Russell Crowe, il papà di Superman

L'uomo d'acciaio apre il Festival di Taormina alla presenza dell'attore australiano


È già vicino al record negli Usa, dove è appena uscito in grande stile, L’uomo d’acciaio di Zack Snyder (300) & Christopher Nolan (quello della trilogia The Dark Knight, qui in veste di produttore), veleggiando verso il 200 mln di dollari (ora è a quota 120), mentre da noi esce il 20 giugno sia in 2D che in 3D, sempre con Warner, dopo la sontuosa anteprima al Festival di Taormina che l’ha prescelto come film d’apertura. Spettacolo perfetto con le sue due ore e passa farcite di grandi effetti speciali, battaglie mirabolanti e scene di volo acrobatiche per animare il pubblico del Teatro Antico. In più la megaproduzione ha portato in Sicilia una schiera di star (Amy Adams, Antje Traue, Henry Cavill, Michael Shannon), guidate dal simpatico e carismatico Russell Crowe. Il corpulento divo australiano ha il ruolo del padre biologico di Superman, alias Kal-El, che viene inviato bambino dal pianeta Krypton sulla Terra per salvarlo da morte certa. Adottato da una coppia di contadini, i Kent, che gli impongono il nome di Clark, cresce in Kansas, nel villaggio di Smallville fino a scoprire i suoi superpoteri e metterli al servizio dell’umanità in una eterna e inevitabile lotta contro il male. E il male viene proprio dalla natia Krypton incarnato da malvagio generale Zod. Quindi Superman si troverà diviso tra due mondi a fare i conti con la sua diversità e l’istinto di salvare gli umani andando contro la sua stessa razza. “Il conflitto tra le sue radici aliene e il mondo che lo adotta, la lotta per essere accettato dal mondo degli uomini e il sentimento di alienazione sono al centro di questa versione”, ammette in regista.

Il geniale fumetto della DC Comics ha già avuto diverse versioni cinematografiche (la più famosa è forse quella del ’78) e il papà dell’eroe è stato, prima di Crowe, nientemeno che Marlon Brando, che la leggenda vuole abbia chiesto una fortuna per questa supercomparsata, mentre Christopher Reeve è stato il più famoso e sfortunato Clark Kent, quattro volte nel ruolo di Nembo Kid (come il personaggio veniva chiamato un tempo qui in Italia) fino al tragico incidente del ’95, una caduta da cavallo che lo rese tetraplegico. In tutta la saga c’è un aspetto crepuscolare e tragico, secondo molti addirittura cristologico, vista tra l’altro l’età del personaggio che è appunto 33 anni. Spiega Snider, che ha da poco adottato due bambini insieme alla moglie produttrice: “Volevamo far vedere attraverso i flashback a Krypton il sacrificio dei suoi genitori per far capire perché Clark è diventato l’uomo che è adesso. Abbiamo aggiunto questo lato più intimo per capire la natura soprannaturale del personaggio che va oltre il supereroe da fumetto”. E aggiunge: “I riferimenti a Gesù Cristo fanno parte della mitologia di Superman, l’idea del figlio mandato dal padre a salvare la Terra, anche la sua età anagrafica. Ma su questo non volevo essere troppo esplicito, ho cercato di rinnovare il personaggio, pur senza mancare di rispetto al suo simbolismo, che ormai fa parte di tutti noi, perché Superman lo conosciamo da molto tempo e da più generazioni”.

Così anche immaginare il suo famoso costume rosso e blu rinnovandolo ma senza tradire l’immaginario collettivo è stata in un certo senso un’impresa. “Il costume di Superman è molto importante. Ci sono aspetti che non possono mancare come gli stivali rossi e la ‘S’ sul torace, ma ad esempio abbiamo eliminato i boxer sopra i pantaloni, perché oggi non si può più vedere una cosa del genere. Un alieno che mette le mutande suona un po’ ridicolo”. E non manca qualche riferimento alla storia recente d’America, come l’attentato alle Torri gemelle. “E’ vero, per me c’è dietro il panico legato a quegli eventi, magari in modo inconsapevole, me ne sono accorto quando ho rivisto il film”.

Il nuovo Superman è il muscoloso Henry Cavill, che ha strappato il ruolo a molti contendenti, tra cui Zac Efron. Curiosamente Cavill si è guadagnato il non lusinghiero titolo di “attore più sfortunato di Hollywood” dopo aver sfiorato senza ottenerlo sia questo ruolo in Superman returns del 2004, sia quelli di James Bond e Edward Cullen in Twilight. Ma ovviamente interrogato su questa leggenda negativa preferisce non commentare più di tanto. Quanto a Crowe, che ha dovuto perdere diversi chili per il film (“ma alla mia età è normale, devo sempre dimagrire prima di arrivare su qualsiasi set”, ammette con autoironia) non sembra particolarmente affascinato dalla razza dei supereroi: “Non sono un appassionato del genere, anche se so che Clark Kent è un personaggio leggendario. Non avevo grandi riferimenti. Di solito mi preparo facendo ricerche, ma in questo caso non potevo certo partire per un altro pianeta”. L’ex gladiatore, alla soglia dei cinquant’anni, racconta di aver visto tutti film di Brando, e non solo Superman, ma di essersi ispirato più che al divo di Fronte del porto alla sua esperienza di padre di famiglia. “Ho due bambini e mi sono semplicemente chiesto se manderei i miei figli su un altro pianeta, allontanandoli da me, per salvarli da morte sicura. È una decisione difficile da prendere, ma ogni padre ha certamente una risposta”. Per niente infastidito dal lato fantasy della pellicola, che Snyder ammette di aver spinto oltre i limiti immaginabili con effetti speciali magici ed esagerati, dice di non aver lavorato solo col blue screen: “Abbiamo avuto set meravigliosi. E poi siete proprio sicuri che Krypton non sia mai esistito?”. Ultima domanda sugli autori italiani che ama. “Sono così tanti che non posso certo elencarli”. Un buon modo per cavarsi d’impaccio.

15 Giugno 2013

Taormina 2013

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