“Modigliani”


Mike DavisParigi, inizio degli anni Venti. A Montparnasse , al caffè la Rotonde, artisti rivaleggiano in intelligenza, talento, arroganza, potere. Ogni gesto è teatro, ogni entrata in scena è una sfida. E a sfidarsi, più di ogni altro, Amedeo Modigliani, italiano focoso, paradossale, orgoglio e furore, e Picasso, che ha già la forza, l’arroganza, l’ottusità e la ferocia degli imperatori. Sta qui, nell’affresco di una Parigi convulsa, sovreccitata, tumultuosa, votata alla provocazione alla dissipazione, all’eroismo e alla bohème, Modigliani di Mick Davis. Il film, una coproduzione italiana (Istituto Luce e Buskin Film) francese, inglese, tedesca, romena, intepretato da Andy Garcia e Eva Herzigova è stato presentato in anteprima europea al festival “Capri, Hollywood” e sarà in sala distribuito dal Luce, probabilmente in aprile.

E’ la Parigi di Modigliani, ma anche di Cocteau, di Utrillo, di gesti surrealisti e Dada, quella che vediamo Un film che ripropone lo stigma dell’artista come genio e sregolatezza, talento e dissipazione, anima e tragedia. Un film che vuole anche raccontare una storia d’amore appassionata, totale, che corre impazzita sulle onde del destino: quella tra Modigliani e Jeanne Hebuterne, la donna che ne condivise il destino, e anche la fine.
Il regista Mick Davis è anche lui, come il suo Modigliani, genio e sregolatezza: in una serata di freddo, pioggia, vento e mare inferocito, si presenta a gambe nude, in kilt. Scozzese doc, trapiantato a Hollywood, innamorato dell’Italia e dei suoi artisti. Cattolico e, come gli scozzesi cattolici e indipendentisti, supporter del Celtic Glasgow, la squadra di calcio con la maglia più brutta e i tifosi più belli. “Sono un romantico, lo sono sempre stato. E per me, il centro del mio film è questa storia d’amore pazzesca, devastante, eppure vera. Oggi, quando il marito muore, la moglie riscuote la sua assicurazione sulla vita e cambia l’automobile. Jeanne scelse la morte, il giorno dopo quella di Modigliani. Volevo raccontare questo amore pazzesco”.

E Davis ha voluto raccontare anche il mistero dell’arte di quest’uomo. Tutto documentato? “No, non tutto: ho aggiunto la scena della competizione tra pittori. Tutti contro tutti, Picasso contro Modigliani contro Utrillo, come in un western. Volevo una scena un po’ alla Sergio Leone. E’ il film della mia vita: l’ho scritto dieci anni fa, per dieci anni ho aspettato di girarlo”.

Andy Garcia aspetta l’attenzione dei membri della Academy Award. “E’ straordinario, un dono di Dio. Ma, dico la verità – aggiunge Davis – anni fa avevo pensato ad Al Pacino. Pacino, però, voleva fare un film diverso, teatrale, su un uomo che vuole morire. Io insistevo sulla vitalità di Modigliani”.

Quanto a Picasso, non è il ‘bad guy’, il cattivo del film. “Era uno che amava Modì, ma gli diceva: ‘fai come faccio io, e avrai successo’. Modì, però, volle sempre fare a modo suo, aveva troppa dignità, troppo orgoglio, troppa forza per essere un numero due. Modì è sempre stato un numero uno”, spiega il regista.

La Parigi del film, dai colori denaturati, sgranata, nella fotografia postimpressionistica di Emmanuel Kadosh, è stata tutta ricostruita a Bucarest. Nelle musiche si incrociano crescendo orchestrali e rapper francesi.

Davis, invece, è già al lavoro: un Ritratto di Dorian Gray con Ryan Philippe e Eva Herzigova. E poi, di nuovo un italiano, di nuovo genio e sregolatezza: Paganini.

29 Dicembre 2004

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