“Una piazza piena di amore, che si sente”. Così la vede Giovanni Veronesi dal palco, quella piazza di Santa Croce a Firenze. A un mese esatto dalla prematura scomparsa di Francesco Nuti, di fronte al sagrato di una delle chiese più belle d’Italia, nonostante il caldo torrido, c’è davvero tanta gente per l’omaggio all’attore, regista e cantante fiorentino.
“Ne valeva la pena, ai tempi dei Giancattivi ‘un se ne perdeva una”, dice una coppia sulla sessantina, seduta – come tutti – per terra. “Nuti è la fiorentinità autentica, altro che assessorato in comune” – incalza Tina, trentadue anni. “A me lo hanno fatto conoscere i miei” – dice Carlo, 22enne – “in casa abbiamo tutti i suoi film e anche le gag in tv, loro mi cantavano sempre le su’ canzoncine!”
“Dammi un bacino!” è il titolo scelto per la manifestazione, realizzata con il sostegno della Città metropolitana e del Comune di Firenze e organizzato dall’Associazione Culturale Bang!, con la collaborazione di Rti Mediaset.
Poco prima che l’evento abbia inizio, Giovanni Veronesi lo troviamo seduto al tavolo di una trattoria lì accanto, di fronte a qualcuno che, come lui, a Nuti era molto legato: “Con Francesco c’era grande amicizia, complicità, gioco. Abbiamo avuto anche delle donne in comune! – ridacchia Alessandro Haber – Lui molte più di me, perché era un tombeur-de-femmes. Quando vedevano ‘la fossetta’, cadevano tutte ai suoi piedi”. Poi parliamo dei loro buffi litigi in Willy signori e vengo da lontano (1989) “Non mi ricordo com’è stato che mi ha chiamato per il film, né perché… Non mi ricordo nemmeno come l’ho conosciuto Francesco. Ricordo quando ho conosciuto Giovanni (Veronesi, ndr), con Francesco, che si presentò con questo ragazzino, che aveva diciott’anni. È lì è nata anche quest’altra grande amicizia, che dura tutt’ora. Con Francesco abbiamo passato delle serate meravigliose insieme, ci manca molto, ci è mancato molto. Peccato, perché ci avrebbe regalato tanta altra roba bella”.
Alla domanda se Nuti abbia o meno aperto la strada a una successiva generazione di comici toscani, lo sceneggiatore pratese risponde deciso “solo a Pieraccioni. Credo che Benigni e Nuti siano stati degli apripista, poi sono arrivati altri personaggi, però Francesco… appartiene a una categoria veramente superiore” – chiosa Veronesi – “Il ricordo più bello che ho di lui? non riguarda il cinema: fu una volta che venne a giocare a tennis con i calzini da sera, perché non aveva quelli di spugna. E disse che voleva lanciare una nuova moda ‘per le partite importanti’”.
Il buio cala, i microfoni si accendono. Ad aprire le danze è il lanciatissimo dj toscano Federico Russo, che accende la piazza e parla di Francesco Nuti come di ‘una leggenda’. Quindi presenta gli ospiti sul palco e quelli nei videomessaggi, in play sullo schermo posizionato a destra della facciata di Santa Croce. Sono decine gli artisti e gli amici che non potendo essere presenti, hanno voluto mandare un pensiero, una canzone, un contributo, allegro o commosso: tra i tanti, Paolo Hendel, Sabrina Ferilli, Diego Abatantuono, Mietta. L’attore Tommaso Carli, invece, sceglie di recitare la scena della stecca da biliardo da Io, Chiara e lo Scuro (1983), mentre Marco Masini canta la sua Sarà per te in versione speciale per Nuti.
Tra i primi a prendere la parola, visto che anche il grande assente – e molto probabilmente la quasi totalità della piazza – era tifoso della ‘Viola’, l’ex portiere della Fiorentina Sébastien Frey, che rivolge un grande abbraccio a tutta la famiglia dell’attore. Gli onori di casa li fa il sindaco di Firenze Dario Nardella, per l’occasione in maniche di camicia, che si complimenta con la piazza ‘magica’ e con il pubblico, cita i messaggi di stima e affetto arrivati per Nuti, “simbolo di una generazione che ha reso grande il cinema e l’arte italiana”; quindi invita sul palco Annamaria e Ginevra Nuti, la compagna e la figlia di Francesco. Poi è la volta di Antonio Petrocelli, che con Nuti ha recitato in Caruso Pascoski di padre polacco (1988), il film che concluderà la serata. L’attore e regista parla con emozione dei geniali ‘bordi’ a biliardo di cui era capace il suo amico e collega. “È stato sicuramente uno dei più grandi interpreti italiani della commedia sentimentale, che è già una cosa difficile, perché tine insieme sentimento, umorismo e comicità, condendola con quella sua fragilità e tenerezza poetica, che poi erano la sua forza. Gli storici del cinema devono collocare l’opera di Francesco nel posto che si merita – dice Petrocelli – E comunque, la mortadella è comunista!” conclude citando la battuta dell’amico nel film.
Il gran finale, prima della proiezione, non poteva che toccare al duo Veronesi – Haber, che dalla trattoria si è spostato sul palco, e con il pluripremiato drammaturgo, regista e sceneggiature Ugo Chiti forma il trio delle persone che sono state più vicine a Francesco Nuti, sia dal lato personale che professionale. Inizia Haber, attaccando senza mezzi termini la Rai “per non aver trasmesso neanche un solo film di Nuti in occasione della sua scomparsa”, “con tutto quello che ci ha regalato Francesco… niente a che vedere con nessun attorie della sua generazione”. “La sua scrittura era unica, lui era trasversale – precisa – “e anche come attore era molto particolare”. Anche Chiti è visibilmente emozionato: “per me è difficile individuare un solo ricordo… Io in ‘Caruso Pascoski’ collaboravo con lui come scenografo, in due tre giorni questa piazza si trasformava di continuo… Insomma, stasera rivolgersi a lui viene naturale, grazie Francesco, a te dobbiamo tanto”.
“Eravamo tra amici, si guardava la finale Italia-Brasile del ’94, perdevamo ai rigori” – ricorda ancora Veronesi. “Francesco non poteva sopportare i musi lunghi e la depressione che stava montando, allora prese la bandiera tricolore, uscì in strada e urlò a squarciagola: secondiii!!!!”
Sono quasi le 23:00 quando l’applauso della piazza saluta gli ospiti, mentre sullo schermo, come in uno specchio, scorrono le immagini della stessa piazza Santa Croce, girate 35 anni fa: è iniziato Caruso Pascoski di padre polacco, la notte è lunga. Il cinema di Nuti si specchia nella sua città, e viceversa.
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