Valerio Mastandrea: “Schivo i colpi della vita”

Bagno di pubblico per Valerio Mastandrea, che ha deliziato il pubblico del Petruzzelli di Bari nell'ultima masterclass del Bif&st 2019


BARI – “Netflix esiste ed esisterà. Come quando sono nati altri supporti musicali il disco è sparito ma poi è tornato, come quando un senso viene acciaccato ma gli altri si risvegliano… Spero che un domani apriranno ancora più cinema e l’esperienza al cinema diventerà sempre più speciale”, parola di Valerio Mastandrea. Bagno di pubblico per l’attore che ha deliziato gli spettatori del Petruzzelli di Bari nell’ultima masterclass del Bif&st 2019, condotta da Marco Spagnoli. L’attore e regista, che riceve al festival il Federico Fellini Platinum Award, ha regalato battute scherzose e molti momenti esilaranti ai suoi tanti fans. L’incontro è stato preceduto dalla proiezione di Non pensarci (2008) di Gianni Zanasi, un film a cui è molto legato: “Mi chiedono spesso quale sia il mio film preferito, è una domanda cui è difficile rispondere. Da un po’ di tempo ho iniziato a citare questo perché con Gianni Zanasi condividiamo una visione del lavoro, siamo entrambi un po’ ridicoli, amiamo i personaggi buffi che schivano i colpi della vita. Quello di Stefano Nardini è un personaggio che abbiamo entrambi dentro. Tanto è vero che spesso ci viene da fare una ‘nardinata’ come quando è nato mio figlio e siamo stati dieci minuti a fare smancerie a un’altra neonata, davanti alla nursery della clinica”.

Attore per caso, dopo esperienze televisive e teatrali. “Non è stata una decisione lucida, dopo tre o quattro film mi ritenevo solo uno studente universitario. D’altronde a 21 anni studiavo e mi piaceva molto anche se non sapevo cosa avrei fatto dopo. Poi ho iniziato a fare alcune apparizioni in televisione e da lì è partito tutto. Ho cominciato a metà degli anni ’90 quando non c’era la serialità di oggi, si poteva fare ancora un certo tipo di cinema anche se c’era anche tanto cinema d’autore molto, forse troppo, autoreferenziale”.  

“Tornando ai miei inizi – ha proseguito il 47enne romano – ammetto che ho fatto poca gavetta e avrei dovuto farne di più. Ho bruciato le tappe perché ero l’attore che mancava, quello che era se stesso, che poteva essere percepito come autentico. Il mercato in quel momento chiedeva quello e io sono riuscito ad accontentarlo, poi via via sono cambiate le richieste. Ad esempio ora, quasi cinquantenne e con tutti i miei acciacchi, sento il tema della malattia che mi ronza attorno!”.

La prima volta che si è sentito soddisfatto del suo lavoro? “Potrei dire mai, cerco sempre di fuggire dalle situazioni definitive, io tendo a colpire e poi allontanarmi. Se un giorno mi capiterà di emozionarmi in modo totale, allora quella sarà la fine”.

Grandi partner di lavoro: “Mi manca Claudio Caligari e mi manca Ettore Scola, mi manca la sua giovinezza e la sua freschezza che nessuno di noi avrà mai. Tra i registi che mi hanno più sorpreso c’è invece Valeria Golino, con cui ho fatto Euforia. Ha un grande entusiasmo e voglia di cinema. Mi ha colpito in quel film il lavoro di Riccardo Scamarcio, reso possibile anche dalla lei”.

Da poco ha debuttato nella regia con Ride, che ha per protagonista la sua compagna Chiara Martegiani. Che esperienza è stata? “Sono stato poco ‘coatto’ con la macchina da presa, avrei potuto insistere di più sui movimenti di macchina, ma mi interessava soprattutto dire certe. E poi ho scoperto di essere anch’io un regista str..zo”.

Qualche rimpianto? “No, però ricordo che feci il provino per Il branco, non fui preso e ci rimasi molto male perché ammiravo Marco Risi e avrei voluto lavorare con lui. Mi disse che c’era qualcosa nel mio sguardo che non lo convinceva. Non ho mai capito cosa volesse dire”.

Sui rapporti con il pubblico: “Il primo che mi ha avvicinato era uno della Lazio e mi voleva menare perché sono romanista. Poi so che c’è chi non mi sopporta perché si identifica con me, con la mia normalità e si chiede: ‘perché lui ha successo e io no?’. Una volta, invece, mi capitò, sempre all’inizio della mia carriera, di guidare il motorino di notte, sulla Prenestina deserta, venni superato da un altro motorino con un tizio che mi riconobbe, rallentò e mi disse ‘Ma tu sei l’attore! Bravo, mi piace come lavori! C’ho un po’ d’erba, ti va di farti una canna con me?’. ‘No grazie, io non fumo’, rispondo. E lui: ‘Bravo, così me la fumo tutta io!’ Questo episodio mi colpì molto”.

Parla anche della scuola di cinema intitolata a Gian Maria Volonté che ha contribuito a fondare. “Tutto è nato da una chiacchierata, una sera, con Daniele Vicari durante la quale vagheggiavamo di una scuola di cinema che fosse gratuita, perché pensavamo dovesse essere un servizio pubblico. Ne è nata una scuola dove si studia il cinema come fosse un mestiere normale, ha uno stretto legame con il mondo del lavoro, è diventata in pochi anni una scuola di alta formazione. Oggi c’è chi la gestisce molto bene e io ci vado saltuariamente, il tempo di demotivare i ragazzi e poi me ne vado!”.

Infine tra gli attori del passato lo paragonano a Marcello Mastroianni. E lui ha qualche riferimento? “Forse Walter Chiari“. 

Cristiana Paternò
04 Maggio 2019

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