Sydney Sibilia: “la Pavia degli 883 un po’ come Gotham City”

Il regista ospite di una masterclass con i Giffoners “più adulti”, che aspirano al mondo nel cinema e – nella sincera conversazione con lui – hanno potuto porre informalmente domande sul mestiere


GIFFONI – Lui, che di musica se ne intende, almeno stando ai soggetti ultimi dei suoi progetti, dal più recente Mixed By Erry (leggi il nostro articolo) alla serie che sta preparando sugli 883, Hanno ucciso l’uomo ragno, arriva a #Giffoni53 accolto sulle note del Valzer di Shostakovich, ma questa non è la prima volta di Sydney Sibilia a Valle Piana, perché, come racconta lui stesso, “la prima volta avevo 6/7 anni e ho tatuate nel cervello le cose viste qui a Giffoni… lì non avevo la lucidità di dire ‘voglio fare il regista’ ma qui ho visto Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi Tommy Tricker e il francobollo magico; qui ho conosciuto Bud Spencer e il protagonista di RoboCop (Alex Murphy), quindi per me sono importanti le prime volte qui… Sono storie e ricordi sedimentati nell’ipotalamo”. 

La platea vuole saperne di più della storia registica di “Sydney da Salerno”, per qualche Giffoner “il regista di cui l’Italia ha bisogno”. E lui racconta che “negli Anni ’90 non conoscevo molti registi e quindi nemmeno il mestiere: sembrava come l’idea di fare l’astronauta o l’ammaestratore di leoni: chi fa ‘sti mestieri? Poi, avevo 16 anni e avevo messo tutti i soldi dei nonni da parte per comprarmi il motorino quando un pomeriggio esco per andare finalmente a comprarlo ma… a Pastena, quartiere della mia città, c’era un negozio di elettrodomestici, lì vedo appoggiata una telecamera, entro a chiedere informazioni e… lì trovo la persona che mi cambia la vita…! Io chiedo: ‘serve per fare i film?’. E lui, geniale, risponde: ‘sì, certo!’. Insomma, esco dal negozio senza più i soldi ma con la telecamera. E da lì comincio a far le prime cose, ‘ero regista’ senza saperlo; penso: dico ‘motore, azione’, ma non succedeva niente quindi… mi dico ‘forse, prima le cose le devo scrivere!’. Faccio due film a 16 anni, il primo viene malissimo, il secondo un po’ meglio… roba da un’ora e mezza ciascuno; solo anni dopo scopro che potessi farli brevi, cioè che anche i cortometraggi erano film e lì… comincio davvero. È stato intorno ai 20 anni che mi sono detto ci fosse bisogno di onestà intellettuale: mi sono detto volessi fare questo lavoro, e quindi se non ce l’avessi fatta mi sarei dovuto dire che sarebbe stato un fallimento; bisogna sapersi dire anche questo. Non ho mai pensato: ‘speriamo me lo facciano fare’; la cosa difficile è scriverlo un film, non fartelo produrre, perché comunque sia, se vuoi farlo, in qualche modo lo farai…”. 

Mariarosa chiede cosa possa fare un aspirante regista per farsi notare, magari da un altro regista, giovane ma affermato, e Sibilia risponde: “Fare… le cose” e qui, colpo di teatro, la Giffoner gli consegna una mini card con dentro un suo progetto per un corto, che lei è certa di voler fare… Sibilia promette di guardarlo “stasera stessa” e, a prescindere che a lui possa piacere o meno – variabili che dice essere del tutto relative – la incoraggia: “il corto va fatto a prescindere…”.

Mixed By Erry, storia period, storia di una generazione specifica, ha però incuriosito molto anche gli adolescenti del presente, che gli domandano “perché i Frattasio?”e Sibilia spiega di cercare “storie, come fa un rabdomante, ma questa l’avevo nei miei cassetti, avevo proprio le musicasette: succede che da grande mi sia chiesto se dietro questo marchio ci fosse una storia da raccontare”. E qui, considerata la geografia partenopea della storia, Sibilia viene sollecitato per capire meglio come mai Napoli attragga così tanto l’attenzione del mondo audiovisivo: “effetto Mare Fuori”? Per lui è “un boom che vive da una decina di anni, perché la città ha l’industria, con figure professionali di altissimo livello”.

Dalla trilogia di Smetto Quando VoglioL’incredibile storia dell’Isola delle Rose (leggi il nostro articolo): “perché trattare certe tematiche, un fascino per la poca legalità?”, gli viene chiesto ancora. Sibilia spiega di approcciarsi “in maniera sincera alle storie, poi a volte mi rendo conto esserci un minimo comun denominatore ma mai studiato; forse, sono sempre un po’ storie di anarchia, ma in cui la sincerità è fondamentale e questa cosa si imprime ‘sulla pellicola’ e arriva…”. Sull’Isola delle Rose racconta essere “un film nato mentre scrivevo Smetto Quando Voglio, periodo in cui stavo molto su Wikipedia per informarmi e un giorno leggo ‘Isola delle Rose – Micro Nazione’: allora inizia la trafila di contattare Giorgio Rosa e… a metà scrittura ci rendiamo conto che in Italia non si potesse fare – tra navi da guerra e elicotteri – ma consapevoli di ciò continuiamo a scrivere… All’improvviso arriva Netflix e noi non eravamo sicuri di aver capito ma… ci sembrava di aver inteso volessero film non in inglese ad alto budget e… così cominciamo a costruire la piattaforma: mi ha insegnato tantissimo l’approccio americano al lavoro, per me personalmente molto utile”. 

Si soffre di mancanza di fantasia nel cinema italiano, rilevano i Giffoners: ma Sibilia come riesce a scriverne parecchia nelle sue sceneggiature? “Scrivere è la cosa più bella del mondo e che mi piace fare, io mi sento anzitutto sceneggiatore: lì la fantasia non ha limiti; poi la produzione la fa virare verso un ordine pratico. Il ‘cosa’ raccontare è tutto istintivo e in continuo mutamento”.

Ma alla fin fine, “chi è un regista?”. I Giffoners chiedono “una definizione”. Per lui “non esiste una definizione di regista, ognuno lo fa un po’ a suo modo: io non avevo mai visto un set prima del mio set di Smetto Quando Voglio: sui set dei corti fai un po’ tu l’one man show mentre lì… c’era addirittura qualcuno che s’era svegliato prima di me!”. 

E il regista “Sibilia ha delle influenze?”, sono curiosi di sapere dalla platea: “un po’ i film visti al Giffoni, la Commedia Italiana, i film Anni ’80 e ’90 e un continuo rinnovamento: per esempio, la scena del treno di Smetto Quando Voglio l’abbiamo fatta perché avevo visto quella di Skyfall; bisogna sempre rimanere curiosi e captare”. 

Della sua trilogia gli viene fatto notare ci sia stato anche un remake spagnolo, a conferma di una tendenza del cinema “a ripetere”: Sibilia del suo spiega che “è molto diverso, perché si adatta a un’altra industria e a un altro pubblico: loro non hanno un brand che è la Commedia all’Italiana, film di alta fattura che fanno ridere. Loro non l’hanno e sfociano sul grottesco”.

Infine, stupendo qualcuno, e confermando a qualcun altro quello di cui poco ma già qualcosa si sa, ovvero la serie sulla band degli 883, Sibilia dice poco ma fa riferimenti epici: “lì stiamo rappresentando la Pavia Anni ‘90, anzi una nostra versione della Pavia di quel periodo: è un po’ come quando fai Batman e ti inventi Gotham City. Io parto sempre da cosa vuoi raccontare”.

23 Luglio 2023

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