Jerzy Stuhr, regista e attore polacco tra i più popolari, influenti e versatili, che ha lavorato con i maggiori registi connazionali come Andrzej Wajda, Krzysztof Zanussi e Krzysztof Kieślowski, è morto oggi all’età di 77 anni.
L’annuncio della scomparsa è stato dato dal figlio Maciej Stuhr, anche lui attore. Negli ultimi anni Jerzy Stuhr ha lottato con problemi di salute: secondo i media polacchi, ha sofferto di cancro, ha subito un infarto e ha anche avuto un ictus. Maciej Stuhr ha dichiarato che suo padre era stato ricoverato nell’unità di terapia intensiva di un ospedale di Zakopane in gravi condizioni.
Interprete eclettico, dotato di eccelse qualità drammatiche e capace di spaziare al tempo stesso nei diversi ambiti dello spettacolo, anche in ruoli comici, Stuhr ha interpretato i film di Nanni Moretti Il caimano (2006), Habemus Papam (2011) e l’ultimo, Il sol dell’avvenire (2023), nel ruolo dell’ambasciatore polacco.
A partire dal film La cicatrice (1976) iniziò l’importante collaborazione con Kieślowski, per il quale ha interpretato fra gli altri Il cineamatore (1979) e Decalogo 10 (1989).
Nel 1998 era stato insignito del Nastro d’argento europeo dal Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici Italiani e nel 2005, nell’ambito della 62a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, gli era stato consegnato il Premio Robert Bresson della Fondazione Ente dello Spettacolo.
Nato a Cracovia il 18 aprile 1947, Jerzy Stuhr dalla fine degli anni Sessanta alterna l’attività teatrale a quella di docente universitario. Al cinema approda nella prima metà degli anni Settanta e da quel momento interpreta un gran numero di film per la regia di alcuni tra i maggiori registi polacchi tra cui Agnieszka Holland e Krzysztof Zanussi, con cui recita in Da un paese lontano (1981), L’anno del sole quieto (1984), Vita per vita (1991), Persona non grata (2005). Con Andrzej Wajda collabora anche in qualità di assistente alla regia.
Ma il primo a comprendere il talento del giovane Stuhr è Krzysztof Kieślowski: con lui stringe un lungo sodalizio durante il quale gira i capolavori Il cineamatore, Decalogo 10 e Tre colori: film Bianco nel 1994.
“La mia carriera – ricordava Stuhr – è iniziata con Kieślowski, è stato il primo a dirigermi. Ma ero già abbastanza maturo tra teatro e televisione. Kieślowski mi ha insegnato a essere, non a fingere. Sapeva come estrarre le emozioni vere, andando alla radice delle cose. Eravamo amici. Tutti si fidavano di lui, a volte si improvvisava”.
Nel 1994 Stuhr esordisce dietro la macchina da presa con il film Spis cudzolonic. Il suo secondo film, Storie d’amore (1997), ottiene diversi riconoscimenti internazionali ed è presentato in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove riceve il premio Fipresci, il premio la Navicella – Sergio Trasatti, l’Anicaflash e una menzione speciale dalla giuria dell’Ocic. Nel 1999 torna alla Mostra di Venezia con Sette giorni nella vita di un uomo, che gli vale un’altra menzione speciale dell’Ocic (ex-aequo con Diciassette anni di Zhang Yimou).
In Italia, oltre al già citato intenso sodalizio con Nanni Moretti, ha partecipato anche a Io sono con te di Guido Chiesa (2010), L’ultimo papa re di Luca Manfredi (2013), Rimetti a noi i nostri debiti di Antonio Morabito (2018) e Non morirò di fame di Umberto Spinazzola (2023).
È stato Rettore dell’Accademia Ludwik Solski per le arti drammatiche di Cracovia per due mandati: dal 1990 al 1996 e di nuovo dal 2002 al 2008, dove è rimasto anche insegnante di recitazione.
Dopo studi di filologia, Jerzy Stuhr si iscrisse alla Scuola superiore di studi teatrali della sua città e gli esordi della sua carriera sono stati fortunati in teatro.
Diretto dal 1972 dai registi teatrali Konrad Swinarski e Jerzy Jarocki, si impose come interprete dalle sottili qualità drammatiche in Delitto e castigo e I Demoni di Fëdor Dostoevskij per la regia di Wajda.
Parallelamente, Stuhr aveva iniziato una fortunata carriera televisiva di comico e intrattenitore, creando un esilarante cabaret in coppia con Bogusław Sobczuk.
Negli anni Ottanta Stuhr iniziò il suo importante incontro con artisti del teatro e del cinema italiano, tra i quali Adriana Asti e Michele Placido, lavorando al Piccolo di Milano e allo Stabile di Genova.
Come regista, insegnante di teatro e attore, Stuhr in Italia ha messo in scena Il contrabbasso, monologo di Patrick Süskind (1980), Ceneri alle ceneri di Harold Pinter, con regia dell’autore (1997) e I reverendi di Sławomir Mrożec (2001).
(gp)
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