‘Falling into place’, Aylin Tezel: “Un film sugli incontri che cambiano la vita”

L'esordio alla regia dell'attrice tedesca presentato in anteprima alla quarta edizione del Festival del cinema tedesco


Kira Ian si incontrano in Scozia, sull’isola di Skye. Basta uno sguardo e la curiosità diventa desiderio, presto amore. Come in Before sunrise, i due si vivono così, come ha voluto per loro il destino, solo 36 ore e poi addio. Tornati a Londra riprendono le proprie vite, ma quell’incontro, tra un ballo notturno e una riflessione sull’esistenza, è ancora lì con loro, e potrebbe averli cambiati per sempre. Così, al suo debutto alla regia, Aylin Tezel esce apparentemente dallo schema del racconto romantico costruito sull’attesa di un dolce ritrovo, e in Falling into place segue parallelamente i due personaggi, raccontando prima di tutto l’assenza di amore per loro stessi. Presentato in anteprima al Filmfest di Amburgo, il film ha aperto ieri sera il Festival del cinema tedesco alla presenza della regista e protagonista del film, di Hans-Dieter Lucas, Ambasciatore della Repubblica di Germania in Italia, Joachim Bernauer, Direttore del Goethe-Institut di Roma e Simone Baumann, direttrice generale di German Films. Per la sua regista e attrice Aylin Tezel, 40 anni, volto noto del cinema e della tv tedesca, alcuni incontri cambiano la vita, mostrandoci che, come suggerisce il titolo, “alla fine tutte le cose vanno al loro posto”. Ne abbiamo parlato con lei in occasione della proiezione al Cinema Quattro Fontane di Roma, dove fino al 17 marzo avrà luogo la quarta edizione del Festival del cinema tedesco.

 La storia di Ian e Kira è al centro degli eventi e attraverso questi personaggi affrontiamo molti temi e diverse tipologie di i rapporti, ma non è solo un film d’amore, giusto?

Sì, non è solo un film d’amore in senso classico. È la storia di due persone che si incontrano e hanno un legame molto speciale. Due anime perdute che non trovano amore prima di tutto per loro stesse, perciò sono alla ricerca. Ci sono poi altre forme di amore, tra genitori e figli, tra fratelli, tra amici. Ogni connessione con gli altri ha un impatto sul modo in cui ci presentiamo al mondo.

All’inizio il film ricorda la genuinità di Before sunrise di Richard Linklater, in cui due sconosciuti si scoprono con una libertà mai sperimentata prima 

Sono d’accordo con te, c’è qualcosa all’inizio della storia che ricorda Before sunset. I protagonisti sono due sconosciuti che sembrano non avere nulla da perdere, ed è per questo che possono incontrarsi in modo molto puro. Ma man mano che la storia si sviluppa, scopriamo i demoni che questi due personaggi combattono ogni giorno, e qui è dove veniamo a sapere che ai due protagonisti manca amor proprio.

Siamo più veri con qualcuno che non conosciamo secondo te?
Sì, penso che ci sia una magia nel sapere che non rivedrai qualcuno. Senti di poter essere te stesso al cento per cento, anche se in un mondo ideale lo dovresti essere sempre. Penso che crescendo a volte ci si senta più insicuri. La bellezza dell’incontro tra Kira e Ian è che mostra come ci si sente se sei te stesso con un’altra persona.

Seguendo le vicende parallele dei due protagonisti, dopo il loro breve primo incontro, sembra di perdere la concezione del tempo, potrebbe essere passato un giorno come un anno. Come hai creato questa sospensione?

La storia si sviluppa più o meno nel corso di un anno, ma per me appunto non era importante che il pubblico capisse davvero quanto tempo sta passando. A volte passa potrebbe sembrare un giorno solo e poi potrebbero essere passati alcuni mesi, ma in realtà quello che volevamo raccontare con la storia sono due anime che si sono incontrate e che forse non si rivedranno mai più, eppure hanno avuto un tale impatto l’uno sull’altro che non si dimenticheranno dell’altra persona. Volevo che il pubblico sperasse che si incontrassero ancora. Dopo che hanno trascorso quelle 36 ore insieme sull’Isola di Skye, si separano e li seguiamo in ciascuna delle loro vite a Londra. Sappiamo che vivono nella stessa città, ma non sappiamo quando e come si incontreranno.

Il destino gioca un ruolo importante quindi

Sì, soprattutto alla fine. Per me è tutto nel titolo del film, Falling into place, che significa che le cose andranno al loro posto. Questo per me il messaggio del film, qualunque cosa tu faccia, qualunque decisione tu prenda, per la tua tua strada arriverai dove dovevi arrivare.

Nel film si dice che siamo in questo mondo per aiutarci a distrarci dalla paura di morire. Si parla molto anche di arte in questa vicenda, credi che il cinema serva a distrarci dalla paura?

È vero lo dicono all’inizio, ma non credo sia così per me, i film mi servono a ricordare cosa significa essere umano. Quando guardo un film, i ricordi affiorano e ho la possibilità di osservare la vita di persone molto diverse da me. Ma poi mi viene in mente che alla fine siamo tutti esseri umani e attraversiamo tutti lo stesso dolore, qualunque cosa facciamo in il mondo, alla fine siamo tutti una stessa cosa.

Anche per questo hai deciso di debuttare alla regia recitando nel tuo primo film, per raccontare questa tua visione?

Quando recito posso provare vite diverse ed è ogni volta una grande avventura, ma penso che quello che posso fare come regista è condividere con il pubblico qualcosa di personale, che mi sta a cuore. Direi che questo è il motivo per cui ho sia diretto che recitato nel film. È un ruolo fantastico, costruito strada facendo, mi ha solo aiutato, immagino, a incarnare di più di ciò che volevo dire con questo film.

Foto di Francesco Cicconi

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