In teoria, in tempi dovrebbero essere maturi. Non solo perché le differenze tra gli stipendi di uomini e donne sono ingiustificate. Soprattutto, per il contributo femminile rispetto agli ottimi risultati del nostro cinema nel 2023. Eppure, rimangono scarsi i segnali che facciano pensare che il 2024 possa essere l’anno in cui il mondo audiovisivo italiano si deciderà a compiere dei passi significativi sul piano del gender pay gap, il divario tra quanto guadagnano gli uomini e le donne.
Qual è la situazione al momento? Se in nessun paese del mondo si è arrivati a colmare il gap salariale tra uomini e donne – secondo il World Economic Forum, nelle prime 10 economie il divario si attesta all’80% – l’Italia arranca nella zona bassa delle varie classifiche sul tema. Basti pensare che, su 146 paesi, il nostro occupa la 104° posizione, superato da Malta, Brasile, Sierra Leone e Grecia.
In Italia una persona che lavora, se uomo, percepisce in media (dati Inps) 22.839 euro all’anno. Una somma che scende a 18.305 euro se si tratta di una donna. Il problema è che da noi il livello degli stipendi femminili avanza molto lentamente. Spesso, addirittura, arretra. Per quale motivo? I lavori delle donne fanno fatica a uscire dal girone dei settori più umili.
Il cinema, purtroppo, non fa eccezione. Alla luce dei dati del Gender Balance in Film Crews 2023, gli stipendi medi delle registe donne sono inferiori del 18% di quelli dei registi. E a sceneggiatrici e montatrici va ancora peggio: guadagnano, rispettivamente, il 23 e il 28% in meno dei colleghi maschi. In questo panorama di ombre si intravede, è vero, qualche luce. Sempre secondo il Gender Balance in Italian Film Crews, negli ultimi anni è invece migliorata la forbice tra retribuzioni delle attrici e quelle degli attori. Così, rispetto a un attore, un’attrice viene pagata in media attorno al 20% in meno, quando invece nel 2017 il divario si allargava in media al 48%.
Va anche aggiunto, però, che le opere dirette dalle donne rimangono spesso confinate nella fascia a budget più contenuto. E questo fa sì che le autrici donne si trovino costrette, per ragioni puramente economiche, a limitarsi a generi meno costosi come il documentario. Un ulteriore conferma del legame tra l’essere donna e una bassa retribuzione arriva dalla percentuale di lavoratori impiegata nei segmenti meno pagati come il trucco o i costumi: nell’80% dei casi si tratta di lavoratrici.
Ai problemi riguardanti la disparità delle retribuzioni, si sommano quelli legati all’età. L’anagrafe è un altro fattore di squilibrio tra le opportunità offerte a uomini e donne. Le attrici lavorano tra i 20 e i 40 anni. Raggiunta quest’età scompaiono dal piccolo e grande schermo per ricomparire solo anni dopo, tra i 65 e i 70 anni.
Questo è il quadro. Tuttavia, il successo di C’è ancora domani e Barbie è un motivo di speranza. Davanti a simili exploit delle opere di registe, il mercato potrebbe riuscire laddove finora il senso di giustizia non è bastato.
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