C’è anche Drahomíra Bilígová, a sorpresa, alla presentazione in prima mondiale ad Alice nella città del restauro de Il cavaliere inesistente, preceduta da un incontro introdotto dal direttore della sezione autonoma e parallela della Festa, Gianluca Giannelli.
Il restauro, realizzato nei Laboratori di Cinecittà in collaborazione con Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, è stato eseguito dal negativo scena originale 35mm, scansionato a 4K, e dal negativo colonna sonora ottica 35mm. Oltre al lavoro di pulizia digitale per eliminare i difetti (graffi, macchie, sporcizia, instabilità dell’immagine) è stato recuperato anche il tono fotografico originale del film.
Il cavaliere inesistente è un film a suo modo geniale e ancora affascinante nonostante il tempo trascorso. A tecnica mista, con parti di girato dal vero e altre animate, ricostruisce con pochi elementi iconici il Medioevo fantastico di Calvino con al centro le vicende anche ironiche di un’armatura vuota che si autodefinisce paladino e prende il nome di Agilulfo. E’ fedele all’imperatore Carlo Magno, innamorato di Bradamante, ma non avendo un corpo non può davvero amarla.
Il romanzo è la terza e ultima parte della popolarissima “Trilogia degli antenati”, uno dei capisaldi del Novecento italiano. Fu trasposto sullo schermo nel 1969 nel film prodotto dall’Istituto Luce, per opera di Pino Zac, pseudonimo di Giuseppe Zaccaria (1930-1985), straordinario fumettista, animatore, fondatore di riviste. Creatore ad appena vent’anni di Gatto Filippo, la prima serie fumettistica a strisce autoconclusive pubblicata in Italia, collaboratore di importanti quotidiani e riviste, arrivando nel 1977 alla fondazione del mitico settimanale Il Male. Nel 1985, a soli 55 anni, morì per un infarto.
L’ex moglie di Pino, Drahomíra Bilígová, ha raccontato il loro incontro. Lei era una studentessa del Conservatorio di Bratislava che per la prima volta usciva dal suo paese, invitata in Belgio. “I miei parenti mi avevano avvisato di non cadere nella trappola degli uomini capitalisti, ma il primo capitalista che incontrai, all’aeroporto di Praga, era proprio lui. Sul volo per Bruxelles sedette accanto a me e facemmo conoscenza, poi ci ritrovammo al festival, così iniziò la nostra frequentazione”. E sullo stile di Zac dice: “Lui detestava Disney, diceva che fa male ai bambini e cercava una strada completamente diversa, tra l’altro mescolando attori in carne ed ossa e disegni”.
Per Enrico Bufalini, direttore dell’Archivio storico Luce Cinecittà, era importante restaurare quest’opera. “Ci siamo concentrati sul centenario di Italo Calvino con questo restauro, che recupera un film innovativo. Ma non ci siamo fermati a questo. Abbiamo prodotto due documentari: Italo Calvino Lo scrittore sugli alberi di Duccio Chiarini, presentato alla Mostra di Venezia e andato in onda il 15 ottobre con uno share molto buono, e Le città visibili di Davide Ferrario con testi di Marco Belpoliti, ispirato al celebre romanzo Le città invisibili del 1972 e incentrato sulla vita dello scrittore attraverso le città in cui ha vissuto, o dove è stato per qualche tempo, utilizzando anche filmati d’epoca, fotografie e interviste di Calvino. I testi dello scrittore saranno letti da attori, tra cui Violante Placido e Valerio Mastandrea”.
Alberto Anile, conservatore della Cineteca Nazionale, aggiunge qualche dettaglio di storia del cinema: Il cavaliere inesistente è l’unico lungometraggio tratto da Calvino, “anche se qualcuno pensa che I soliti ignoti sia ispirato a Furto in pasticceria”. Di Pino Zac cita invece i disegni sui titoli di testa de Le streghe e di Capriccio all’italiana. “La sua animazione era molto artigianale, fatta a mano”, chiosa.
Valerio Coladonato, professore a La Sapienza, sottolinea come la pagina di Calvino sia ardua da portare al cinema: “Già la prima pagina de Il cavaliere inesistente convoca i 5 sensi con le sue descrizioni. Ma nel caso di Pino Zac l’uso della tecnica mista con attori e disegni rende la duplicità e la doppiezza del personaggio e della vicenda. Se pensiamo che nel 1971, anno in cui uscì il film, i due massimi successi furono Continuavano a chiamarlo Trinità e il Decameron di Pasolini, capiamo come all’epoca le due anime, commerciale e artistica, del cinema non fossero necessariamente in contrapposizione come oggi”.
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