È stato un anno speciale per Michele Riondino, acclamato attore di teatro, cinema e televisione che nel 2023 ha recitato come protagonista nella serie colossal italiana I Leoni di Sicilia, ha debuttato come doppiatore nel classico Disney Wish e, soprattutto, ha diretto la sua opera prima, Palazzina Laf, lungometraggio dal forte carattere sociale che ha convinto pubblico e critica. Il film è stato proiettato ieri al decimo Milazzo Film Festival, in occasione dell’Acting Award che i direttori Mario Sesti e Caterina Taricano hanno voluto concedere all’attore e regista tarantino.
Michele Riondino, non si può non iniziare chiedendole un ricordo di Paolo e Vittorio Taviani, che lo hanno diretto nel film Meraviglioso Boccaccio.
Mi ha colpito moltissimo, non me lo aspettavo. Ho letto della dipartita di Paolo per caso ed è un po’, come hanno detto tanti colleghi e amici, una sorta di ricongiungimento e ci piace immaginarla così. Però è una grandissima perdita anche perché Paolo stava lavorando al suo film e non siamo riusciti a godercelo, è questo è un grandissimo dolore. Il mio ricordo è il ricordo di due persone splendide, di due artisti così diversi nel modo di affrontare e di dirigere gli attori e il set, che io sono rimasto colpito da come condividevano e si dividevano il lavoro. Abbiamo perso un maestro, l’altra parte di quella coppia che ci piace ricordare assieme.
Palazzina Laf è un film nato da un forte bisogno di raccontare una storia. Resterà solo un esperimento isolato? Oppure il mestiere da regista andrà a diventare un’abitudine della sua carriera?
Sinceramente spero di sì. Inizialmente avrei voluto farlo solo dirigerlo e non interpretarlo, proprio per godere di questo tipo di esperienza. Nel cinema i nostri desideri devono incontrare la volontà di altre figure. Quando ho fatto questo film, nel realizzarlo, il mio desiderio era quello di riuscire a convincere quelle persone che ti permettono di fare anche il regista. In questo ci sono riuscito, quindi credo di approfittarne, finché c’è l’interesse, io di storie ne ho che mi piacerebbe raccontare.
Tra l’altro il film è stato da poco proiettato al senato. Un grande onore.
Io in realtà non volevo andarci. Ho messo in guardia molto insistentemente il senatore Turco, perché ho detto: se io vengo, è a vostro rischio è pericolo, non posso trattenermi e non dire certe cose. Devo dire che ho ammirato il coraggio. Ho avuto la possibilità di dire quello che penso alla Schlein e a Conte. Avrei voluto dirlo anche al Governo, peccato non ci fosse nessuno.
La sua grande sensibilità politica l’ha accompagnata fin da adolescente o è qualcosa che si è sviluppato una volta che si è reso conto di avere una voce e, di conseguenza, una responsabilità?
L’ho sempre avuta. Il fatto di avere un ruolo pubblico, se da una parte aumenta il volume delle cose che dico, perché può arrivare a molta più gente, dall’altra parte devo essere sincero, mi mette un po’ in difficoltà. Perché io quello che penso dico e lo direi anche se non fossi un personaggio pubblico. Essendolo, naturalmente, ho una responsabilità maggiore, ma questa responsabilità non cambia le mie idee e quello che penso debba essere giusto dire. Prima ancora di essere un attore e un personaggio pubblico, sono un cittadino, e ogni cittadino dovrebbe occuparsi della cosa pubblica, e quindi fare politica. Da cittadino dico quello che penso, poi faccio anche il regista e l’attore, ma avrei potuto fare l’operaio e avrei detto le stesse cose.
Il 2023 ha segnato il ritorno in un grande personaggio siciliano. Cosa prova tutte le volte che torna a lavorare con la lingua e il territorio della Sicilia?
È speciale. Torno sempre un po’ a casa quando torno in Sicilia. I Leoni di Sicilia, Montalbano, insomma, ne ho diverse di esperienze, ma ho anche cominciato con il teatro qui in Sicilia, insieme a Emma Dante. Per me è una seconda casa. Al cinema e in teatro ho quasi parlato più il siciliano che non la mia lingua. L’emozione particolare che ho vissuto recentemente è arrivare in Sicilia con il mio film e fare sentire i miei suoni, la mia lingua. Mi ricordo che abbiamo fatto la presentazione di Palazzina Laf a Catania, a Ragusa, a Scicli, a Palermo e per me è stato emozionante: mostrare ai siciliani, che ritengo miei fratelli, far sentire la mia lingua. È stato come quando vai a casa di un vecchio parente e, da pugliese, porti le orecchiette, porti qualcosa di tuo.
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