Nadotti polemica con Dissenso comune

"Queste donne - ha detto la giornalista e saggista a Pesaro - sono state sempre dentro al sistema, ma ora lo attaccano"


PESAROMaria Nadotti piuttosto polemica nei confronti di Dissenso comune e del documento presentato dalle cineaste e giornaliste che hanno aderito al #MeToo in Italia. “Queste donne – ha detto la giornalista e saggista – sono state sempre dentro al sistema, ma ora lo attaccano. Le signore del cinema italiano e le gregarie del giornalismo italiano negano l’evidenza e poi si sentono oppresse. I posti di lavoro e le quote rosa sono vere sciocchezze dal punto di vista del merito cinematografico. Bisogna che dicano la loro su come fanno cinema. Fanno un cinema veramente diverso e trasgressivo? Su questo nel manifesto di Dissenso comune non c’è una parola”.

Per Paola Paoli del fiorentino Laboratorio Immagine Donna, storico festival femminista: “Per incidere nella realtà abbiamo bisogno di un circuito che faccia vedere questi film. 100 registe che si dichiarano femministe è un avvenimento che dà un senso al mio lavoro. Dobbiamo elevare il numero delle registe, che sono oggi il 5% nel mondo. Questo è un grande problema da risolvere”. 

L’intervento di Nadotti è arrivato a conclusione della conversazione tra Nadotti e Federico Rossin, curatore della sezione Femminismi del Festival di Pesaro. I due intellettuali si sono confrontati al Centro Arti Visive Pescheria. A esordire è stato Rossin dichiarando la propria volontà di “riesumare un cinema sommerso fatto di corpi vivi e film potentissimi sul lato estetico e politico, che rappresentano il cuore dell’impegno femminista, grimaldello di pensiero utile alla presa di coscienza su una realtà opaca”. La rassegna curata dallo stesso Rossin, prevede la proiezione di 11 opere a partire dal ’68 e per tutti gli anni ’70 divise in quattro programmi tematici con autrici come Gina Pane, Chantal Akerman, Joan Jonas, Martha Rosler, Hermine Freed, il collettivo Jay Street, Delphine Seyrig… Nei confronti di queste opere Rossin afferma di essersi posto come traghettatore, con l’intenzione di riattivare un corpo visivo “mai saturo o suturato, ma in continuo divenire”. Maria Nadotti, anche autrice di due mediometraggi, ha sottolineato come “il concetto di eredità di questi lavori sia legato a un percorso che ha preso il via nel passato, ma che si manifesta vivo ancora oggi”, rimarcando in questo modo il fatto che le proiezioni non sono un mero atto commemorativo. Nadotti ha spiegato che “il lavoro dei movimenti femministi ha portato alla luce il fatto che le immagini non rappresentano la realtà, ma manifestano uno statuto fluido e dinamico rivelandosi come una sorta di involucro del reale”. In questa direzione la giornalista ha invitato ad avere ben presente una realtà tutta da indagare, che può essere messa a fuoco solamente muovendosi sui margini della stessa.  

19 Giugno 2019

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