E’ una produzione Moonlight Cinema&Televisione, KahunaFilm, SNVItalia.
Tutto comincia con le parole che Stanley Kubrick rivolge al regista del doppiaggio italiano, Mario Malde, in Full Metal Jacket: “Se non hai un bravo attore, ogni cosa suona falsa.”
Ma cos’è esattamente il doppiaggio? Qual è il significato di dare voce a un film? Il film è un viaggio alla scoperta di una pratica che, pur diffusa in altri paesi, ha conosciuto uno sviluppo eccezionale in Italia. E che, partendo dalle parole di uno dei più grandi registi di sempre, mette in primo piano i talentuosi doppiatori che ci hanno aiutato a trovare la risposta.
Partendo dalla voce di uno dei più grandi registi della storia, così incontriamo tanti personaggi. Non solo doppiatori o direttori di doppiaggio, ma anche personalità come Nicoletta Maraschio, presidente onoraria dell’Accademia della Crusca, Masolino D’Amico, coautore della sceneggiatura di Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli, forse l’unico regista italiano, fa notare Caterina D’Amico, che ha girato quasi tutti i suoi film in inglese con cast internazionali, facendo così diventare il doppiaggio una condizione precedente la stessa sceneggiatura. Ma quale è la versione originale? Quella italiana, dunque doppiata, o quella inglese in presa diretta?
Fellini, se non avesse usato il doppiaggio, nota il suo storico collaboratore Filippo Ascione, mai avrebbe scelto i volti che caratterizzano i suoi film. In poche parole: senza doppiaggio Fellini non sarebbe stato Fellini. E, senza il doppiaggio, il cinema dei grandi autori italiani sarebbe quello che è? Le loro inquadrature, si chiede Fabio Melelli, avrebbero potuto essere quelle che sono? Il loro modo di girare, che allora parve tanto rivoluzionario, sarebbe stato quello che è stato? Perché, si chiede Gianluca Farinelli, Pasolini volle doppiatori leccesi per Il fiore delle mille e una notte? E perché Andy Warhol volle Pasolini a dirigere il doppiaggio di Trash? È possibile considerare il doppiaggio un atto poetico e creativo? O, come dice Stanley Kubrick, una forma d’arte? Il nostro viaggio si snoda tra studi di doppiaggio, case dove nacquero le più importanti sceneggiature del nostro cinema, le splendide sale dell’Accademia della Crusca, i grandiosi ambienti della Fondazione Zeffirelli, della Cineteca di Bologna e dell’Università per stranieri di Perugia con una domanda che, forse, le racchiude tutte: se la pratica del doppiaggio non fosse stata così diffusa nel nostro paese, oggi noi, nel bene e nel male, parleremmo come parliamo? In poche parole: saremmo quello che siamo.
“Ho immaginato La voce senza volto – dice il regista – come un viaggio per conoscere il doppiaggio e le sue implicazioni sulla vita di tutti. Si tratta, infatti, di una pratica che ha avuto da noi uno sviluppo eccezionale, dando lavoro a migliaia di persone, ma è anche un’attività che ha avuto conseguenze sulla creazione artistica, sulla cultura e, forse, sulla storia del nostro paese. Siamo sicuri che un regista come Federico Fellini avrebbe potuto scegliere i volti che ha scelto nei suoi film se non avesse potuto contare sul doppiaggio? Il fatto, poi, di poter fruire di film stranieri con la stessa facilità con cui si potevano vedere film italiani non ha avuto un forte impatto sulla penetrazione, nel nostro paese, di modi di fare e di pensare che non ci appartenevano? Sarebbe stato possibile immaginare il personaggio di Alberto Sordi in Un americano a Roma senza l’abitudine di doppiare i film statunitensi? Perché noi oggi, come insulto, usiamo la parola “bastardo”?
Ho immaginato questo docufilm come un viaggio di argomentazioni; l’ho immaginato nel grande spazio della ragione e della logica. So bene che logica e ragione, di solito, sono considerate nemiche dell’ispirazione artistica, ma, in questo caso, vorrei che fossero loro a far scaturire la nostra emozione. L’emozione del ragionamento, dell’analisi, della rievocazione del passato, della fascinazione del futuro. Della soddisfazione di capire e conoscere”.
Il doc è co-prodotto da 39 FILMS - Simona Banchi e Alfredo Federico e Luce Cinecittà, anche distributore: Non chiudete quella Porta, di Francesco Banesta e Matteo Vicentini Orgnani, debutta in anteprima nella selezione del Festival in corso a Roma, dove è in programma il 20 novembre ore 20
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