Hiam Abbass: “Quando la guerra è un rumore di fondo costante”


VENEZIA – “Conosco abbastanza bene il cinema italiano, ho avuto la fortuna di essere in giuria a Cannes con Nanni Moretti e adoro il suo cinema. Mi ha sfidata dicendomi che se entro un anno imparo l’italiano potrò recitare per lui”. L’amore di Hiam Abbass per il cinema italiano – celebre attrice palestinese di film come il candidato all’Oscar Paradise Now, Il giardino di limoni e Munich di Steven Spielberg – è evidente anche in Héritage, il suo esordio dietro la macchina da presa visto oggi alle Giornate degli Autori. In una scena, infatti, inquadra insistentemente un manifesto di La dolce vita che decora una porta scorrevole, e dopo aver lavorato con i grandi del cinema internazionale non le dispiacerebbe calcare un set italiano. Per il suo esordio ha scelto una storia autobiografica, ambientata in Palestina sotto un costante frastuono di elicotteri e bombe di cui nessuno sembra preoccuparsi più di tanto. Quando si sposa una delle figlie e il papà cade in coma profondo, oltre alle bombe esplodono però anche i conflitti e le bassezze familiari. Hajar/Hafsia Herzi è una ragazza indipendente e determinata, che si è innamorata di un ragazzo inglese e non musulmano contro ogni precetto tradizionale. E’ lei l’alter ego della regista, che deve affermare la sua identità e libertà in un contesto che la vuole omologata a un sistema che non è affatto esente da ombre. A Cinecittà News ha raccontato la genesi e le scelte fatte per la sua opera prima.

 

Un esordio davvero personale, che attinge dalla sua biografia. L’ha elaborato a lungo prima di mettersi al lavoro?

Dopo aver fatto già due cortometraggi da regista avevo voglia di continuare a inquadrare, a immaginare, a dirigere gli attori, ma anche di condividere una storia molto mia. In realtà, però tutto è nato da una sceneggiatura che ho ricevuto, con la richiesta di dirgerla. Mi è piaciuta ma ho accettato a condizione che potessi parzialmente riscriverla con un mio tocco personale.

 

Héritage è un film politico, ma anche una saga familiare.
Mi è molto cara la moltitudine di questa struttura familiare, che rappresenta un pezzo della nostra società. Non sono solo personaggi, ma persone vere della società in cui sono cresciuta e che ha determinato ciò che sono diventata. Anzi, in ognuno dei personaggi c’è qualcosa di qualcuno che conosco.

 

La guerra è onnipresente, si sente costantemente il suo rumore all’esterno, ma i protagonisti quasi non ci fanno caso.

Ho fatto lunghe riflessioni su cosa caratterizzasse una famiglia palestinese che vive in Israele, e lentamente si è imposta in me questa sensazione di minaccia costante nel quotidiano. La famiglia è avviluppata in questa guerra, che allo stesso tempo le dà un’identità particolare. Perciò ho pensato a questo rumore di fondo, dentro al quale sono cresciuta io stessa. La guerra è sempre stata per me un rumore di fondo, mai qualcosa di vissuto.

 

La protagonista decide di lasciare il paese per essere libera. L’unica soluzione è partire?

In molti non fuggono, lei lo fa per ristabilire la sua identità altrove, anche se non si sfugge, perché noi siamo e resteremo sempre ciò che ci definisce alla nascita. Il contesto della nascita ci perseguita sempre, nel bene e nel male. In questa scelta, comunque, Hafsia mi somiglia: è un’artista e ha deciso di vivere la sua vita altrove.

 

Nel film si vede il manifesto de La dolce vita…

Sì, perché quel film mi colpì molto, e credo che Marcello Mastroianni sia un mostro del cinema: un mostro di profondità, di precisione, di umanità. E’ l’esempio di attore da seguire, a cui voluto fare un omaggio strizzandogli l’occhio da quel manifesto.

 

Come mai ha scelto di affidare il ruolo più importante a Hafsia Herzi?

L’ho praticamente scritto su di lei. Dopo aver recitato tante volte al suo fianco avevo un gran desiderio di metterla in scena. Potevo anche prendere un’attrice palestinese che parla arabo e inglese, cosa che Hafsia non fa e ha dovuto studiare, ma non volevo una persona che, per la storia del suo paese, avesse davvero conosciuto la vita quotidiana in guerra, in cui ti devi battere costantemente.

 

Nel suo futuro c’è un film da attrice o da regista?

Continuerò a fare la regista e sto già pensando a una nuova storia, ma prossimamente ho un progetto a teatro a Marsiglia, che sarà la capitale della cultura nel 2013.

05 Settembre 2012

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