Jacques Audiard maestro di cinema: “Per filmare violenza e amore bisogna saper mentire”

Autore di 6 film in 20 anni, il regista francese ha tenuto la Master Class del Festival di Cannes


CANNES – Quest’anno Jacques Audiard è venuto a Cannes senza portare un film in competizione, ma con gli onori della tradizionale Master Class di Cannes Classics, che negli anni ha ospitato i più grandi maestri del cinema. Sollecitato dal critico Michel Ciment sulla tecnica della sua arte, che lo ha portato a sfornare 6 film in 20 anni e a ottenere il Grand Prix del Festvial con l’ultimo, Sapore di ruggine e ossa, nel 2012, il regista figlio d’arte è tornato indietro nel tempo con ironia e curiosità verso il suo stesso lavoro.  

Le sue parole corrono, si accavallano, non riescono a star dietro ai pensieri e ai ricordi, come quelli sui suoi inizi da montatore: “Ho una pratica artigianale del cinema. Tutto inizio’ da una storia con una montatrice, che mi scateno’ l’interesse per il suo mestiere. Fu una rivelazione, all’epoca trovai molto bello il rapporto fisico con la pellicola e capii la costruzione drammaturgica che si puo’ realizzare col montaggio, una vera e propria scrittura”. Più tardi Audiard passo’ alla sceneggiatura; ne scrisse una all’anno finché nel 1994 non passo’ alla regia con Regarde les hommes tomber. “Ma non sono passato alla regia per la frustrazione che hanno a volte gli sceneggiatori, piuttosto perché la scrittura non mi era più sufficiente per raccontare una storia”. Non per questo l’ha abbandonata: “Sulle mie labbra nasce da un’idea originale. Ci ho messo quattro anni per scriverne la sceneggiatura e non ne sono fiero – ha detto ridendo – quindi, Michel, non infierire: i Dardenne fanno un film ogni tre anni e sono anche in due. Se fosse solo uno ci metterebbe sei anni! In ogni caso quel film è stato un momento importante, in cui ho capito la necessità di creare in libertà”.    

Nella sua carriera, il regista de Il profeta è stato piuttosto “fedele”: ha sempre lavorato con la stessa montatrice – Juliette Welfling, “Abbiamo imparato insieme il mestiere: Regarde les hommes tomber era anche il suo primo lungo per il cinema” – e con lo stesso musicista – Alexandre Desplat. Con i suoi attori principali, invece, ci ha lavorato almeno due volte, da Jean-Louis Trintignant a Mathieu Kassovitz, da Emmanuelle Devos a Niels Arestrup. Ma dice: “Non ne posso più del casting alla francese. Ho lavorato con Cassel, Devos, Duris, attori formidabili di cui sono felicissimo, pero’ in generale nel nostro cinema c’è poco rapporto con la strada: raramente i magrebini, ad esempio, assumono una dimensione eroica. Volevo fare entrare visi che non conoscevo nella grande forma del cinema, e cosi’ per Il profeta ho scelto Tahar Rahim. Per quel film volevo che nessuno fosse riconoscibile, anche perché non è che in prigione puoi aprire la porta e trovarti davanti, che so, Vincent Lindon! Ci voleva una condizione di anonimato. Invece il boss, Niel Arestrup, poteva essere conosciuto per avere autorità”.  

Nei suoi sei film, fa notare Ciment, c’è una predilezione per il genere e per le storie d’amore: “Ma è difficile filmare la violenza e amore: sono le due cose che, per convenzione, sai essere false. Sono due posti in cui cinema mente: bisogna solo scegliere come mentire”.

23 Maggio 2014

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