Papa Francesco: apertura storica sulle unioni gay

"Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili", lo afferma il Papa nel documentario Francesco


“Le persone omosessuali sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”, lo afferma il Papa nel documentario Francesco di Evgeny Afineevsky, presentato alla Festa di Roma tra gli Eventi speciali.

Il regista americano ha ottenuto il Kinéo Movie for Humanity Award, assegnato a chi promuove temi sociali e umanitari per questo suo docufilm. L’autore, candidato agli Oscar e agli Emmy nel 2016 con Winter on Fire e tre volte nominato agli Emmy nel 2018 per Cries from Syria, riceve domani il riconoscimento in Vaticano da Rosetta Sannelli. Ma del film si sta parlando molto soprattutto per una scena in cui Bergoglio, sollecitato da una coppia di omosessuali con tre figli, che chiedono se sia opportuno portare i bambini in parrocchia, fa una esplicita apertura sul tema delle famiglie arcobaleno. Affermazioni che sono rimbalzate su tutte le agenzie di stampa e sui quotidiani online. 

Non è questo il centro del film, a dire il vero. Si tratta di un lavoro biografico, e anche agiografico, animato da un forte spirito di impegno civile e umanitario. Nelle due ore a contatto con Jorge Mario Bergoglio ne scopriamo pensieri e opere, soprattutto le opere, perché il Papa ci viene presentato come un uomo d’azione, in grado di dare spessore ai gesti concreti, di toccare il cuore degli uomini e delle donne con azioni altamente simboliche. Come quando, in pieno lockdown, predicò da una Piazza San Pietro deserta, sotto la pioggia battente, nel silenzio assordante della pandemia. L’impegno ambientalista e per la salvaguardia del creato, compito affidato all’uomo dalla Bibbia fin dalle pagine della Genesi, è soltanto il primo dei punti forti del suo pontificato immerso nelle tragedie del XXI secolo: i migranti, la pace, il dialogo tra le fedi, le disparità sociali che si concretizzano nell’estrema e ingiusta povertà in cui è ridotta la maggior parte della popolazione mondiale, la distruzione del pianeta divenuto una discarica, il ruolo della donna nella società e nella Chiesa.

Evgeny Afineevsky prende decisamente partito per questo leader, pur senza nascondere alcuni aspetti controversi della sua personalità. Primo fra tutti il suo atteggiamento durante la dittatura militare e la guerra sucia in Argentina. Un capitolo che ha dato adito all’accusa di non aver difeso due gesuiti impegnati a fianco dei poveri (ma le accuse, circolate subito dopo la sua elezione, sono state poi smentite e ridimensionate). E soprattutto la questione della pedofilia, in particolare il caso di Juan Carlos Cruz, vittima di un prete pedofilo insieme ad altri due adolescenti cileni.

Oggi Juan Carlos Cruz è alla Festa di Roma per portare la sua testimonianza: “Questo film – dice – ha dato voce a persone che non l’avevano. Per tutte le vittime della pedofilia significa tantissimo. Il Papa ha capito la nostra sofferenza. Dal 2018, da quando ha riconosciuto che la nostra testimonianza era autentica e sincera, siamo diventati amici, ho trovato in lui il padre che avevo perduto quando avevo 15 anni. Oggi parliamo spesso e so che Francesco è impegnato su questo tema. Purtroppo, nella Curia e tra le alte gerarchie ecclesiastiche dei vari Paesi ci sono preti che non vogliono un reale cambiamento. Ma spero molto nel film: penso che farà capire che la cultura dell’abuso e della copertura non può essere più tollerata. Non avremo pace finché l’ultima vittima non avrà giustizia”.

Il doc è costruito attorno a un’intervista esclusiva al pontefice, per poi attingere a testimonianze di Benedetto XVI, dei familiari del Papa – il nipote José Ignacio Bergoglio – del cardinale Luis Antonio Tagle, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, di monsignor Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e di suor Norma Pimentel, impegnata con i migranti, specie bambini, al confine tra Stati Uniti e Messico, oltre all’amico del Papa, il rabbino Abraham Skorka. E poi ci sono le immagini di cronaca delle tante emergenze affrontate nel corso del suo magistero: dal genocidio degli Armeni alla guerra in Siria, dall’Olocausto del mare, con la visita a  Lampedusa che contribuì ai salvataggi di Mare Nostrum, alla guerra in Ucraina, dalla Repubblica Centrafricana alla persecuzione dei Rohingya.

Spiega il regista: “Nei miei due film precedenti mi ero occupato della Siria e della rivoluzione ucraina e ho toccato con mano come la politica usi la religione in modo divisivo. Specialmente la Siria mi ha traumatizzato e mi ha spinto a cercare una speranza per l’umanità che ho trovato in Francesco. Il Papa si occupa di rifugiati siriani, di tolleranza, di discorso interreligioso, di abuso sociale, nessuna questione umana gli è estranea”.

Francesco è frutto di ricerche e viaggi in Argentina, Cile, Blangladesh, a Lesbo, al confine tra Usa e Messico. “Lo considero un film sui disastri che noi esseri umani abbiamo creato. Ci sono voluti tre anni per realizzarlo, un tempo in cui ho fatto anche tante interviste a persone a cui il Papa aveva toccato il cuore e la mente. Mi ha affascinato, non solo come capo della Chiesa cattolica ma come essere umano umile e semplice, un persona unica anche per me che sono ebreo”.

Dal canto suo Juan Carlos Cruz si sofferma sulle prospettive del papato in era di coronavirus: “Non credo che il suo papato sia finito perché non può viaggiare. La nuova enciclica Fratelli tutti ci mostra come dovrebbe essere il mondo dopo la pandemia. Non possiamo uscirne come eravamo prima: egoisti, avidi, con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. In vista delle elezioni in America ricordo che il pontefice ha detto, visitando la frontiera tra Messico e Usa: ‘chi costruisce muri finisce intrappolato nei propri muri’, credo che il suo pensiero sia molto chiaro, il voto cattolico in America è importante e spero che sia chiaro che chi innalza muri non è cristiano”.

La sequenza dedicata al tema dell’accoglienza degli omosessuali, riprende la celebre famosa affermazione del pontefice “chi sono io per giudicare?”. “Mi è stata rimproverata la mia omosessualità – racconta Juan Carlos Cruz  – addirittura il mio carnefice ha dichiarato a un quotidiano che gli abusi mi piacevano in quanto gay. Ma il Papa mi ha detto qualcosa di diverso: Dio ti ha fatto gay e Dio ti ama, la Chiesa ti ama, il Papa ti ama. Tanti gay mi hanno chiamato emozionati, in lacrime, dopo che questa frase era stata divulgata. Ecco cosa Bergoglio ha mostrato al mondo”.

E’ ancora il regista spiega come è stato girato il film: “Bergoglio non ha voluto stare davanti alla macchina da presa ma dietro, è un gesuita e per lui è importante agire più che parlare. Sapeva che il film avrebbe continuato la sua missione. Questo è un appello all’azione”. 

La prima di Francesco negli Stati Uniti è prevista per il 25 ottobre al Savannah Film Festival, tra i produttori anche la Ucla School of Theater, Film and Television.

21 Ottobre 2020

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