First Man: padre, marito e astronauta

C’era grande attesa al Lido per il film d’apertura, First Man di Damien Chazelle, che due anni fa scelse proprio la Mostra per l’esordio dello stratosferico successo La La Land


VENEZIA – C’era grande attesa al Lido per il film d’apertura, First Man di Damien Chazelle, che due anni fa scelse proprio la Mostra per l’esordio dello stratosferico successo La La Land. Ci si aspettava un film diverso, e già il soggetto – la storia di Neil Armstrong, il primo uomo a sbarcare sulla Luna – lasciava presagire un approccio più maturo. Tecnicamente impeccabile, non mira a sorprendere né a emozionare particolarmente. Anzi, forse gioca proprio sulla ‘freddezza’ che è parallela a quella del suo protagonista, che è descritto proprio come un uomo che fatica ad esternare i propri sentimenti.  Chazelle definisce l’opera non un biopic ma un documentario familiare, e cerca di mettere l’uomo, il marito e il padre davanti all’icona dell’astronauta che poggia il piede per la prima volta sulla superficie lunare. Una delle scene più intense, in questo senso, è quando la moglie Janet – interpretata dalla star di The Crown Claire Foy –  costringe Neil a parlare con i suoi figli e a spiegar loro che da quella missione nello spazio potrebbe non tornare vivo – e per la prima volta non è stato scritto dal regista.

Lo sceneggiatore è infatti Josh Singer, presente in conferenza stampa: “Tutte le altre volte – dice Chazelle – parlavo di esperienze personali. Ma non sono stato mai sulla Luna. Nessuno di noi ci è stato. E nemmeno sono stato padre negli anni ’60. Quindi i dettagli di questa vicenda non mi erano familiari. Ho dovuto trovare i ganci per creare una relazione”. Fortunatamente, la lavorazione ha goduto della collaborazione delle persone che hanno conosciuto realmente Armostrong: “i suoi figli e la moglie, la NASA, i libri, tutti quelli che lo hanno conosciuto. Ci hanno aiutato a realizzare questo film. Ho avuto tantissime fonti cui ispirarmi”, rivela Ryan Gosling, al suo secondo lavoro con il regista dopo il drama-musical del 2016: “Chazelle ha un istinto molto forte per quello che il pubblico vuole vedere – dice – Con il cinema vuole unire le persone e trasferire il suo amore al pubblico”.

“Non penso ad Armstrong come a un eroe – commenta ancora Gosling – lui almeno non pensava di esserlo. Era umile, molti astronauti lo sono. Si sentiva l’ingranaggio di una macchina molto più grande. Un vecchio adagio recita ‘impara a guidare prima di volare’ e per gli astronauti, a maggior ragione, è vero. Sono persone straordinarie che si infilano in macchine che non hanno mai pilotato e lo fanno solo per la crescita dell’aeronautica. Questo mi ha fatto capire perché Armstrong è diventato un astronauta e io no, ma ho voluto raccontare anche questo, sugli astronauti, che sono una categoria a parte”. Fondamentale trasmettere i rischi del loro mestiere secondo Jason Clarke, nei panni di un amico astronauta di Armstrong: “Damien ha creato capsule molto realistiche dove dovevamo infilarci con addosso tute molto pesanti. Abbiamo lavorato in una costante sensazione di claustrofobia”. ”Volevamo onorare il modo in cui i figli avrebbero visto il padre e la madre – ha detto Foy –  non l’astronauta e la compagna ma due genitori. Il nostro compito era restituire la loro emozione. E i veri figli di Armstrong sono stati generosi, ci hanno affidato la loro storia mettendola nelle nostre mani senza alcuna gelosia. Ci hanno raccontato chi li metteva a letto, chi gli raccontava le favole e chi era il poliziotto buono e chi quello cattivo tra papà e mamma”.

Difficile per il regista la sfida di costruire un contesto credibile non essendo presente negli anni ’60: “La mia generazione ha vissuto lo spazio come qualcosa che già esisteva, è un immaginario recente, che negli anni della corsa alla conquista del cosmo le persone non potevano avere. Dovevo cercare di pensare come loro, a un vuoto nero dove cerchi qualcosa dove poterti aggrappare, una direzione. Una situazione che fa paura e così volevo renderla”. Pur essendosi allontanato dal tema musicale (non solo La La Land, ma anche Whiplash metteva le note al centro della scena) l’aspetto sonoro del film resta comunque uno dei più curati: “Abbiamo avuto a disposizione un team straordinario – dice ancora il regista – che ha indossato il vero casco e la vera tuta di Armstrong. Abbiamo creato così i respiri originali. Senza dover simulare nulla”. Tra i finanziatori del film, un nome di rilevo, quello di Steven Spielberg: “Sono cresciuto con i suoi film. Mi ha dato consigli preziosi”.

L’uscita del film è prevista il 31 ottobre in Italia con Universal.

29 Agosto 2018

Venezia 75

Venezia 75

L’esercizio spiega il suo no alle uscite simultanee

Anec, Anem, Fice e Acec ribadiscono l’urgenza di stabilire, senza preclusioni, procedure di consultazione all’interno di tutta la filiera industriale e con Anica, APT, MiBAC e Regioni

Venezia 75

Genovese: ‘A un film serve la sala, ma ringrazio Netflix’

Il regista di Perfetti Sconosciuti, giurato a Venezia 75, rilascia un'intervista a 'La Repubblica', specificando che "il film vincitore passerà anche al cinema", in merito alla protesta delle associazioni di categoria circa l'assegnazione del Leone d'oro a Roma di Cuaron, prodotto da Netflix

Venezia 75

Nazzaro: “L’assenza delle donne è un problema del cinema americano”

Terzo anno per il delegato generale della Settimana Internazionale della Critica, Giona A. Nazzaro, a cui abbiamo chiesto un bilancio di questa edizione. Tra protagonismo femminile sommerso e media poco attenti al cinema non mainstream. "Sic@Sic dà delle possibilità a giovani autori in tempo reale e spesso sono donne"

Venezia 75

Le Monde: “La rivincita di Netflix”

Definendo il film del messicano Alfonso Cuaron, vincitore del Leone d'oro, "molto bello", il quotidiano francese ricorda che un tale riconoscimento "farà storia"


Ultimi aggiornamenti