TORINO – Vi è mai capitato di sentirvi annoiati a teatro e avere voglia di interrompere la performance per chiedere conto agli autori di un testo stupido o prolisso?
Se rispondete di sì a questa domanda, vi godrete i sessantasette minuti a orologeria del nuovo film di Quentin Dupieux, autore francese prolifico e di culto, anche musicista con lo pseudonimo di Mr. Oizo, creatore di opere come Mandibules e Doppia pelle o il recente Daaaaalì.
Il Torino Film Festival 2023, dopo Locarno, presenta Yannick, scritto, diretto e montato da Dupieux che è anche operatore del film, un’opera divertente e agghiacciante in dosi uguali, che sarà nelle nostre sale con I Wonder Pictures dal 18 gennaio.
Siamo in un teatro parigino, dove va in scena una pièce mediocre intitolata Le Cocu (Il cornuto): tre soli attori sul palcoscenico, una donna e due uomini che se la contendono, dentro una cucina dimessa. All’improvviso Yannick (Raphaël Quenard), guardiano notturno con un evidente esaurimento nervoso in corso (magari lui stesso è “cornuto”) ferma lo spettacolo. Si aspettava di svagarsi dalle sue preoccupazioni, ha preso un giorno di ferie, si è fatto sostituire da un collega, ha impiegato un’ora, tra metrò e camminata, per arrivare, insomma, si è dato parecchio da fare, e adesso si sta annoiando. Vorrebbe chiedere conto all’autore del testo, ma non c’è e allora se la prende con gli attori, specialmente quello che con tutta evidenza è il leader del trio (Pio Marmaï), mentre la collega biondina sembra disposta a tutto per uscire dall’impasse (Blanche Gardin) e il più mite del terzetto dall’alito pestilenziale rimane più che altro a guardare (Sébastien Chassagne). Dopo un’escalation verbale travolgente, Yannick estrae una pistola e “prende il controllo” della situazione. Scriverà lui una pièce divertente, con il computer prestato da uno spettatore, che i tre metteranno in scena seduta stante per il pubblico, tenuto in ostaggio, ma anche divertito e, a tratti, complice. Di fatto quasi nessuno lascia la sala e si arriva addirittura a soddisfare i bisogni corporali sulla moquette.
Costruito sul talento affabulatorio di Raphaël Quenard, astro nascente del cinema francese, il film segue alla lettera il manifesto programmatico di Quentin Dupieux: “Il 99% dei film sono noiosi. Questo no”. Ma dietro le performance istrioniche e l’intento dichiarato si cela, neppure troppo nascosto, un discorso alto e filosofico sulla società contemporanea, incapace di ascolto, frammentata e bisognosa, voyeuristica e ipocrita, in un ultima analisi, la necessità di ricompattarsi attorno a un’idea o meglio un’emozione.
Apprezzato dai Cahiers du Cinéma, che gli hanno dedicato due interventi in due numeri successivi della rivista tra cui un editoriale, Yannick è un piccolo grande film girato in sei giorni con un’unità di tempo e di luogo e una sceneggiatura perfette. Vi stupirà.
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