Insieme a Paola Cortellesi hanno scritto C’è ancora domani, ma naturalmente né Giulia Calenda né Furio Andreotti si aspettavano lo straordinario risultato che il film sta riscuotendo. Tuttavia sul segreto del successo entrambi azzardano delle ipotesi extra-cinematografiche. Secondo Giulia il fatto è che “si tratta di un film che comunica tantissima speranza, che dimostra come tutti abbiamo la possibilità di cambiare la nostra vita e di tirare la testa fuori dall’acqua anche nelle situazioni più disperate. La cosa più bella me l’ha detta una spettatrice: si esce da questo film orgogliose di essere donne”. “E’ un film – fa eco Furio Andreotti – che, per qualche misteriosa ragione, tocca nel profondo, provoca molte autentiche emozioni”.
C’è ancora domani rappresenta l’apoteosi, ma Andreotti e Calenda si erano già segnalati come la più remunerativa coppia di sceneggiatori del cinema italiano recente, come testimoniano gli esiti del dittico de Il gatto in tangenziale e di Corro da te. Ad unirli professionalmente è stata l’intuizione dello studio Antonangeli, “che ha avuto la capacità di capire che ci saremmo piaciuti umanamente, perché in questo lavoro finiscono dentro un sacco di cose della vita privata”, commenta Furio. “Siamo due amici, uniti da interessi comuni, che hanno la fortuna di lavorare insieme divertendosi”, aggiunge Giulia e la cosa non può che evocare il ricordo di celebri sodalizi, non solo professionali, da Age e Scarpelli, a Benvenuti e De Bernardi, anche se gli interessati dichiarano che certi paragoni sono, al momento, azzardati. Quanto alle modalità di lavoro, almeno per ciò che riguarda la commedia, entrambi concordano sull’importanza di lavorare in coppia e per l’invenzione delle battute, si richiamano alle modalità della pallavolo: “è un lavoro di squadra, c’è chi alza la palla e chi schiaccia”.
Eppure Andreotti e Calenda hanno alle spalle storie professionali molto diverse. Lui, cinquantottenne, viene dal teatro. Alla fine degli anni ’90 con Paola Cortellesi, Claudio Santamaria ed altri aveva creato il gruppo La Compagine, ritagliandosi il ruolo di regista. “Ma -puntualizza – non ho alcun desiderio e velleità di passare, come altri colleghi sceneggiatori, dietro la macchina da presa, perché il lavoro di scrittura mi appaga completamente”.
Figlia di Cristina Comencini, Giulia Calenda, invece, il cinema se lo è ritrovato in casa e “il mestiere – racconta – l’ho imparato da mia madre, che, ancora prima che una regista, è una scrittrice e una sceneggiatrice”. Con la madre, Giulia ha collaborato in diverse occasioni: La bestia nel cuore, Bianco e nero, Latin lover, Qualcosa di nuovo, film quest’ultimo che ha segnato anche il suo incontro con Paola Cortellesi. E con la madre, proprio insieme a Furio Andreotti, Giulia Calenda è tornata a lavorare per il film che Cristina Comencini sta girando in questi giorni: Il treno dei bambini, trasposizione del romanzo di Viola Ardone.
Del resto se è la commedia, definita da entrambi il genere in assoluto più difficile e complicato, perché necessita di un dosaggio millimetrico, dove, facendo riferimento ai loro film, ricordano come si possano raccontare con leggerezza anche temi importanti – le distanze sociali, la disabilità, la violenza di genere – Calenda e Andreotti si sono impegnati anche in altri generi: dal drammatico, il film Nata per me di Fabio Mollo, al poliziesco, con la serie Petra con la regia di Maria Sole Tognazzi. “Il bello del lavoro di sceneggiatore – ricorda Andreotti – è proprio quello di poter affrontare temi e generi molto diversi: bisogna possedere delle passioni onnivore e la curiosità di avventurarsi su percorsi e in realtà sconosciute”. “In questo senso – conclude Giulia Calenda – il successo di C’è ancora domani ci ha galvanizzato e incoraggiato ad affrontare nuove sfide. La prossima? Ci piacerebbe cimentarci nel family”.
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