Lunetta Savino e la rivoluzione dei sex toys

L'attrice è protagonista di Rosa, di Katja Colja, presentato al Bif&st in anteprima mondiale. La storia della rinascita di una sessantenne che scopre la sua sessualità


BARI – I sex toys e la rinascita di una sessantenne spenta, quasi annichilita da un grande dolore, sono al centro di Rosa, il film di Katja Colja presentato al Bif&st – Bari International Film Festival in concorso nel Panorama internazionale. Il personaggio, interpretato da una Lunetta Savino inedita, protagonista assoluta e pronta a invecchiarsi sullo schermo senza timore di mostrare capelli bianchi e rughe, ciabattando per casa, è quello di una donna che perde una giovane figlia in un incidente in mare. Sposata da quarant’anni con lo sloveno Igor (Boris Cavazza), Rosa si è trasferita a Trieste dalla Puglia. Ormai i due vivono da separati in casa, divisi in tutto, anche nelle idee politiche, con quei busti di Lenin e Tito a rendere il contrasto tangibile. Non riescono a elaborare il grande lutto per la perdita della figlia minore Maja, nonostante la maggiore Nadia (Anita Kravos) stia per sposarsi. Fino al giorno in cui Rosa scopre, quasi per caso, qualcosa che non sapeva di Maja: la ragazza vendeva sex toys insieme a Lena, una parrucchiera con una variopinta seconda attività. 

Prodotto da Daniele Di Gennaro per Minimum Fax Media e da Igor Pedicek per Casablanca, con Rai Cinema, Rosa è scritto da Elisa Amoruso, Katja Colja e Tania Pedroni, su soggetto della stessa Colja e di Angelo Carbone. La regista, triestina con studi presso l’Accademia delle scienze e delle arti a Ljubljana, racconta di essere partita da una vicenda autobiografica: “Mia madre, dopo la morte di mio padre, si è innamorata di nuovo e a 65 anni ha scoperto se stessa e una nuova identità. Una storia che mi ha toccato personalmente e mi ha ispirato il racconto di una coppia che affronta un lutto molto grave, come la perdita di una figlia. In un certo senso racconto anche un tabù, però le storie legate alla sessualità riguardano tutti e interessano molte più persone di quanto si creda, non credo che si tratti di pornografia anche se mostro apertamente l’uso di un vibratore”.

Il film esplora anche l’incontro tra culture diverse. “Anche io – spiega Colja, che annovera tra i suoi lavori il doc C’era una volta la città dei matti – ho sofferto tanto per essere cresciuta a metà tra due lingue, l’italiano e lo sloveno. Volevo raccontare questa difficoltà con amore, proprio attraverso la relazione tra due coniugi che vengono da due mondi diversi”. “La differenza di lingua – aggiunge Lunetta Savino – ci è sembrato un modo in più per descrivere la distanza tra marito e moglie. Tra loro due parlano italiano, ma lui ricorre allo sloveno come lingua dei sentimenti”. Un’altra interprete, Simonetta Solder, friulana e austriaca, sottolinea di aver usato l’accento austriaco che aveva sentito nella sua infanzia per mostrare questa dicotomia che nel suo personaggio si esprime nel doppio lavoro di parrucchiera e sexy consigliera. “Accettare chi parla una lingua diversa – aggiunge la regista – chi sente il mondo in modo diverso, non è facile, quando cresci con un muro e i muri invisibili sono anche peggiori di quelli tangibili”.

Lunetta Savino, arrivata alla celebrità grazie a Un medico in famiglia e oggi molto presente nel cinema, specialmente di commedia, è convinta che nel film ci sia un forte elemento femminile. “Mette insieme l’elaborazione del lutto e la rinascita di una donna che diventa consapevole della propria sessualità e comincia a scongelarsi”. Ma per la regista Rosa non è film femminile, “c’è spazio anche per il marito che riesce a sopportare e supportare questa donna”. Lunetta racconta di aver accettato senza problemi la sfida di un personaggio sciatto: “Non mi sono mai sottratta alla possibilità di imbruttirmi o di invecchiare in scena se il personaggio lo richiede. Invece mi ha spaventato un po’ la scena dell’autoerotismo, ma Katja l’ha girata in modo delicatissimo, quasi come se fosse una danza. È stato un lavoro sul corpo, anche perché nel film ci sono tanti silenzi”.

È stato difficile far accettare questi temi ai produttori? “I più coraggiosi – risponde la regista – sono stati gli sloveni che hanno dato il primo finanziamento, poi sono arrivati il MiBAC, Eurimages e alla fine anche Rai Cinema. Ma io non mi sento particolarmente coraggiosa, ho semplicemente raccontato la storia che volevo raccontare e il film è stato ben compreso e accolto dal pubblico”. Mentre per Lunetta “mettere la sessualità femminile al centro della narrazione, specie nei tempi del #MeToo, è un atto rivoluzionario”. Rosa arriverà in sala a settembre e avrà una distribuzione anche in Slovenia e probabilmente in Francia.

01 Maggio 2019

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