3D, registi giovani e il nuovo Orizzonti, ecco lo spirito del cinema


“Non è solo Orizzonti a reinventarsi e rinnovarsi, ma è tutta la Mostra, questa Mostra edizione n. 67”. A dirlo è il direttore artistico Marco Mueller, che davanti alla platea dell’Hotel Excelsior, gremita come al solito, spiega e svela la fisionomia di questa edizione e del nuovo festival che lui e i suoi collaboratori hanno pensato.

 

“Se abbiamo lavorato a scontornare la vecchia sezione di Orizzonti – continua Mueller – è stato proprio con l’intenzione di presentare meglio un versante del festival, quel punto di vista altro che ci mostra come si può fare oggi il cinema sorvolando sulla durata dei film. Niente posizioni aprioristiche o partiti presi nella scelta dei film, abbiamo preferito immergerci nella singolarità delle opere, facendo appello ai quei registi che sperimentano tutto quello che i linguaggi della cultura visiva contemporanea potevano offrire”.

 

C’è poco da dire sulla polemica di Pupi Avati e del suo Una sconfinata giovinezza, non inserito in concorso. Il direttore precisa che quella del regista bolognese non è assolutamente un’esclusione politica e lancia sulla platea una provocazione: “Che c’entra la politica con un film sull’Alzheimer. E’ una malattia di destra o di sinistra? I film che ci sono piaciuti quest’anno erano tanti e ci sono ben 4 italiani in concorso, così ho parlato con Pupi e gli ho offerto una serata fuori concorso per il suo film, e lui ha deciso di non accettare. Ma questa Mostra è piena di autori che invece hanno preferito non essere in lizza per il Leone. Dipende dai diversi registi. Ad esempio c’è Marco Bellocchio con Sorelle Mai, l’opera seconda di Ben Affleck, The Town, fuori concorso, ma poteva tranquillamente essere in gara, così come Gianfranco Rosi con El Sicario Room 164. Un film durissimo”.

 

Totalmente assente, invece, The Tourist con la coppia Jolie – Depp, girato per giunta in laguna, e The American, il film realizzato in parte in Abruzzo con George Clooney, che voci insistenti volevano al festival. Secondo Mueller la ragione è da ricercarsi esclusivamente nell’uscita della pellicola, che i produttori americani avevano fissato in patria per l’1 settembre, giornata di apertura della Mostra che quest’anno vanta già un’inaugurazione piena di opere di qualità, ovvero Black Swan di Darren Aronofsky, già vincitore a Venezia con The Wrestler due anni fa, e Machete di Robert Rodriguez che aprirà la sezione di Mezzanotte, oltre all’omaggio a Bruce Lee.

 

I segnali di un festival che vuole svecchiarsi arrivano anche dalle selezioni, con la prima volta in concorso della Repubblica Dominicana, rappresentata da Jean Gentil, film girato a 4 mani da Laura Amelia Guzman e Israel Cardenas; dalla Spagna che quest’anno porta ben 4 film al Lido (tra cui quello di Alex de la Iglesia, in concorso, Balada triste de trompeta) che secondo Mueller rappresentano bene la fucina di talenti iberici, “in un momento in cui soprattutto dalla Catalogna arrivano i segnali più interessanti del cinema del futuro”.

 

A cambiare è anche l’età media dei cineasti di Venezia 67, moltissimi sulla trentina: da Sofia Coppola (Somewhere) a Ascanio Celestini (La pecora nera) passando per Saverio Costanzo (La solitudine dei numeri primi) e Pablo Larrain, il cileno che porta al Lido Post Mortem, pellicola ambientata durante i giorni dell’assassinio di Salvador Allende.

 

“Abbiamo cercato di scegliere registi che saltavano tutti gli steccati e che non si curavano di appartenere a un genere piuttosto che a un altro”, ha detto il direttore artistico. E così snocciolando il programma della kermesse (1-11 settembre) tra i ben 41 film nostrani e i 19 americani, c’è di tutto: da Notizie dagli scavi di Emidio Greco con Ambra Angiolini nei panni di una prostituta e Giuseppe Battiston in quelli di un professore, al Gorbaciof di Stefano Incerti con Toni Servillo, da Niente paura – Come siamo come eravamo e le canzoni di Luciano Ligabue, documentario di Piergiorgio Gay, al nuovo film di Michele Placido sulla mala, Vallanzasca – Gli angeli del male, con Kim Rossi Stuart. E poi Promises Written in Water di Vincent Gallo, interpretato da Sage Stallone, figlio di Sylvester, La versione di Barney con Dustin Hoffman e Paul Giamatti, girato in parte a Roma, Potiche del francese François Ozon, che mette insieme i miti francesi Catherine Deneuve e Gérard Depardieu, Miral di Julian Schnabel con Freida Pinto.

 

Molto presenti anche i titoli in 3D, e non poteva essere diversamente per una manifestazione che, a detta di Mueller, è “lo spirito del suo tempo”. In cartellone c’è il live action The Child’s Eye dei fratelli Pang, l’horror di Takashi Shimizu, Shock Labyrinth e la pellicola di animazione Space Guy di Zhang Yuan. Ma di animazione può considerarsi anche il film artistico di Nadia Ranocchi e David Zamagni, All inclusive in 3D anaglifico.

Immancabili, infine, gli omaggi, che sono tantissimi. Si comincia con l’anniversario dei 70 anni della nascita di Bruce Lee con un film di Andrew Lau, Legend of the fist: The return of Chen Zhen, passando per il decennale della morte di Vittorio Gassman con il documentario a lui dedicato da Giancarlo Scarchilli, Una vita da mattatore, fino ai ritratti di Joaquin Phoenix, diretto dall’amico Casey Affleck (fratello di Ben), di Dante Ferretti, vincitore al Lido quest’anno del Premio Bianchi, ad opera di Gianfranco Giagni, e del produttore Goffredo Lombardo, in un documentario diretto da Giuseppe Tornatore. C’è poi il ricordo di due leggende di Hollywood: Dennis Hopper attraverso il suo film The Last Movie, e Elia Kazan nel documentario di Martin Scorsese e Kent Jones, A Letter to Elia. A chiudere la Mostra, l’11 settembre, sarà poi l’adattamento scespiriano di Julie Taymor The Tempest, ma prima ci sarà l’atteso annuncio di un film a sorpresa, immancabile sotto la direzione Mueller. Che si tratti del misterioso nuovo Terrence Malick?

29 Luglio 2010

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