Mappe segrete del cinema: il Cile


Seconda edizione della Festa di Roma, ancora un diario discontinuo, semiserio, non professionale di un regista che vaga per proiezioni, convegni, mostre, e quant’altro accade in queste frenetiche giornate, alla ricerca di un filo conduttore.
Vi ricordate Perry Mason? Quando cominciava il processo, Perry dichiarava dove voleva arrivare. “E quindi, vi dimostrerò che il mio cliente è innocente…” Proviamoci anche noi: “Vi dimostrerò che, se ci si impegna, alla Festa di Roma si riesce ad entrare in contatto con quella categoria che si chiama cineasta non italiano.” Certo, bisogna impegnarsi, perchè l’abitudine porta il cineasta italiano a frequentare i suoi simili all’estero, figuriamoci in Italia, o meglio a casa sua… Ma noi ci impegneremo, o così diciamo. Perché poi, in fondo, non siamo Perry Mason, non siamo neanche avvocati (anche se quasi quasi ci eravamo arrivati…), non siamo neanche giornalisti, quindi possiamo fare quello che ci pare, e peggio scrivere quello che ci passa per la testa. E allora, cominciamo a raccontare “gli stranieri”, e poi vedremo…

La Festa in realtà comincia prima dell’inaugurazione. Comincia su di una terrazza di un albergo romano la sera del 3 ottobre, con una vista inusuale su piazza Barberini. Sembra una serata di presentazione, ma nessuno presenta niente, però c’è un clima disteso e divertente. Gruppo di cineasti romani in terrazza, genere già frequentato dalla cinematografia nazionale, che si chiede: perché. E la risposta è criptica, ma se ci pensi bene c’è. Secondo me la serata è fatta apposta per mostrare alle folle che “gli organizzatori sono tranquilli”. Volti distesi, tracce di abbronzature, perfino sorrisi non tirati sulle labbra. Sì, adesso siamo molto più tranquilli, tutti. Lo dirà anche Piera Detassis: “L’anno scorso eravamo incoscienti ma preoccupati, quest’anno, sappiamo cosa ci aspetta, ma l’emozione non ci manca…” Polemiche, risse, film contesi: con quelle facce non è possibile, semmai dovranno cambiarle, e noi ce ne accorgeremo… Comunque, sulla terrazza, non c’è pericolo di trovare “cineasti non italiani”…
Ma il primo pericolo si concretizza il 14. E chi ci va è perché se l’è cercata. Perché il titolo, come dovrebbero fare i buoni film, lo dice subito: CineCile. Sottotitolo: Sguardo sul cinema cileno contemporaneo. Casa del cinema, presentazione conviviale, seguono film. Ed ecco il primo impatto. Delegazione di registi cileni, con un accompagnamento da far “tremar le vene e i polsi”: Presidente della Repubblica, Ministro della Cultura, funzionari di grido della TV pubblica… Perché in quegli stessi giorni c’è la visita di Stato della Presidenta (così le piace) Bachelet, che accompagnata dalla Ministra (sic) della cultura Paulina Urrutia, sigla accordi culturali con il governo italiano. Da non dimenticare la cena con i capi di Stato di Cile e Italia, vecchi amici, piena di militari di tutt’e due le nazioni. Ma fa impressione vedere le divise cilene, quelle per intenderci che indossava Pinochet, indossate adesso “dai nostri”. Mi sembra una scena di un film che ho già girato…Delegazione registi cileni

 Nel corso dei giorni, tutte le manifestazioni pubbliche della delegazione cilena sono contrassegnate dalla presenza di queste cariche istituzionali piuttosto… pesanti. Che però fanno di tutto per far dimenticare chi essi realmente siano. Per esempio, alla Promototeca in Campidoglio, pomeriggio di consegna del premio Filmcritica a Raoul Ruiz, chi trovate ad accogliervi alla fine dello scalone che avete salito affannati? Proprio lei, la Ministra. Che fra l’altro, è notissima in Cile per aver interpretato a 18 anni una famosissima serie televisiva su Teresita de los Andes, prima santa cilena. E che per anni è stata alla testa del sindacato degli attori… E che oggi parla con competenza e senza alcuna supponenza di beni culturali, di archeologia, di strategie della comunicazione. Il tutto, tenendo a sottolineare che se domani le dicessero di non essere più ministro, in fondo sarebbe perfino contenta, perché così potrebbe riprendere a recitare! A chi ci va la mente in questo momento?…. La delegazione dei registi si stringe il giorno 18 intorno al decano Raoul Ruiz, la Presidenta in persona lo omaggia, con parole tutt’altro che retoriche, che trasudano l’amore che tutta quella generazione ha portato e continua a portare verso il cinema, quello di casa propria in primis (meditiamo, meditiamo…) ma verso quello italiano in particolare. Mi viene in mente qualche festival dove non sono riuscito a vedere neanche l’ambasciatore italiano. Aleggiano il nome di Rossellini, questa volta evocato come grande amico del Cile e del presidente Allende che, pare, lo diceva il Maestro e lo ricorda Kezich, quando fu ucciso indossava una cravatta regalata da Rossellini. Mai prendere caramelle dagli sconosciuti!!!! I registi cileni ricordano anche che Puig in persona, lo scrittore culto della mia generazione, studiò e si formò a Roma, e tutti loro cercano tracce del passaggio di cileni in Italia. Molti di loro (Silvio Caiozzi, Boris Quercia) sono di origine italiana, masticano poche parole per lo più dialettali, ma si sentono parte dello scenario. Per inciso, uno di loro, Boris Quercia, è a Roma con il suo ultimo film, di cui è insieme regista e attore. E sapete come si chiama? El rey de los Huevones. Che sarebbe a dire “Il re dei coglioni”. A quale regista italiano possiamo consigliare altrettanto coraggio? Mi viene in mente che qualche conto in sospeso con il Cile ce l’ho anch’io.

1975, Bari. Sono appena arrivati i primi pesanti videoregistratori, e con loro arriva un gruppo di muralisti cileni, per disegnare murales, ma soprattutto per fare propaganda contro il golpe di Pinochet. E’ stato il primo documentario che ho girato, e soltanto in estate ho saputo i nomi “veri” dei muralisti, tutti muniti regolarmente di nome di battaglia. I registi decidono di voler vedere Cinecittà. Parte la visita guidata, Franco Mariotti in testa, ma la seconda posizione è la mia! Quasi nessuno di loro ha mai girato in teatri di posa, tranne “el Rey”, che però dice essere stato un capannone più che un teatro. Stupore davanti al mitico Teatro 5 (a mezzavoce diciamo che adesso c’è la TV, loro dicono anche in Cile), foto sul set di Gangs of New York. La visita termina ai laboratori, con la richiesta di molti dettagli tecnici. Loro, per far lavorazioni digitali vanno in Canada, noi gli proponiamo di venire a Cinecittà, magari parte una trattativa. Sabato alcuni di loro partono, lunedì sera festa dal titolo “El Cine està de Fiesta”, una delle organizzatrici è Patricia Rivadeneira, ex addetto culturale all’ambasciata, direttrice dell’Istituto di cultura latino americana, ma soprattutto, anche lei, attrice famosissima in Cile. Ci lasciamo, ma io ho un altro compito, oltre il mio impegno con voi. Scrivere ad un cileno che è stato per tutto il tempo sulla bocca di tutti noi, e che, già me lo ha scritto, è gelosissimo di sapermi con i suoi amici cileni, a Roma: Antonio Skarmeta, quello del “postino di Neruda” per intenderci. Magari gli giro pari pari questa corrispondenza.

P.S. Noto con orrore e stupore insieme che sono riuscito a non parlare di film. Non è che sono già stato contagiato dalla malattia più diffusa tra i giornalisti di cinema?

19 Ottobre 2007

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