‘Widow Clicquot’, Haley Bennett è Barbe-Nicole Ponsardin, prima imprenditrice dello champagne

Il film è diretto da Thomas Napper e prodotto da Joe Write: la storia vera della 27enne che durante l’impero di Napoleone dà vita alla famosa etichetta Veuve Clicquot Ponsardin


“…vuoi diventare la mia Emilie?”, chiede François Cliquot (Tom Sturridge) a Barbe-Nicole Ponsardin (Haley Bennett), alludendo alla più famosa amata di Voltaire, a colei che è stata il suo “tutto”, perché questa stessa era l’essenza del sentimento del vignaiolo francese per la sua donna, che ha reso vedova a soli 27 anni, da qui la storia (vera) – prima romanzo – di Widow Clicquot.

Probabilmente pochi immaginano che dietro l’etichetta di un famosissimo champagne, Veuve Clicquot Ponsardin, ci sia questa storia e che quel “veuve” parli proprio di lei, la sua vedova fanciulla, una donna modernissima, determinata, già nel 1805 intenzionata a diventare la prima imprenditrice dell’epoca.

Il film diretto da Thomas Napper – e prodotto da Joe Wright – è presente a Roma nella selezione Grand Pubblic. Comincia con un funerale, quello di François appunto e, come in un thriller, scopriamo man mano cosa abbia innescato la storia.

“La storia si svolge tra il 1799 e il 1816: la sceneggiatura mi sembrava interessante, così come il fatto che personaggi dell’epoca fossero tanto moderni. La scena di François e della futura vedova a letto dopo il matrimonio, in cui lui le dice che dovrebbero condividere tutto – “la tua essenza contamina ogni cosa” – è un’idea di evoluzione, loro fanno squadra: è qualcosa che si rifà all’idea della Rivoluzione francese. Il viaggio intrapreso dal film ci mostra l’autorealizzazione di una donna, che non avviene tramite un uomo. Lei prende pieno possesso dei vigneti, e che cominci a interessarsi di contabilità e di sapore di vini è molto potente, anche perché non solo assume questo ruolo ma eccelle e fa immaginare quanto abbia dovuto lavorare per ottenerlo”, dice il regista, che aggiunge: “il film si divide in due storie: un processo a ritroso che serve a spiegare il passato, il matrimonio, il modo in cui affrontiamo il trauma; ma man mano il ricordo cambia e Barbe capisce che il matrimonio non era così felice e il tempo le consente di avere accesso alla memoria, a tempi che hanno ferito; e poi c’è il presente, François che si trasforma nel vigneto, una manifestazione dell’amore di lei per lui”.

Alla morte di François, il padre Philippe fa sapere alla giovane nuora – mamma della piccola Clementine – dell’interesse del vicino Moët ad acquistare il vigneto, come se fosse scontato che una donna non possegga l’autorevolezza di condurre un’impresa; l’offerta viene fatta a Barbe-Nicole subito dopo il funerale ma, nonostante la morsa del dolore, e in fondo l’offesa per la scarsa considerazione nei suoi confronti, “da inetta” dice lei, lo spirito volitivo la guida: “… sarò io a prendermi cura di loro”, laddove “loro” sono i vigneti ereditati dal defunto marito.

Le vicende non sono in discesa, la guerra incombe, ma lei vuole avviare un commercio che eluda i confini e le guerre, idea che condivide dapprima con l’amico commerciante Louis Bohne, speciale compagno anche per il fu François, e con il contabile interpretato da Anson Boon per cui: “il mio personaggio è l’unico non aristocratico, non ha avuto un’educazione privilegiata, la guerra l’ha portato fuori dal suo Paese, la Germania, si trova lì come un pesce fuor d’acqua. Lui voleva esprimere anche la sua ribellione. Per lui Barbe è una in cui vuole credere, diversa da tutti gli altri padroni”.

Per Haley Bennet “il gruppo del cast è stato sodale e d’eccellenza. Credo ci sia un problema a Hollywood: pochi ruoli che raccontino davvero l’esperienza femminile e pochi uomini pronti a raccontarla, per cui sono grata a colleghi e regista per aver avuto il coraggio di farlo. Ciò che più mi è piaciuto di lei è il viaggio archetipico della ragazza timida che arriva a esprimere tutta la sua forza; un arco narrativo che ho percorso io stessa e fa eco dentro di me; non è la prima donna a farlo, per cui tutte ci si possono rapportare. Questo personaggio, per cui il femminismo è senz’altro un tema, affronta però anche l’esperienza del lutto e delle tempestose emozioni interne. Il suo intento iniziale non era diventare l’imprenditrice che è diventata, ma il viaggio e la scoperta del potere di guarigione della Natura. Mi piacciono i personaggi che prendono qualcosa di difficile e lo trasformano in un trionfo: l’ho imparato da Barbe, la creatività può essere un’ottima medicina”.

Tom Sturridge aggiunge: “Non so se io abbia lavorato seguendo il concetto di modernità. È difficile essere fuori dalla persona e dal suo concetto: François, e così il suo amore, l’ho trovato idealista, torturato, capace di un sentimento intenso ma al contempo con un comportamento ritratto. Non ho mai letto una sceneggiatura con scene d’amore così differenti tra loro”.

E Barbe-Nicole, spinta dal senso primo di questo amore ma anche dalla sua personale evoluzione, vuole sperimentare, arrivando a creare uno champagne rosé che, dopo varie vicissitudini, e finita la guerra, raggiunge il suo apice e il battesimo: lei lo chiamerà Cometa – perché il 1811 ebbe una vendemmia eccezionale, attribuita al passaggio di una cometa nel cielo della Champagne – e questo accadde poco prima di essere chiamata in giudizio, ad affrontare un tribunale, essere chiesta in sposa da Bohne, vivere fino a 89 anni coerente con se stessa e con il suo grande amore, divenendo a tutt’oggi sinonimo di innovazione, eredità, e Storia.

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NicoleBianchi
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