Manetti bros.: “Il nostro ‘Diabolik’ è un Noir, non un Cine-Comic”

La coppia di fratelli registi ospiti della chiusura della 31ma edizione del Noir In Festival con l’anteprima del film, in uscita nelle sale


MILANO – “Una storia incredibilmente longeva, l’anno prossimo ricorrono i 60 anni. Diabolik fu un primo passo dentro il nero assoluto, costruendo una mitografia. Un immaginario estetico, non solo narrativo”, così John Vignola apre – da moderatore – l’incontro con Marco e Antonio Manetti, i Manetti bros., al Noir in Festival come attesissimi ospiti di chiusura della 31ma edizione, a poche ore dall’anteprima del loro Diabolik (leggi articolo), dal 16 dicembre al cinema. 

Partendo da una storica considerazione di quello che loro considerano il loro Maestro, Alfred Hitchcock, ovvero quella frase famosissima per cui il regista britannico sosteneva che il momento della lavorazione sul set fosse molto noioso e che gli attori sono come bestiame, prende il via una conversazione che man mano s’immerge nel nero diaboliko, del personaggio, del fumetto e del film. “Il set ha qualcosa di sopravvalutato: è il momento più sacro per il film ma non è l’unico. Il set è il momento più collettivo per l’Arte del Cinema: ma il Cinema si fa sia prima, che dopo, ma sul set noi non ci annoiamo mai! Siamo appassionati di Hitchcock: era una persona che amava provocare, sì ha detto che gli attori sono come bestiame ma… basta vedere i suoi attori per pensare che non lo pensasse davvero. Cosa voleva dire Hitch? È vero che lo scambio con gli attori è importantissimo: credo lui volesse dire che nel mestiere dell’attore c’è il dovere di fare quello che il regista ti chiede”, spiega Marco. 

Diabolik è un universo sacro per i puristi, è intrattenimento per molti, ma è anche qualcosa che non è come può sembrare di primissimo acchito, come tiene a precisare ancora Marco: “Ci sta tartassando l’equivoco del ‘film Marvel’, solo perché c’è un personaggio con la tuta: noi ci abbiamo tenuto a essere al Noir in Festival, sia per avere il comfort della famiglia – tale consideriamo la manifestazione -, sia per il nome del Festival, perché il nostro Diabolik è un Noir, non un Cine-Comic, che amiamo per altro. Il ritmo del racconto è quello del Noir: l’ossessione del ritmo veloce toglie fascino al racconto. Noi abbiamo scelto di essere un po’ retro e fare un film che si prende la licenza di cercare di suggestionare piuttosto che narrare a velocità sostenuta”. 

Certamente Diabolik, si sa, nasce dalla fantasia e dal desiderio delle sorelle Giussani, ma necessariamente un film comporta un adattamento, se si vuole anche una forma di fedeltà all’originale: “Pensiamo che non ci siano motivi per non essere fedeli. La fedeltà secondo noi è conditio sine qua non, e Diabolik vuole essere fedele al fumetto, ma non essere un fumetto filmato”, continua ancora Marco, che ricorda: “Da piccoli abbiamo visto il film di Mario Bava, ma poi non ci è venuto in mente per il nostro, pur essendo suoi grandi ammiratori: siamo partiti dal fumetto, tra l’altro da piccoli vedendo il film rimanemmo molto delusi perché non c’entrava niente con il Diabolik delle Sorelle milanesi. Però, da adulti, l’abbiamo rivisto e capito che qualcosa aveva comunque raccolto dall’originale”. 

“Quando si trae un film da un libro hai meno responsabilità perché non l’hai visto…, mentre noi dovevamo adattare un fumetto…: noi dovevamo trovare un’immagine che fosse giusta per il cinema ma che rispettasse il fumetto, per l’essere iconici dei personaggi e delle loro macchine”, precisa Antonio, che aggiunge: “La bellezza delle Giussani era l’essere imprenditrici, cioè volevano anche fare successo: avevano capito che quello che le rappresentava di più era qualcosa di personale; infatti, entrata Eva nel racconto fanno successo”, perché loro non volevamo somigliare a Eva ma essere Eva. 

“Diabolik è un titolo, una parola efficace e evocativa, ma la vera forza del fumetto è la coppia. E il numero 3 della collezione – da cui è tratto il film dei Manetti bros. – è quando Diabolik nasce davvero: in questa uscita, le Giussani hanno inventato Eva e quindi Diabolik, fino a quel punto lui era una copia di Fantomas. Credo sia la prima volta nel Noir di evasione in cui la donna è l’eroina che salva, cosa fondante. Eva cambia Diabolik: nei primi numeri ha un certo compiacimento dell’uccidere, lei lo porta a farlo se necessario, senza compiacimento né sadismo” spiega infine Marco.

Nicole Bianchi
15 Dicembre 2021

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