Nanni Moretti: “Gli americani? Troppo laccati e leccati”


CANNES – Moretti non parlerà né inglese né francese ma tiene banco lo stesso, nella lunga soirée. E’ tutta sua la scena della conferenza stampa di chiusura e al moderatore tocca ricordare che “anche gli altri giurati possono prendere la parola e, se è il caso, contraddirlo”. Ma il clima che si respira nella giuria di Monsieur Morettì è tutt’altro che antipatico. Anzi, sembra esserci un certo feeling tra questi nove personaggi tanto diversi e assortiti. “Da quest’anno ho otto nuovi amici – esordisce scherzando Nanni –  abbiamo costituito un’associazione e andremo anche ad altri festival, Locarno, Venezia e Pusan in Corea, sempre tutti insieme”.

 

La più peperina è la regista inglese Andrea Arnold, un concentrato di anticonformismo che sbotta in difesa di Jean Paul Gaultier quando un giornalista chiede al celebre stilista commenti su come erano vestite le star. “E’ un uomo molto intelligente e un grande appassionato di cinema. Basta con queste domande stupide, mi fanno innervosire”. E Nanni chiosa sottovoce: “E’ fatta così”. Mentre Gaultier confessa di aver pianto, tenendo Hiam Abbas per mano, durante Amour.

 

La decisione è stata unanime?

Senza entrare nei dettagli, posso dire che nessun premio è stato dato all’unanimità. Ma meglio dividersi che trovare un accordo senz’anima. Ho apprezzato la sincerità di Ewan McGregor, la passione di Hiam Abbas, il buonumore dello spettatore ideale Jean Paul Gaultier, la determinazione di Diane Kruger, la dolcezza di Emmanuelle Devos, la competenza e la cultura di Raoul Peck, l’enorme energia di Andrea Arnold, la memoria storico-cinematografica di Alexander Payne. Devo dirvi che Andrea aveva un folle progetto pedagogico di portare ogni giorno uno di noi a fare il bagno con lei a 14 gradi, ma l’abbiamo fatto naufragare.

 

Su cosa avete discusso soprattutto?

Le discussioni sono state tante, ci siamo riuniti otto volte, abbiamo parlato e riparlato di molti film. Abbiamo notato che in alcuni registi prevaleva l’amore per il proprio stile, piuttosto che l’amore per i personaggi. Tra i film più discussi: Reygadas, Leos Carax e Ulrich Seidl. Alla fine solo Reygadas ce l’ha fatta. 

 

Il premio a “Post tenebras lux” è stato accolto con qualche dissenso.

Non so come la stampa abbia accolto quel film. Alcuni giurati sono stati molto colpiti dal linguaggio nuovo, dal rischio che questo regista si prendeva rispetto ad altri. Molte emozioni di quel film hanno continuato a crescere dentro di loro. Un’altra parte di giurati invece non è entrato dentro al film. Adesso sto facendo uno sforzo enorme per essere imparziale e rappresentare tutte le sensibilità.

 

Cosa vi è piaciuto di “The Hunt”?

C’è una forte tensione per tutto il film ed è merito dell’attore Mads Mikkelsen quanto del regista.

Perché i film americani non hanno avuto nessun premio, eppure c’era un giurato americano, Alexander Payne?

Vorrà dire che accompagneremo tutti quanti insieme in America Alexander… C’erano sei film americani, ma forse, e dico forse, cercando film a basso basso costo, si sarebbero trovati film meno laccati e leccati, più rozzi, ma più autentici e vitali. E voglio precisare che non ho nessun mito del basso costo, né come spettatore né, soprattutto, come regista.

 

Su Haneke ha cambiato idea?

Sono troppo anziano per alimentare sentimenti che mi corrodono. E poi tutti, non solo io, abbiamo notato il cambiamento di Ken Loach e di Haneke. Avrete fatto caso che sul palco ho voluto ricordare il contributo fondamentale degli attori di Haneke, Emmanuelle Riva e Jean Louis Trintignant. La Palma d’oro è incompatibile con altri premi dati allo stesso film, ma c’erano giurati che avrebbero voluto segnalare anche gli attori e la sceneggiatura di Amour, però non si poteva fare.

 

Avete completamente ignorato i divi americani.

Non sono contro il glamour purché sia all’interno di film che mi piacciano. 

27 Maggio 2012

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