A Giffoni vince il dramma di un’adozione gay negata

Di grande attualità l'americano "Any day now", che racconta la storia di una coppia di omosessuali che decide di prendersi cura di un ragazzino down


Si conclude la 43° edizione del Giffoni Film Festival, con un bilancio positivo rispetto alla selezione dei film presentati, soprattutto quelli scelti per la sezione dei più grandi +18 in cui abbiamo visionato film molto interessanti sul piano stilistico e rispetto alle tematiche. Su tutti spicca l’americano Any day now di Travis Fine, film vincitore della sezione, che racconta la storia, ambientata alla fine degli anni ’70, di una coppia di omosessuali (interpretata dagli straordinari Alan Cumming e Garret Dillahunt) che decide di prendersi cura di un ragazzino down abbandonato a se stesso dalla madre tossicodipendente. La coppia, che si dedica amorevolmente e gratuitamente alle cure di Marco, chiede l’affidamento temporaneo del ragazzino finché la madre non uscirà dalla prigione. L’affidamento verrà però negato dalla corte, in un processo che sfoglia tutto il catalogo possibile di pregiudizi (valido ancora oggi) sulle coppie gay che vogliono diventare genitori, con il risultato che il ragazzo down, totalmente ignorato dalla madre, morirà da solo per strada, dopo aver vagato per tre giorni e tre notti. Un film che ci piacerebbe vedere distribuito in Italia, non solo per la regia mai retorica o moralista, ma per gli interrogativi, i tanti dubbi sull’opportunità dell’affido di bambini a coppie omosessuali, che merita oggi più che mai, nel nostro paese, un dibattito serio e laico.
Nella sezione +16 spiccano La gabbia d’oro di Diego Quemada-Diez e Apache di Thierry de Peretti, entrambi di prossima distribuzione in Italia. Il primo, vincitore della sezione, di produzione ispano-messicana racconta l’ennesimo e drammatico viaggio della speranza che spinge tre adolescenti guatemaltechi a varcare i confini americani, per poi scoprire una realtà molto diversa da quella che avevano sognato. Molto interessante il francese Apache, che non è piaciuto affatto alla giuria, per lo sguardo freddo, distaccato, per i colori e le atmosfere cupe scelte dal regista (che sono a nostro parere la forza del film) per raccontare una storia di violenza realmente accaduta che ha coinvolto un gruppo di ragazzi, rappresentati come un branco selvaggio, fuori da ogni regola sociale, in cui l’uccisione di uno di loro non suscita alcuna emozione, alcun ripensamento, ma li vede impegnati in un ennesimo ballo tecno in discoteca. Il tema della violenza gratuita e del branco senza regole, neanche quella del “valore” dell’appartenenza al gruppo che caratterizza molte gang, è un tema che è ritornato in altri film presentati al festival, in cui i protagonisti sono sia ragazzi che ragazze, per i quali la violenza è usata senza alcuna percezione delle conseguenze sociali, psicologiche oltre che legali. Insomma uno piccolo spaccato sociologico di gioventù europea, tanto reale quanto inquietante.
E ancora la  violenza gratuita, in forma di bullismo, è il tema principale dell’olandese Regret! di Dave Schram in cui il protagonista subisce continue angherie e umiliazioni da parte dei compagni di classe ma viene salvato dal coraggio e dal senso di colpa di un compagno che sin dall’inizio, seppur in silenzio, si dissocia dalla maggioranza. Il film, vincitore della sezione, ha commosso molto il pubblico e la presenza in sala del giovane attore ha dato l’occasione a qualcuno dei giurati di fare outing rispetto alle proprie esperienze. La sezione +10 ha visto, tra gli altri,  la proiezione dell’italiano La storia di Cino del documentarista Carlo Alberto Pinelli. La presenza al festival di film italiani è sempre molto scarsa e questo, pur mostrando alcuni limiti, è un film con una sceneggiatura sobria ma compatta, con una storia interessante ambientata alla fine dell’Ottocento, quando i bambini poveri italiani, in questo caso piemontesi, venivano mandati oltre il confine a lavorare, staccandoli violentemente dalla famiglia e dal contesto in cui fino a quel momento erano cresciuti. I temi del film, in cui non mancano il rapporto tra il bambino, gli uomini e la natura, tra la realtà e una dimensione più spirituale della vita, ci pare alluda molto al presente, ai minori costretti a lasciare la propria terra e spesso le proprie famiglie per venire a vivere in Europa. E il confine viene visto dai bambini nel film non come qualcosa di negativo, ma come un arco di pace, che suona come una speranza. Pur essendo La storia di Cino piaciuto molto ai piccoli giurati, il film vincitore della sezione +10 è l’olandese Mike says goodbye, storia di un bambino che dopo essere guarito da una grave malattia, è alle prese con la sua battaglia più grande: tornare a vivere con la sua mamma, considerata dalla giustizia minorile non in grado di prendersi cura di suo figlio. 

29 Luglio 2013

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