Il Dizionario amoroso di Gilles Jacob

In occasione dei festeggiamenti per il 75 anniversario del Festival di Cannes esce in nuova veste una bibbia fondamentale, il 'Dictionnaire amoureux du Festival de Cannes'


In occasione dei festeggiamenti per il 75 anniversario del Festival di Cannes esce in nuova veste una bibbia fondamentale, il ‘Dictionnaire amoureux du Festival de Cannes’ (Éditions Plon) amorevolmente redatto da Gilles Jacob.

L’ex direttore del Festival che aveva rilanciato le sorti della manifestazione francese dal 1977 in poi, ne racconta l’evoluzione in centinaia di voci dotte, ironiche, autocritiche, raffinate, senza peli sulla lingua. Dalla “A” di Accident (L’incidente di Joseph Losey), fino ai “ZZZ” delle rêveries notturne dell’autore.

En passant per l’irresistibile voce “Gaffes”.

Dalla prefazione: «Abracadabra! Avrò sicuramente bisogno di questa formula magica, scoperta nei libri illustrati della mia infanzia, per rievocare l’ universo, anch’esso magico, del Festival di Cannes, un terreno meno noto di quanto si possa immaginare. Dovrò muovermi nello spazio e nel tempo, tra artisti e film, tra anni, persone, eventi, ricordi, per cercare di ricreare almeno un frammento di quella che era la vita delle star e dei creatori, la vita di chi ha inventato, lanciato, sviluppato, commentato il Festival, di coloro che desiderano rimanere nell’ombra così come di coloro che non sono spaventati dalla luce, anzi ne vengono attratti». Fellini, Antonioni, Visconti, Bolognini, Olmi, Taviani, Pasolini, Bertolucci, Moretti, sono tra i tanti cineasti italiani cari al cuore di Gilles Jacob che vengono ricordati calorosamente nelle ottocento pagine del suo Dizionario.

Un solo esempio, Marco Bellocchio. «Nonostante i suoi cinquant’anni di cinema, questo autore importante, sensibile, assai impegnato politicamente, desideroso di nuove esperienze, non è il più noto dei maestri italiani all’estero. Gli anni passano anche per lui, alcuni suoi film d’un tempo perdono vigore, ma Marco Bellocchio è ancora qui. E fa sempre dei bei film, a volte anche grandiosi. Ha visto scomparire a poco a poco i suoi amici registi, ha visto crollare intorno a sé il cinema della penisola. Ma fermo come una roccia nel flusso delle maree, Marco dimostra una solidità sbalorditiva. Uomo del Nord (Piacenza), aspetto giovanile, basso, tozzo, occhi scuri, voce morbida, timida, secco come un vitigno piemontese, su era sempre interessato molto al tema della diversità, come si vede da Salto nel vuoto (Cannes 1980 ). In cui Michel Piccoli e Anouk Aimée, il giudice e sua sorella, un vecchio scapolo perverso, e una sacerdotessa dell’assenza, raggiungono le vette semplicemente con il loro modo d’essere.  (…)

Di conseguenza, il premio alla doppia interpretazione, anche se nella copia proiettata a Cannes erano stati ambedue doppiati in italiano rispettandone il fraseggio. Doppio premio e – sorpresa! – questo è tutto per Marco fino ad oggi!

Buongiorno, notte (2003) sul rapimento di Aldo Moro ha ottenuto solo un premio di consolazione a Venezia, e Vincere nulla di nulla a Cannes 2009. Una decina i film di Bellocchio presentati negli anni in concorso o nelle sezioni parallele. Possiamo dire che la sua arte è stata ben poco apprezzata dalle giurie di Cannes e da quelle di altri grandi festival. Che sia perché, da I pugni in tasca – ritratto di un matricidio – e fino a Vincere – sull’internamento di un’amante di Mussolini –, passando per Salto nel vuoto, l’opera di Bellocchio riflette sulla follia, sui diversi tipi di demenza? La follia risulterebbe spaventosa?

A dire il vero, quando vinci così raramente in un grande festival e sei un regista di talento e assai rispettato, c’è qualcosa di cui preoccuparsi. Appena tornato a casa e mentre cammina a passo svelto lungo i marciapiedi della sua città, Marco lascia vagare la mente. Si chiede se tale incomprensione derivi da ciò che dipinge o se siano piuttosto i membri delle giurie ad essere un po’ matti. Altre volte si dice che forse è lui che non è all’altezza, ma poi rinuncia a questo esercizio d’introspezione perché ha troppo bisogno dei festival e quindi gli riproporrà i suoi film, a prescindere dall’esito della competizione. Questo disprezzo gli sta a cuore: nel suo film del 2007 Il regista di matrimoni, un regista finge la propria morte per ottenere il riconoscimento che non aveva mai avuto durante la sua vita. (..) Tante acute indagini per un uomo che attraversa con ironia i disordini del proprio tempo. È per tutti questi motivi (anche quelli irrazionali), oltre che per il suo mancato rispetto nei confronti dei valori stabiliti – la famiglia, la Chiesa, l’esercito, la giustizia, ecc.  –  che presentiamo volentieri le armi a questo alfiere della ribellione».

Lorenzo Codelli
20 Maggio 2022

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