Cristina Comencini: “Sognando Clara Schumann”

Abbiamo intervistato la regista a New York, dove è ospite della rassegna Open Roads, e ci ha parlato dei suoi prossimi progetti: la versione cinema del suo testo La scena e un film sulla musicista


NEW YORK – E’ stata la capofila della ampia delegazione italiana invitata al festival Open Roads di New York, e ha tenuto a battesimo questa quindicesima edizione partecipando alla serata inaugurale con il suo Latin Lover, scelto come film d’apertura. Ma per Cristina Comencini non è una prima volta, nella Grande Mela e negli States, dopo la nomination del 2006 per La bestia nel cuore e una possibilità più recente non sfruttata di lavorare oltreoceano. Con lei approfondiamo quel momento della sua storia professionale e i suoi prossimi sogni e progetti…

Un buon inizio e un bilancio che sembra decisamente positivo.
 
L’apertura è stata davvero molto bella, il pubblico ha seguito il film sin dall’inizio, capendolo. Sembra sia piaciuto molto. Abbiamo avuto anche una segnalazione decisamente positiva sul New York Times. Inoltre è stata una bella esperienza anche per i contatti avuti con la città e gli americani, ma anche con il gruppo italiano degli ospiti, che ho approfittato per conoscere meglio, soprattutto Duccio Chiarini. Mancavo da qui dal 2006, quando ero venuta per l’Oscar e mi ha fatto piacere fare una rimpatriata.

E’ venuta spesso negli Stati Uniti in passato?
Sì, ma per motivi miei. Per l’Oscar andammo a New York e Los Angeles, ma fu un periodo intenso. Da allora poi non era più capitato.

Alcuni dei film presentati saranno distribuiti negli States, vi aspettate qualcosa del genere dopo questa presentazione?
Non so; credo che la cosa importante sia che lo screening sia andato bene e poi con l’articolo del ‘New York Times’ non è escluso che possa nascerne qualcosa di più, a livello distributivo. Non succede a tutti i film, è importante. Di certo non potevo chiedere di più.

Cosa la aspetta in Italia?
Mia sorella Francesca vorrebbe fare un film dal suo romanzo, Amori che non sanno stare al mondo, ma dopo aver girato le due puntate della nuova serie di Gomorra. Io invece girerò a ottobre una commedia tratta da La scena che ho fatto a teatro con Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti che ha avuto un successo pazzesco in tutti i teatri italiani. Riccardo Tozzi ne ha comprato i diritti e lo farò con Paola Cortellesi e Micaela Ramazzotti, e un ragazzo giovanissimo che stiamo cercando. Dovremmo girare a Milano, e a Roma per i teatri.

Vedendo Latin Lover in molti hanno pensato ad Almodovar, può aver aiutato?
Mi piace molto, ma credo che la componente iberica abbia contato parecchio, tanto che il film adesso esce anche lì. Gli attori spagnoli del film sono delle vere star nazionali, devono aver influenzato il giudizio, per quanto la storia sia diversa da quelle che faccio di solito.

Riso, patate e cozze, orecchiette, purea di fave… tortilla? Ancora Spagna, e ancora una definizione difficile da dare del nostro eroe, e dei suoi gusti. Qual è insomma il piatto preferito del protagonista?
Come sempre nelle mitologie ognuno racconta la propria esperienza, ma in realtà non si sa. Forse la zuppa di pesce che dice Lluís Homar, lo stunt. Quando ci sono le biografie, ci sono sempre gli intenditori che pensano di conoscere ogni dettaglio della vita di qualcuno. Ma le personalità cosi sono imprendibili, come nella vita. Anche attraverso il cibo ognuno lo vedeva a modo suo, con i propri occhi, dal punto di vista culinario.

Qualcuno nel pubblico è sembrato sconcertato proprio dal mancato coming out dello stunt…
Ma il protagonista del film ha avuto un solo uomo, evidentemente non ne poteva più di donne. Un po’ mi piaceva raccontare questo tipo di omosessualità forse, ma anche il cameratismo che c’è tra maschi – come anche tra donne – in cui l’altro non riesce a entrare. Quello che ha permesso solo al compagno di mille avventure di riconoscere la parte più tenera della sua essenza. Anche perché le donne lo avevano mitizzato, e così facendo l’essere rimane sconosciuto. Avrei potuto farlo all’inverso, come in Quando la notte, nel quale avevo trattato il rapporto tra i maschi e la madre, ma avrebbe avuto meno caratteristiche, sicuramente meno ironiche. Quello tra madri e figli è un rapporto piu complicato e drammatico. L’uomo tende a colpevolizzarsi, sarebbe stato più angoscioso.

Siamo in fondo su dinamiche universali, che vanno oltre la tradizione italiana.
Totalmente. E poi stanno anche cambiando. Ora certe storie si possono raccontare con più dettagli e conoscenze e dunque anche con ironia. Sdrammatizzandole e giocandoci sopra, pur con una profondità complicata. In fondo, come dice la protagonista nel film: nessuno ha una vita decente.

Ha citato i film italiani in concorso a Cannes parlando di libertà, sono i soli ormai a potersela permettere?
Premesso che se ne può amare uno o nessuno, la grandezza di Moretti, Sorrentino e Garrone è quella di fare un cinema personale e grande. Sulla libertà nel Sistema Italia sarebbe da fare un discorso a parte, che consideri l’industria e la distribuzione. Anche nel nostro passato abbiamo sempre pensato che i grandi autori di una volta fossero come dei mostri sacri, sempre impegnati, invece quando poi vai a rifarli – come ho fatto io, citandone i film nel mio Latin Lover – capisci che anche loro ci provavano, e con risultati di una varietà estrema. Non avevano la paura che abbiamo noi…

Paure che vengono dal mercato? Da una sorta di autocondizionamento?
Credo si sia passati da un eccesso all’altro. Prima il pensare al pubblico era sempre considerato moralmente ingiusto. Il risultato è stato un cinema che per anni si è separato dagli spettatori. Adesso invece ci si pensa troppo. Credo che – compatibilmente con il fatto che è davvero complicato fare un film – a volte siamo noi stessi a frenarci. Il pensiero si frena. Per questo mi hanno divertito i film di Garrone e Sorrentino, sono fantasiosi. Dobbiamo arricchire le possibilità del racconto, e di quello che siamo. Che ognuno sia quello che è!

Negli Usa è più facile? In passato ha ‘rischiato’ di lavorare da questa parte dell’Oceano?
Ci sono andata molto molto vicina. Quando sono venuta per la nomination all’Oscar, sono entrata nella CAA (Creative Artists Agency) e mi hanno proposto di fare L’animale morente, che avevano proposto già a Muccino, tratto da Philip Roth. Ero anche andata a incontrare Penelope Cruz e Ben Kinglsey. Stavo per firmare, ma all’ultimo momento non l’ho più fatto. L’ha fatto invece la Coixet, la regista basca. Da un lato non ci ho creduto piu tanto. Bisognava girare molto rapidamente e, venendo dall’Italia, non me l’aspettavo. Pensavo che lavorando negli States ci sarebbe stata una mega produzione e invece non mi sembrava ci fosse questa occasione. E dall’altra non mi sono troppo fidata del progetto. Poi il film l’ha fatto lei nel 2008, Lezioni d’amore. Un film dignitoso. Non è che avrebbe portato la mia carriera chissà dove, però avrei lavorato negli Stati Uniti. E non so se questo è utile o meno, ma adesso per esempio mi piacerebbe.

Al punto da riprovarci?
Io adesso faccio questa commedia, ma ho da tanti anni un progetto, che è Clara Schumann. Un copione scritto con Frederic Raphael, lo sceneggiatore di Kubrick, e Suso Cecchi. Lo devo rimettere a posto, ma è una cosa che mi piacerebbe fare. Quella volta c’eravamo quasi, avevo il contratto a casa. Per quest’altro devo trovare un’attrice inglese o americana. Non ho approfittato di questa occasione per cercarla, anche perché devo finire di lavorare al testo – il progetto era troppo vasto, troppo caro, c’erano i concerti… – però penso che lo farò prima o poi.

11 Giugno 2015

Open Roads 2015

Open Roads 2015

Open Roads: Tu vuo’ fa’ l’americano

Come ogni anno, Open Roads: New Italian Cinema offre al pubblico del Lincoln Center di New York un'ampia rassegna della nostra produzione. E come ogni anno il Festival fondato dal neo direttore della Festa del Cinema di Roma, Antonio Monda, diventa un'interessante occasione per fare il punto sui progetti, in corso e non, dei protagonisti intervenuti. Nel caso di questa edizione: Francesca Archibugi, Duccio Chiarini, Cristina Comencini, Eleonora Danco, Ivano De Matteo, e gli attori Adriano Giannini, Claudio Santamaria e Sara Serraiocco. Li abbiamo visti tutti insieme sul palco del Walter Reade Theater - ospitati dalla Film Society del Lincoln Center, che insieme a Istituto Luce Cinecittà cura le selezioni della kermesse. E ci siamo fatti raccontare da alcuni di loro cosa stanno facendo e cosa vorrebbero fare


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