TORINO – La musica, e in particolare il jazz, è un vizio di famiglia. Il cinema anche. Kyle Eastwood, figlio di Clint e Maggie Johnson, è al Torino Film Festival 2023 per parlare del suo lavoro e di suo padre. Master class e concerto, ai Murazzi, per il 55enne californiano, studi alla University of Southern California, pianoforte e basso elettrico i suoi strumenti d’elezione. Tra i maestri il bassista francese Bunny Brunel e poi tante colonne sonore: Mystic River (2002), Million Dollar Baby (2004), Flags of Our Fathers (2006), Lettere da Iwo Jima (2006), Gran Torino (2008) e Invictus (2009) le più importanti. A Torino ha portato anche un filmato in cui intervista papà Clint, al lavoro sul nuovo film Giurato numero 2, che sta finendo di girare ad Atlanta in Georgia con Nicholas Hoult e Toni Collette.
I suoi genitori le hanno trasmesso la passione per la musica.
Sì, i miei sono due fans di musica e cinema, in particolare del jazz. Sono cresciuto in mezzo ai dischi, ho ascoltato anche tanto country western.
Ha iniziato a studiare musica da molto piccolo.
Avevo 5 anni quando ho iniziato il pianoforte a cui si sono aggiunti la chitarra e la recitazione. A 14 anni ho avuto un ruolo in Honkytonk Man del 1982. Poi sono passato al basso. Da adolescente pensavo di diventare regista, poi al college, quando avevo 16 anni, la musica ha preso il sopravvento.
Qual è stata la sua prima partecipazione a un film di suo padre?
La prima comparsata risale a un film del 1970 dove avevo una scena con William Holden, ero solo un ragazzino in un negozio, non dicevo una parola. La mia interpretazione principale è stata come dicevo in Honkytonk Man, che tra l’altro mi ha fatto conoscere il country americano degli anni ’30 e molti gruppi di cui non avevo mai sentito parlare. Ma non ho mai voluto fare l’attore, ero interessato a quello che accade dietro la macchina da presa e sono felice di lavorare nel cinema come musicista.
Ha firmato nove colonne sonore. Quali sono le sue preferite?
Gran Torino mi è piaciuto particolarmente, sono molto fiero anche di Lettere da Iwo Jima.
Come si svolge la vostra collaborazione?
Dipende, a volte lui siede al piano e accenna una melodia, ancora prima di girare il film. Io la registro, la metto al computer e comincio a sperimentare. Una volta che c’è un primo montaggio lo riguardiamo insieme e selezioniamo alcune scene che ci sembrano importanti dal punto di vista musicale e lì comincio a lavorare al pianoforte.
E’ vero che dopo ‘Space Cowboys’ Clint pensava di ritirarsi?
Non me lo vedo ad andare in pensione. Ha una dipendenza dal lavoro che lo mantiene giovane e vivo.
Chi sono i più grandi bassisti di tutti i tempi?
È difficile fare un solo nome, citerò James Jamerson, Ron Carter.
Ennio Morricone ha incrociato la carriera di suo padre nel periodo italiano, quello dei western di Sergio Leone.
Ho incontrato Morricone a Parigi non molti anni fa, un grandissimo compositore. Sono appassionato di spaghetti western, hanno cambiato il western e innovato il genere che in quel momento non era più così popolare in America e sicuramente le musiche di Ennio Morricone hanno avuto un ruolo.
Qual è stato il film più facile?
Gran Torino, il processo è stato molto naturale e organico. La musica era particolarmente adatta ed è stata un complemento importante alla narrazione. La musica era di mio padre e venne sviluppata da me con Michael Stevens. ricordo che registrammo il brano principale a casa di mio padre, al pianoforte, abbiamo tenuto quella versione con l’aggiunta degli archi.
E il più difficile?
Changeling, la musica ha richiesto molto tempo e ce n’è molta in quel film. Clint ha cambiato tanto al montaggio.
Cosa le ha trasmesso sul piano personale?
L’amore per la musica e per il cinema. Sono cresciuto vedendo film insieme a lui e ancora lo facciamo, ogni tanto vediamo un film in tv oppure su un vecchio Betamax, li scegliamo a turno e lui mi fa scoprire film degli anni ’30 e ’40. Mia figlia è una musicista e spero che continuerà la tradizione di famiglia.
Qual è il segreto di suo padre?
Non so quale sia il suo segreto. E’ innamorato della recitazione e più ancora della regia, che è la parte che lo appassiona di più, ha sempre voluto fare il regista, fin da quando recitava in tv. Se lo chiedi a lui, ti dirà: essere al posto giusto nel momento giusto.
Com’è nel privato?
È diverso dai suoi personaggi, più rilassato, accessibile, anche se ci sono aspetti di lui in ogni suo personaggio. Ha molto umorismo. Il personaggio de I ponti di Madison County è quello più vicino a com’è lui.
Parlate mai di politica?
No. Negli anni ’70 qualche critico di sinistra lo considerava di destra, anzi fascista, ma a lui piace rappresentare gli emarginati, coloro che non si possono difendere. Quello che conta è una buona storia.
C’è un film di cui avrebbe voluto scrivere la colonna sonora?
Nuovo Cinema Paradiso. Quanto ai miei riferimenti sono John Williams, Ennio Morricone, Henry Mancini, Bernard Herrman, che è andato da Hitchcock a Taxi Driver.
Ha mai avuto problemi con una presenza così importante accanto a sé, un uomo leggendario?
Non mi disturba avere un padre famoso, per me è sempre stato mio padre, non una star del cinema. Certo, è un artista che ha avuto una carriera straordinaria di cui vado fiero.
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