Marc’Aurelio, la prima volta di un italiano

Il film di Alberto Fasulo, al confine tra documentario e finzione, vince il Marc'Aurelio d'oro del Festival di Roma


Il Marc’Aurelio del Festival di Roma va per la prima volta a un film italiano, TIR di Alberto Fasulo. Ed è un premio che è quasi una replica del Leone d’oro di Venezia, andato a Sacro GRA, che stavolta però segnala non un documentario puro ma un’opera di confine tra documentario e finzione. Dove un attore vero (e molto bravo) Branko Zavrsan si è calato nel ruolo del camionista al punto da prendere la patente speciale e vivere davvero per mesi in un tir dividendo la cabina con un collega che non immaginava neppure che lui fosse un attore. Un film di ricerca, costato molti anni di lavoro e una grande scommessa produttiva che ha coinvolto Rai Cinema, diverse Film Commission, produttori croati. Un film italiano ma girato in sloveno e croato lungo 30mila km di autostrade in giro per l’Europa, che ha conquistato la giuria guidata dal regista americano James Gray, peraltro molto rigorosa in tutte le sue scelte anche se un po’ sbilanciata sul versante statunitense per quanto riguarda la recitazione, con i premi a Scarlett Johansson e Matthew McConaughey.

Alberto Fasulo, friulano, classe 1976, già autore dell’acclamato documentario Rumore bianco, girato sul fiume Tagliamento, ha ricordato che “nei momenti difficili in questi cinque anni per farmi forza pensavo a una cosa come questa e adesso mi trema tutto il mondo per l’emozione. Auguro vita eterna al festival della Città eterna”. Ha poi ringraziato sua moglie, la produttrice Nadia Trevisan e naturalmente Branko “che ha creduto in questa avventura e che è un pazzo come me”. E ha aggiunto: “Ringrazio la vita intera che mi ha permesso di accendere un faro su una realtà che ci corre accanto e di cui non accorgiamo neppure”. Quella dei camionisti, impegnati giorno e notte, come si vede nel film, a trasportare merci di ogni tipo sui loro bisonti d’acciaio che sono come case viaggianti dove c’è tutto, dalla cucina alle brande. Lavoro massacrante, che ti tiene lontano dalla famiglia, che taglia le gambe ai rapporti, ma in questi tempi di crisi economica lavoro spesso necessario, meglio pagato di tanti altri. Il protagonista del film è un professore ma preferisce restare sul tir perché tornare a scuola, sia pure con una supplenza annuale, significherebbe guadagnare tre volte di meno. “Sono colpito e sorpreso – ha aggiunto Fasulo – c’è stato un momento in cui pensavo che gli dèi non volessero che il film nascesse. L’estate ha creato energia attorno al progetto: tutti hanno iniziato a volerlo sempre di più e io stesso mi sono reso conto di voler aspettare ancora un po’: si era creata una dinamica per la quale non volevo abbandonare il film, non volevo finirlo. Avevo con il film un rapporto viscerale. Sono felice che sia stato capito. Per me era già eccezionale essere invitato in concorso e ora che il film è stato premiato da questi autori che per me sono un riferimento non posso che definirmi onorato. Vuol dire che è giusto continuare”.

 “Alberto Fasulo – dice Paolo Del  Brocco, ad di Rai Cinema –  sceglie di sfumare i confini tra finzione e realtà, con una regia e un rigore stilistico che va diretto alla ricerca della verità. E’ questo gioco di specchi e questo continuo entrare e uscire dalla realtà che rende TIR un’opera molto originale, ed è ciò che più ci ha convinti a partecipare alla sua produzione, e a scommettere su un regista che ha una visione di cinema nuova e moderna”. Del Brocco è felice anche per la giovane Valentina Zucco Pedicini che con il suo documentario Dal profondo “ci mostra la durezza della vita di chi lavora nel buio della miniera raccontata attraverso l’inedito sguardo femminile di una donna minatore. Sia TIR, che sarà distribuito da Tucker Film, che Dal profondo sono sostenuti anche dalla BLS – Film Fund & Commission dell’Alto Adige. Una menzione speciale, sempre in Prospettive Doc Italia, è andata a Fuoristrada di Elisa Amoruso.

Il Sud è niente, l’opera prima di Fabio Mollo, prodotta da B24 film e Madakai in collaborazione con Rai Cinema, e distribuita da Istituto Luce Cinecittà, si è aggiudicata il Premio Camera d’oro Taodue per il Miglior produttore emergente di un’opera prima o seconda. Il premio è stato consegnato ai due produttori, i francesi, Jean Denis Le Dinahet e Sebastien Msika. Presentato in anteprima europea ad Alice nella Città, interpretato da Vinicio Marchioni e dall’esordiente Miriam Karlkvist, con la partecipazione di Valentina Lodovini, il film, già accolto molto bene al suo debutto al Festival di Toronto, ha avuto a Roma una prima straordinaria, con una sala Santa Cecilia gremita da oltre 2.000 ragazzi. Racconto della crescita di una ragazza, Grazia, oppressa dal clima di mistero che c’è attorno alla scomparsa del fratello, forse morto, forse scappato in Germania, uscirà in sala il 5 dicembre. “Siamo molto contenti che Alice prosegua nella scoperta dei talenti sia nel campo della produzione che, come già stato in passato, nel campo della regia”, ha commentato il direttore artistico della sezione autonoma e parallela Gianluca Giannelli.
Il Premio Taodue Camera d’oro per la migliore opera prima e seconda è andato invece all’americano Out of the Furnace di Scott Cooper, che ha mandato un videomessaggio da Los Angeles dicendosi onorato di ricevere un premio nella Città eterna all’ombra dei maestri italiani come Fellini, Antonioni e Bertolucci. Messaggi anche da Scarlett Johansson, la sensuale voce di Her, che pensa sia giusto arrivare dall’etere, dato il ruolo “virtuale” che l’ha fatta vincere, e da Kiyoshi Kurosawa, che dall’aeroporto di Tokyo ha mandato al volo un discorso (in giapponese) ripreso con lo smartphone. Il Premio del pubblico (40mila euro messi a disposizione dal main sponsor BLN) è andato a uno dei beniamini del festival, Dallas buyers club di di Jean-Marc Vallée (che ha vinto anche il premio per l’interpretazione maschile per Matthew McConaughey). A ritirarlo Ginevra Elkann e Francesco Melzi d’Eril, distributori con Good Films. Mentre l’attore, che anche lui ha mandato un messaggio al festival, ha voluto ricordare l’uomo alla cui vicenda il film è ispirato, Ron, un malato di Aids che scopre di poter vivere utilizzando medicine alternative che trova in Messico. “Ho ammirato molto Ron per la sua voglia di vivere. Possa vivere ancora a lungo il suo spirito che ci ha insegnato tanto”.

16 Novembre 2013

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