di Bologna, in collaborazione con The Film Foundation di Martin Scorsese, porta alla 75ª edizione del Festival di Cannes, in programma dal 17 al 28 maggio, nell’ambito della sezione Cannes Classics (clicca qui per il programma completo) il restauro di Sciuscià, capolavoro neorealista diretto nel 1946 da Vittorio De Sica, e primo film nella storia dell’Academy a vincere, nel 1947, il Premio Oscar al miglior film straniero (all’epoca denominato ‘Premio onorario’).

Nuovo capitolo di un lavoro pluriennale che la Cineteca di Bologna sta svolgendo sull’opera di Vittorio De Sica (Ladri di biciclette, Miracolo a Milano e Matrimonio all’italiana, tutti presentati negli anni al Festival di Cannes, e Umberto D. presentato invece alla Mostra del Cinema di Venezia), il restauro di Sciuscià è realizzato da The Film Foundation e Fondazione Cineteca di Bologna, in collaborazione con Orium S.A., presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata, con il sostegno di Hobson/Lucas Family Foundation.

“Questa storia di ragazzi abbandonati che si danno alla delinquenza e di amicizia bruciata è il film che fonda storicamente il Neorealismo, insieme a Ossessione e Roma città aperta”, scrisse il grande critico francese Jacques Lourcelles. “Sul piano drammatico il racconto presenta una serie di false colpevolezze concatenate l’una all’altra, e mira a disegnare il più concretamente possibile la vera responsabile di questi tragici malintesi: la miseria”.

La realtà difficile del momento veniva così descritta da Vittorio De Sica: “Erano i giorni che sapete e ne avevo già visto abbastanza per sentirmi profondamente turbato, sconvolto; le donne che andavano in camionetta con i soldati, gli uomini e i ragazzini che si buttavano in terra per afferrare le sigarette o le caramelle. Erano loro a darmi il senso, la misura della distruzione morale del Paese: gli sciuscià. Ne conobbi due: Scimmietta e Cappellone. Scimmietta dormiva in un ascensore di via Lombardia, ma aveva una nonna cui voleva molto bene; fu questo calore famigliare a salvarlo. Cappellone invece era figlio di nessuno, totalmente solo nel mondo con la sua grossa testa deforme di rachitico; più tardi rubò, finì in carcere. Allora erano due ragazzetti di dodici anni o tredici anni e componevano una sorta di bizzarra associazione. Lavoravano in via Veneto (Scimmietta con una mantellina addosso e nudo sotto tranne un paio di calzoncini laceri), pulivano le scarpe in fretta e furia e poi, racimolate tre o quattrocento lire, correvano su a Villa Borghese, ad affittare un cavallo. Più tardi, nella stesura del soggetto, Zavattini portò il personaggio del cavallo a una compiutezza poetica; ma nel fondo restavano le reali, stravaganti cavalcate di Scimmietta e Cappellone”.

I due ragazzini furono interpretati da Franco Interlenghi, qui all’esordio di una lunga carriera d’attore, e Rinaldo Smodroni: “Si affacciò il problema degli interpreti. Attori o non attori? Vorrei dichiarare a questo punto – è sempre De Sica – che in me la scelta dei cosiddetti attori presi dalla strada non è mai preordinata, non è la conseguenza di un atteggiamento rigido”.

Sempre a Cannes Classics, questa volta in collaborazione con World Cinema Poject, ovvero il progetto speciale di The Film Foundation di Martin Scorsese per il recupero della cinematografia dimenticata dei Paesi africani, asiatici e sudamericani, la Cineteca di Bologna presenta il film Thamp̄, diretto nel 1978 dal regista indiano Aravindan Govindan

02 Maggio 2022

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