L’uscita della serie Il Gattopardo su Netflix ci dà l’occasione di riscoprire non solo, ovviamente, il classico di Luchino Visconti, ma anche il rapporto tra il cinema italiano e il Risorgimento, epoca che, tra epopea e tragedia, ha affascinato il media fin dai suoi albori.
È una fase della nostra storia densa di passioni, tradimenti, vittorie e disillusioni, raccontata da grandi registi con toni epici, critici o persino grotteschi.
Se il cinema ha spesso mitizzato l’impresa garibaldina, registi come Mario Martone e Luigi Magni hanno mostrato anche il volto più controverso dell’Unità d’Italia, dando voce a chi pagò il prezzo più alto per un sogno destinato a scontrarsi con la realtà. Tra le pellicole più significative dedicate a questo periodo, alcune si concentrano sulla figura di Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi, altre raccontano le conseguenze della sua impresa, sia per i vincitori che per i vinti.
Non si può parlare di cinema e Risorgimento senza citare il capolavoro di Visconti. Tratto dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il film racconta la fine dell’aristocrazia siciliana all’indomani dell’arrivo dei Mille. Burt Lancaster, nei panni del principe Fabrizio di Salina, incarna il crepuscolo di un’epoca, mentre il giovane Alain Delon simboleggia la nuova classe dirigente pronta ad adattarsi ai tempi. Il celebre ballo finale è una perfetta metafora del cambiamento: tutto deve cambiare affinché nulla cambi davvero.
Sul versante più realistico troviamo Viva l’Italia! (1961) di Roberto Rossellini, forse il film più accurato sulla spedizione dei Mille. Voluto per celebrare il centenario dell’Unità d’Italia, segue Garibaldi (interpretato da Renzo Ricci) dal suo sbarco in Sicilia fino all’incontro con Vittorio Emanuele II a Teano. Nato da una coproduzione mista italo-francese è stato realizzato in due versioni per i due paesi, caratterizzate da notevoli differenze nel montaggio e nella durata.
Se Rossellini mantiene un taglio istituzionale, già negli anni ‘30 Alessandro Blasetti con 1860 (1934) aveva proposto un approccio più popolare: la storia di un contadino siciliano che si unisce ai Mille per liberare la sua terra è un’anticipazione del Neorealismo, con attori non professionisti e riprese dal forte impatto visivo.
La figura di Giuseppe Garibaldi è stata spesso rappresentata come quella di un eroe leggendario, ma alcuni film hanno cercato di restituire un ritratto più umano e sfaccettato. Già Rossellini mostra il condottiero come un uomo coraggioso ma consapevole delle difficoltà della sua impresa. Più tardi, il televisivo Il Generale (1987), con Franco Nero nel ruolo del protagonista, cerca di scavare nella psicologia dell’eroe, tra le sue imprese e i suoi dubbi, sebbene non manchi di rappresentare il Garibaldi “iconico”, quasi una rockstar dei suoi tempi.
Un altro film imperdibile in questa prospettiva è Camicie Rosse (1952), con Raf Vallone e Anna Magnani. Diretto da Goffredo Alessandrini e Francesco Rosi, racconta l’ultima grande impresa garibaldina: la fallita difesa della Repubblica Romana e la disperata ritirata verso Venezia. Qui Garibaldi è già segnato dalle sconfitte, un eroe che non rinuncia ai suoi ideali ma vede il sogno di un’Italia unita sotto la Repubblica svanire.
Se Garibaldi fu il simbolo dell’Unità, il post-Risorgimento fu un periodo di profonde contraddizioni. Noi credevamo (2010) di Mario Martone affronta proprio questo tema, seguendo la storia di tre giovani mazziniani che si scontrano con il volto più duro della politica risorgimentale. Il film non risparmia nulla: attentati, tradimenti, carcere e delusioni sono il prezzo della lotta per la libertà. Un’opera monumentale, con un grande cast che include Luigi Lo Cascio e Toni Servillo.
Servillo torna a servire il tema nel recente L’Abbaglio di Roberto Andò, dove interpreta il generale Vincenzo Orsini, alle prese con due mentecatti (Ficarra & Picone) che si arruolano per motivi personali e infine si rivelano (forse?) eroi.
Luigi Magni – tra l’altro, regista anche de Il Generale – maestro nel raccontare il Risorgimento con ironia e amarezza, ci ha lasciato due film fondamentali. O’ Re (1989) mostra la caduta del Regno delle Due Sicilie attraverso gli occhi dell’ultimo sovrano, Francesco II, mentre In nome del popolo sovrano (1990) torna sulla Repubblica Romana, mescolando toni drammatici e satira pungente. In entrambi i casi, Garibaldi è presente come un’ombra ingombrante, simbolo di un cambiamento che non sempre ha portato giustizia.
Un film che affronta uno degli episodi più oscuri della spedizione garibaldina è, infine, Bronte: cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato (1972) di Florestano Vancini. Il film ricostruisce la brutale repressione della rivolta contadina di Bronte in Sicilia, guidata da Nino Bixio su ordine di Garibaldi. Un racconto crudo e realistico che mette in luce il lato più crudele dell’unificazione.
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